Alluvione, un anno dopo: «Graziati dall'acqua abbiamo aperto il nostro centro a chi aveva bisogno». Parla l'educatrice cinofila faentina, Carlotta Nucci

Romagna | 18 Maggio 2024 Cronaca
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Si pensa di non essere mai pronti per certe cose, e forse effettivamente ci si scopre davvero forti quando qualcosa di grande ed imprevedibile ci colpisce. Se ci fossimo dovuti immaginare preventivamente un fenomeno simile, non avremmo pensato di poter avere la forza anzi, la resilienza, di attraversarlo ed uscirne vivi. Quando la previsione ha iniziato a delinearsi preoccupante, il primo pensiero è, ovviamente, andato alle nostre case: siamo lavoratori, siamo professionisti cinofili, ma in prima battuta siamo esseri umani con famiglie plurispecifiche (composte da umani ed animali). Cercando - col senno di poi e per alcuni inutilmente- di mettere al riparo gli oggetti più cari di una vita, il pensiero è volato sul nostro centro cinofilo: dentro alla piccola casetta che domina l’ingresso del campo sono custoditi i nostri attrezzi del mestiere. Il loro valore potrebbe sembrare irrisorio, ma non per chi ci lavora ogni giorno e per chi, con quegli strumenti, costruisce le competenze e le vittorie di tanti binomi uomo-cane: provate a strappare dalle mani di un pittore il suo pennello, e capirete cosa intendiamo. Ogni singolo palo è stato piantato faticosamente da noi, ogni rete, ogni cancello, ogni fascetta che regge quell’ombreggiante troppo debole per resistere alle tempeste di vento cui siamo soggetti negli ultimi tempi: tutto, all’interno di quel perimetro, è stato creato dalle nostre mani stanche ma appassionate. La sera del 16 maggio 2023 non abbiamo dormito: chi ha vegliato fossi e tombini, chi ha continuato a cercare un riparo per i propri averi, chi ha fatto indossare guinzagli e collari ai cani pronti per un’eventuale fuga. È stata una notte drammatica, come lo sono stati i giorni successivi, ma ci siamo accorti che, nella tragedia, è stato un momento in cui tutti abbiamo condiviso lo stesso sentimento. Non c’è stato un solo momento, in quelle settimane concitate e sporche di fango, in cui non si sia incontrato un sorriso, un abbraccio o ancora meglio: due braccia pronte a sollevare pesi ed argilla. Il fiume Lamone scorre a poca distanza dal nostro quartier generale, e quando è giunta la notizia che l’argine si fosse rotto in località Reda di Faenza, abbiamo pensato al peggio. Ma forse ancor più difficile è stato accettare il fatto che nessuno di noi potesse muoversi per andare, una volta terminate le ore di emergenza, a verificare le condizioni del campo: ognuno disperso sul proprio atollo, accerchiato da una laguna viscida e marrone, senza poter raggiungere niente e nessuno. Quando finalmente è ripresa la viabilità stradale e siamo arrivati a Reda lo scenario ci ha spaccato il cuore: metà paese completamente affondato, metà completamente salvo. Il nostro centro (Wild dog training di Faenza ndr) era stato graziato da uno degli eventi storici che più resteranno impressi nella storia, e abbiamo sentito forte in noi la necessità di ringraziare in qualche modo per questa benedizione. Abbiamo, così, aperto le porte del campo, di un verde di cui si era dimenticata l’esistenza, a tutti coloro che avessero avuto danni o si trovassero in difficoltà coi propri cani nel muoversi in una città in ginocchio. Volevamo far vivere la sensazione che immersi in una laguna umida ed impietosa, c’era ancora un’oasi felice pronta ad accogliere: un’oasi coi colori della primavera, con fiori e fili d’erba che sprigionavano un odore di natura “buona”, che rinnegavano quanto la stessa natura fosse stata crudele qualche ora prima. Abbiamo anche deciso di avviare un servizio di dog sitting gratuito per tutti coloro che avessero avuto bisogno di concentrarsi su lavori di ripristino; abbiamo fatto collette e come tutti ci siamo rimboccati le maniche e indossato gli stivali. Inutile dire che la ripresa è stata dura anche dal punto di vista lavorativo: il nostro mestiere si svolge all’aperto, è strettamente correlato da un lato agli eventi atmosferici e dall’altro alla disponibilità delle persone. Una percentuale enorme di associati del centro ha dovuto concentrare i propri sforzi economici e fisici nel ricostruirsi una quotidianità e la nostra mole di lavoro è diminuita Anche questa disgrazia ci ha insegnato, ancora una volta, come siamo tutti strettamente connessi, anche se spesso lo dimentichiamo. Impegnati anche a risolvere i danni che alcuni di noi hanno subìto personalmente, abbiamo fatto l’unica cosa che potessimo fare: reagire. Del resto «a Faenza che il Lamone bagna, ci sta la gente più ignorante di Romagna».
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