Alluvione un mese dopo, il sindaco di Faenza Isola: «Giornate drammatiche, ma la città saprà ripartire con determinazione»

Romagna | 16 Giugno 2023 Politica
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Massimo Isola* - Quanto successo a Faenza e in Romagna prima nella notte tra il 2 e il 3 maggio e poi in quella tra il 16 e il 17 maggio è un disastro di portata epocale. Facendo riferimento ai dati scientifici diffusi da Pierluigi Randi, di Ampro, la nostra regione, da Rimini a Modena, in circa 60 ore di pioggia ha dovuto far fronte a circa 4 miliardi di metri cubi di acqua, la quantità di 100 volte il contenuto dell’invaso di Ridracoli, cosa che ha portato a far esondare in un’area limitata quasi venti fiumi, episodio mai accaduto nella storia delle alluvioni. Prendendo in esame i dati statistici delle precipitazioni piovose del periodo, il fenomeno del 2023 ha fatto registrare un +366,4% rispetto alla norma, percentuale che diventa di quasi il 600% se escludiamo le rilevazioni in bassa pianura e sulla costa, visto che la criticità più grave è dipesa dall’enorme quantità di pioggia riversatasi soprattutto in collina.
Fenomeni metereologici, quelli che hanno colpito la nostra zona a maggio di quest’anno, che nulla hanno a che vedere con l’alluvione più citata, quello del 1939 quando le piogge si protrassero per 15 giorni e non in 60 ore come accaduto in questa occasione. È poi necessario tenere in considerazione che ad aggravare la situazione dell’alluvione di metà maggio c’è stato quello precedente arrivato dopo un lungo periodo di siccità, cosa che non ha permesso ai terreni secchi di assorbire e drenare l’acqua, che si è inserita nelle fessurazioni provocando in collina decine di frane. L’evento tra il 16 e 17 maggio è quindi arrivato in un momento in cui terreni e argini erano andati sotto stress durante l’alluvione dei primi del mese, trovando l’alveo dei fiumi particolarmente fragili. Una forza della natura di fronte alla quale non si è potuto fare altro che subire un nemico più grande di noi.  La lotta impari non è stata solo contro la forza dell’acqua che ha devastato strade, case, attività, la nostra città, ma contro il fango, anzi l’argilla. Sì, perché con i milioni di metri cubi di acqua arrivati in città sono arrivate tonnellate di terreno argilloso portato dalle nostre colline così ricche di questo materiale che ad oggi, finito nelle caditoie, sta intasando il sistema fognario della città, uno dei problemi che stiamo ancora affrontando anche grazie all’enorme macchina della Protezione civile e i volontari in genere che si sono messi in moto sin da subito.
Ma quello che nessuno di noi potrà dimenticare è l’acqua che ha invaso le nostre case, ha cancellato tracce di vita, ha portato morte, mettendo in ginocchio imprese, aziende agricole, ferendo in profondità il nostro tessuto socio-economico. Abbiamo cercato di resistere con il cuore e la ragione e salvato migliaia di vite umane con evacuazioni, con gli elicotteri, con i gommoni, i sommozzatori. Abbiamo però ancora ben impressi nella mente le voci e le immagini strazianti degli sguardi dei volti accesi alle luci fioche dei cellulari che illuminavano i nostri concittadini arroccati sui tetti della città. Come dimenticare il lavoro degli assistenti sociali che durante tutta la notte hanno cercato di alleviare la paura nell’attesa dei soccorsi delle forze dell’ordine e i vigili del fuoco: una umanità straordinaria.
Non abbiamo perso solo oggetti, tonnellate di materiali; l’acqua e il fango si sono portati via il lavoro e i ricordi di una vita. Ora siamo qui sospesi con ancora negli occhi le immagini del dramma ma già proiettati, con determinatezza, alla ricerca della ripartenza. Per questo ho chiesto, assieme agli altri sindaci dei comuni coinvolti, un piano complessivo di interventi coordinati per la messa in sicurezza del territorio romagnolo, dagli appennini al mare, perché quando arrivano, i cataclismi non guardano in faccia i confini geografici o le amministrazioni. Occorreranno quindi importantissimi investimenti per la messa in sicurezza del territorio che possano contemplare da un lato il consumo di suolo zero, ma anche una ridefinizione della pianificazione urbanistica e capire come renderla compatibile rispetto a corsi d’acqua come il fiume Lamone, che è pensile, rispetto a varie zone della città. Sento tutto il peso del dramma dei faentini che hanno perso tutto o quasi: 6mila nuclei familiari oltre 12mila persone, una sofferenza insostenibile. Ora più che mai è necessaria la coesione in tutti gli ambiti: rimboccarsi le maniche e ciascuno fare la propria parte per far ripartire la città di Faenza anche sulla scorta di quanto accaduto. Giusto per ricordare un dato tecnico: l’acqua nel fiume Lamone a 6 metri è considerata in zona rossa, con le ultime alluvioni hanno raggiunto quasi i 12 metri, una lezione che non dimenticheremo per la città e i concittadini.  
*Sindaco di Faenza e Presidente Unione Romagna Faentina
 
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