Bagnacavallo, non solo la Grande Onda di Hokusai alle Cappuccine
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Sandro Bassi
«Strade e storie. Paesaggi da Hokusai a Hiroshige», in corso alle Cappuccine di Bagnacavallo, espone 126 stampe giapponesi dell’Ottocento; si inserisce in quel «nuovo corso» che il museo persegue da almeno sette anni e che culminò nel 2019-20 nella visitatissima - oltre 22mila presenze in quattro mesi - mostra di Dürer. Anche questa sembra avere le carte in regola per eguagliare, anzi forse superare, quel vertice. «Siamo oltre i 13mila visitatori in due mesi - dichiara il direttore Davide Caroli - e le ragioni credo siano più di una, fra cui, certo, il fascino che questo mondo esotico, così lontano ma anche così seducente, esercita su molti di noi».
A dirla tutta, il successo delle mostre di Bagnacavallo si estende anche alle altre sedi, perlomeno il convento di San Francesco e la chiesa del Suffragio che hanno ospitato, rispettivamente, 9mila visitatori per Eron e quasi 5mila per Andrea Salvatori in poco più di un mese. Oltre all’indubbia qualità dei contenuti e al traino iniziale della Festa di San Michele, c’è da ipotizzare un crescente passaparola dovuto anche alla dimensione «minore» (in senso positivo) del paese: tranquillo, poco traffico, possibilità di abbinarlo a passeggiate o a ristoranti non strapieni come nelle grandi città. Influirà senz’altro anche la scelta degli ingressi liberi; chi si ritiene soddisfatto e vuole contribuire può sempre acquistare i cataloghi, andati infatti andati tutti esauriti (ristampato, ovviamente, quello dei giapponesi visto il perdurare della mostra).
Ma vediamo appunto l’esposizione. Di famosissimo c’è La Grande Onda di Hokusai, divenuta quasi un manifesto del «giapponismo» che a fine ‘800 contagiò mezz’Europa; relativamente noto anche Il ponte di Atake sotto la pioggia di Hiroshige, per via dell’ispirazione che ne trasse Van Gogh per una sua quasi-replica.
E tuttavia bisognerà precisare che del primo sono esposte 10 stampe, datate dal 1788 al 1831; del secondo ben 105, dal 1830 fin verso la metà del secolo e infine altre 11 di continuatori. Sono sempre xilografie anche se ricavate con un procedimento diverso da quello europeo. Correttamente, i curatori precisano che la Grande Onda esposta non fa parte della prima tiratura di Hokusai (1831) ma di una successiva databile fra 1890 e 1910: i legni originali erano già consunti e si ricorse quindi a legni nuovi con incisioni di qualità oscillante, fino al 1948.
E’ difficile stabilire significative differenze fra le stampe di Hokusai e quelle di Hiroshige, se non chiamando in causa forse la maggior delicatezza del primo che arriva a segni e colori rarefatti; in entrambe c’è la meravigliosa natura dei paesaggi giapponesi, fatti di risaie, marine con piroghe, pini abbarbicati sulle rocce, ciliegi in fiore, pagode, samurai, geishe e viandanti, città brulicanti di persone e ovviamente vedute del Fuji con o senza neve. Completano il viaggio un bellissimo kimono in seta dipinto a mano e datato fra 1834 e 1889, alcuni preziosi porta-sigilli in metallo sbalzato e un paio di para-mano per elsa di spada; tutti oggetti che vanno ben oltre la funzione pratica per assumerne una puramente artistica.
Fino al 14 gennaio 2024; visitabile martedì e merc. 15-18; giovedì 10-12 e 15-18; venerdì, sab. e festivi 10-12 e 15-19. Ingresso libero.