Arrampicata sportiva, il faentino Rontini campione d’Europa a 14 anni: "Da piccolo mi piaceva salire sugli alberi..."
Tomaso Palli
A 14 anni sul tetto d’Europa? Si può. Lo ha dimostrato, domenica scorsa, il faentino Marco Rontini che, da vero e proprio outsider soprattutto per questioni anagrafiche, ha sbaragliato la concorrenza dei superfavoriti russi portando a casa la medaglia d’oro di arrampicata Speed e conseguente titolo europeo nella categoria Youth B agli Europei. Un’impresa che ha dell’incredibile e va contro ogni pronostico visto che Marco, al primo anno nella categoria, ha affrontato avversari più grandi che l’anno prossimo passeranno a quella successiva: «Essere più piccolo - spiega il giovanissimo atleta - mi ha caricato moltissimo per affrontare la gara. Già dalla prima coppa Europa vinta, i miei allenatori ed io abbiamo puntato sempre più in alto e vincere questo campionato Europeo, visto che tutti gli altri passeranno di categoria, mi dà la carica per affrontare il prossimo anno quando, in programma, ci sarà anche il Mondiale».
Marco, come si è avvicinato a questo sport?
«Fin da piccolo mi piaceva salire sugli alberi e, avendo la scuola vicino alla palestra, non appena mi è capitato tra le mani il volantino dell’arrampicata, ho deciso di voler provare. Ero in seconda elementare e mi è subito piaciuto come sport».
Come riesce, soprattutto nei periodi di gare, a convogliare gli allenamenti e lo studio?
«Porto ad esempio proprio queste settimane: viste le moltissime gare in questo periodo, mi allenavo 4/5 volte a settimana ma, sfruttando gli allenamenti serali, bene o male riuscivo a gestirmi con lo studio concentrandolo dopo pranzo e, a volte, anche durante l’allenamento».
In cosa consiste il suo allenamento?
«C’è una parte di arrampicata che dura circa un’ora e mezza in cui provo la via (percorso, ndr) più volte e poi c’è potenziamento che cambia circa ogni 2/3 settimane. Quest’ultimo allenamento ha, invece, una durata maggiore: anche più di 2 ore».
Passiamo ora alla gara: come ha gestito quei momenti?
«Sinceramente, quest’anno, non so come e perché ma ho gestito l’ansia nel migliore dei modi trasformandola sempre in carica. Trovarmi davanti i russi poco mi interessava. Il mio unico obiettivo era quello di battere i miei avversari: ero pronto ad affrontare chiunque».
In finale ha sfidato il principale indiziato per la vittoria finale, Ryzhov. Cosa ha pensato?
«Oramai è un’abitudine: siccome per la partenza ci sono tre bip, faccio la simulazione della mia via immaginando me stesso che arrampica e non so perché, in Russia, in queste simulazioni, vincevo sempre. Ero sempre carico e privo di ansia. Anche in semifinale, nonostante avessi di fronte uno che aveva fatto un tempone, non avevo paura perché i precedenti erano tutti dalla mia parte».
L’anno prossimo, quindi, gareggerà da favorito?
«Speriamo di no. I favoriti hanno sempre perso».