Atletica leggera, il faentino Morini e i Mondiali da applausi: «Italia straordinaria, Tamberi come Valentino»

Romagna | 01 Settembre 2023 Sport
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Un oro, due argenti e un bronzo. E’ il bottino conquistato dall’Italia ai Mondiali di atletica leggera di Budapest, terminati meno di una settimana fa. A gustarsi questo fatturato da applausi, che è valso il 13° posto nel medagliere, c’era anche il faentino Alberto Morini, presente sulle tribune del meraviglioso stadio della capitale ungherese in qualità di membro del comitato tecnico della Federazione Europea e di presidente regionale della Fidal. L’ex vice presidente federale traccia il suo bilancio e racconta anche la sua storia.
Morini, partiamo dal bilancio. Che spedizione è stata?
«L’Italia può essere solo soddisfatta. Al netto delle medaglie e di qualche rimpianto, tipo il salto in lungo femminile, è stato un Mondiale di altissimo livello per noi. E naturalmente la soddisfazione è grande anche in chiave olimpica per Parigi, ma anche per Los Angeles 2028, visto che abbiamo tanti giovani molto interessanti. I dati emersi sono sotto gli occhi di tutti: Germania (zero medaglie, ndr) e Francia (un argento conquistato all’ultima giornata, ndr) sono in difficoltà, noi invece siamo andati molto bene. Grande sorpresa sono state Canada e India, mentre la Gran Bretagna è tornata a livelli altissimi, come dieci anni fa».
L’uomo-copertina è stato sicuramente Tamberi.
«Senza dubbio, con questo oro ha completato la propria collezione di medaglie. Ha vinto davvero tutto in carriera, quindi diventa uno degli sportivi più forti della storia italiana. Lo metto al pari di Mennea e della Simeoni per quanto riguarda l’atletica».
E pensando alle emozioni che ci ha regalato, lo possiamo paragonare a Tomba o Valentino Rossi?
«Sì, sono tre personaggi straordinari, ma a livello sportivo Tamberi è sopra Tomba, perché per Gimbo parliamo di un sistema e di uno sport che coinvolge 214 Paesi nel mondo, quindi c’è una concorrenza altissima e ci sono copertura mediatiche diverse. Nello sci ci sono meno avversari. Quanto alla potenza mediatica, sono tre fuoriclasse. Tamberi è riuscito a fare emergere sul video anche la gara dei 3000 siepi con il tuffo finale nella riviera, ha valorizzato anche i vincitori di quella gara, che nessuno avrebbe mai visto senza di lui. La gente vuole anche quelle emozioni. Il problema dell’atletica del dopo Bolt era trovare un altro personaggio come lui: Tamberi è quello che si avvicina di più. Tutti gli sport sono alla ricerca del personaggio, che non deve essere il fenomeno da baraccone e basta, sia chiaro. Tamberi è un personaggio innanzitutto perché vince e poi perché emoziona».
Passiamo alla sua storia. A 57 anni, con un trentennio da dirigente alle spalle, non si è ancora stancato?
«Ho cominciato nel 1973, con la marcia. Da 30 anni faccio il dirigente federale in varie posizioni e devo dire che sono state tutte esperienze bellissime. Quindi, per tornare alla domanda, dico di no».
Qual è la soddisfazione più grande che si è tolto in 30 anni?
«I rapporti personali con gli atleti. A Budapest ho ritrovato Gibilisco, con cui c’è un rapporto fortissimo, ci siamo abbracciati e anche messi a piangere. Abbiamo ricordato il suo oro Mondiale a Parigi, nel salto con l’asta, che proprio quest’anno ha compiuto 20 anni, una vittoria indimenticabile. Con Jacobs e Tamberi c’è un rapporto molto forte, hanno cominciato con me e corso anche a Ravenna. A Budapest ho avuto un incontro anche drammatico con Bubka. Gli ho chiesto: “Ma come stai?”. E lui (ucraino, ndr) mi ha risposto: “Sono vivo”. Chi fa sport e chi vive con lo sport per fortuna è ancora un privilegiato. Chi lo fa come me è un privilegiato tra i privilegiati».
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