Bagnari (Pd) a metà mandato in Regione: "Cresciamo ma non possiamo fermarci"
Consigliere Bagnari, come valuta i risultati raggiunti dalla Regione ora che siamo circa a metà legislatura?
«In questi anni non facili e di crisi, in Regione, abbiamo lottato insieme alle nostre comunità, per sostenere i lavoratori e gli imprenditori del nostro territorio, grazie al “Patto per il lavoro”, sostenendo l'internazionalizzazione e l’innovazione del nostro tessuto imprenditoriale e dando una decisa impronta in senso sostenibile (legge sull’economia circolare, piano regionale dei rifiuti, nuovo piano energetico regionale), ma anche innovando il nostro sistema di welfare (nuova legge sui servizi educativi ed introduzione dell’obbligo vaccinale, legge sull’inclusione sociale ed istituzione del Reddito di Solidarietà). Il PIL dell'Emilia-Romagna cresce dello 0,9%, ben oltre il dato nazionale, e a livello di Francia e Germania. La disoccupazione regionale in un anno scende al 6,9%, il valore più basso tra tutte le Regioni italiane: sono dati positivi, ma non possiamo fermarci. Dobbiamo guardare al futuro e puntare ad innovare continuamente stando vicino e in sintonia con le nostre comunità».
Cosa manca, secondo lei, per completare il programma di mandato?
«Partendo da quanto fatto sinora, dobbiamo continuare ad agire per mettere in campo politiche in grado di garantire uno sviluppo economico sostenibile e di tenere unito il quadro della coesione sociale tipico delle nostre comunità. Nei prossimi mesi lavoreremo sulla nuova legge urbanistica che deve arrivare a ridurre concretamente il consumo di suolo, garantendo una reale riqualificazione del nostro patrimonio edilizio sia dal punto di vista energetico sia dal punto di vista sismico: si tratta, come è evidente, anche di una grande opportunità per il nostro sistema imprenditoriale. Bisogna altresì continuare a sostenere il sistema delle imprese a crescere sia in termini quantitativi sia in termini di competenze per potere affrontare adeguatamente il mercato internazionale e per potere offrire concretamente opportunità per i nostri giovani, costretti troppo spesso ad allontanarsi dal nostro Paese per trovare un futuro».
Una delle sfide principali riguarda la riorganizzazione dell’Ausl Romagna. A che punto siamo?
«La creazione dell'Ausl unica romagnola è stata una scelta importante fatta in anticipo rispetto a quello che altri territori stanno cercando di fare oggi. E’ ovvio che questo non è un percorso dato e compiuto una volta per tutte ma che va monitorato e “manutentato” giorno per giorno: le difficoltà economiche che tanti nostri cittadini e cittadine stanno vivendo, l'invecchiamento della popolazione, i minori trasferimenti statali rendono necessario un lavoro continuo e costante di attenzione alla delicata fase che stanno vivendo gli ospedali del nostro territorio, ma anche l’articolazione della sanità territoriale. In questi mesi mi sono dedicato, in stretta collaborazione con i colleghi, con le realtà locali e gli amministratori dei territori, a lavorare per continuare a garantire una sanità di qualità e universalistica. Un passaggio importante è rappresentato oggi dal nuovo Piano Sociale e Sanitario Regionale (PSSR) che disegna un sistema socio sanitario caratterizzato da una reale integrazione dell’ambito sociale e sanitario in modo da rendere più efficaci le azioni messe in campo: lotta alla esclusione sociale e alla povertà con strumenti innovativi, centralità del distretto sociosanitario nella gestione territoriale, importanza della prossimità, ruolo centrale della medicina di iniziativa e delle case della salute, sviluppo di un welfare comunitario dinamico partecipato e con responsabilità diffusa, ruolo importante di governo del pubblico nel garantire l’accesso e la qualità dei servizi».
Meglio puntare sulle politiche sociali o sulle imprese per rilanciare il tessuto economico romagnolo?
«I due temi non si escludono a vicenda, soprattutto nella nostra terra ricca di imprese, ma da sempre molto attenta alle politiche di welfare. Tra l’altro un sistema di welfare efficiente diventa un elemento attrattivo per potenziali investitori esteri, attenti alla presenza di servizi in grado di supportare al meglio la propria forza lavoro. Io ritengo poi che si debba ragionare di politiche sociali, collegate al mondo imprenditoriale, anche in termini di responsabilità sociale fuori ma anche dentro all’impresa: sostenibilità dei processi produttivi, maggior coinvolgimento e sinergia tra imprenditori e dipendenti, sistema di tutele attualizzato per lavoratori dipendenti ma anche per piccoli imprenditori e professionisti. C’è lo spazio per innovare e sperimentare per costruire un sistema di welfare moderno e capace di rispondere ai bisogni odierni».
Cresce sempre di più, in questi anni, la disaffezione alla politica. Qual è, secondo lei il motivo? E la soluzione?
"Stiamo vivendo tempi complessi, caratterizzati da difficoltà economiche e sociali inedite, e non penso che si possa pensa-re di risolvere i problemi solamente gestendo abilmente i si-stemi e gli strumenti di comunicazione. E soprattutto oggi servono confronto e coinvolgimento, veri e non di facciata. E serve assunzione di responsabilità. Se volessimo usare una metafora potremmo pensare alla famiglia e alla genitorialità: servono figure che si possano sentire vicine e come riferimenti sicuri ma autorevoli e in grado di svolgere veramente quel ruolo complicato. La politica deve dare prova di occuparsi concretamente di problemi veri per le persone. E’ l’unico modo per sconfiggere il populismo e per far tornare la giusta fiducia e affezione ad una politica più sana e vera". (Samuele Staffa)