Alluvione un anno dopo: a Faenza l’Hotel Cavallino per 12 mesi trasformato in una micro città, in un mix di lingue e vissuti

Romagna | 12 Maggio 2024 Cronaca
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Riccardo Isola - Sentire parlare Marco Mainetti, co titolare assieme alla sorella dell’Hotel Cavallino, sull’esperienza come «centro di accoglienza» per persone e famiglie alluvionate per un anno, sembra di essere dentro un romanzo, una sceneggiatura da film di neo realismo contemporaneo. Nella settimana scorsa l’ultimo «ospite» ha trovato una casa. Dal 3 e poi con il picco di afflusso nella notte tra il 16 e 17 maggio 2023, la realtà alberghiera di via Forlivese, è stata però un punto strategico in cui centinaia di persone hanno potuto trovare un riparo, un letto e un pasto a seguito dell’allagamento delle proprie case. Circa una sessantina di camere hanno ospitato per dodici mesi un centinaio di persone, in alcuni casi famiglie anche con bambini piccoli, in un crogiolo di lingue, religioni, etnie e ritmi di vita senza precedenti. Una «micro Faenza» in un albergo. «Avere la hall vuota - commenta a caldo Marco Mainetti - oggi sembra veramente surreale. La notte del disastro, infatti, siamo arrivati ad avere fino a 300 persone ammassate, infreddolite, bagnate e impaurite al nostro ingresso. Avevamo alcune stanze occupate anche da uomini della Mc Laren, grazie al Gran Premio di Formula 1 che si sarebbe dovuto correre a Imola, più altre ma ci siamo dati da fare subito per cercare di capire come organizzare al meglio questa emergenza». Non è stato facile. La concitazione, la frenesia, la rabbia e la frustazione di chi si trovava catapultato in un’apocalisse di acqua e fango, l’assoluta e ovvia impreparazione ad affrontare un’emergenza come questa era generale, condivisa, naturale si potrebbe tranquillamente dire. «E’ stata veramente una situazione inedita. Quello che posso dire a distanza di un anno dall’accaduto - sottolinea Mainetti - è che fin da subito il Cavallino non è più stato, ma una micro comunità, una grande ed eterogenea famiglia. Abbiamo stretto relazioni con persone che mai avremmo probabilmente incontrato. Sono nate amicizie, addirittura abbiamo celebrato un matrimonio di una coppia sfollata e ospite da noi, Giorgio e Isabella». Un micro cosmo in abbraccio di cemento armato e moquette «che ci ha portato a trascorrere ore, giornate e mesi a contatto diretto con il ciclo della vita. Sono nati un paio di bambini, che hanno pianto, sono stati accuditi e allattati nelle nostre stanze per alcuni mesi, purtroppo abbiamo avuto anche alcuni decessi di persone anziane o ammalate. Abbiamo passato momenti divertenti e di socialità - rimarca con il nodo alla gola il titolare - ma anche attimi e situazioni difficili, a tratti violenti. Insomma è stata un’esperienza unica e totalizzante». Nessun check-in e check out per e nella giornata tipo dell’Hotel, ma turni e organizzazione della struttura in funzione delle esigenze di una quotidianità fatta di bisogni, di cure, di attenzioni, di parole e semplici carezze scambiate nelle poltrone di una hall che è diventata una grande piazza, o meglio un mega «salotto» della grande famiglia del Cavallino. «Abbiamo veramente vissuto un’esperienza assurda. Al mattino abbiamo salutato persone che presto andavano al lavoro - ricorda Mainetti -, abbiamo ricevuto abbracci e baci dai bambini che andavano a scuola, abbiamo visto persone uscire da quei 16 metri quadrati di spazio, anche solo per trovare qualcuno con cui parlare. Abbiamo visto e soprattutto abbiamo condiviso tutto questo con la consapevolezza che stavamo facendo qualcosa di necessario e utile. Al di là delle questione economica e similare. Abbiamo respirato una Faenza post infangata che comunque aveva voglia, seppur con difficoltà, delusione e rabbia, di rialzarsi, di andare avanti di continuare a sperare di poter tornare il più presto possibile nelle proprie case». A distanza di un anno cosa rimane è, infine, efficacemente descritto con le parole dello stesso Mainetti: «un’emozione indelebile che ha segnato e rimarrà per tutta la vita nei nostri occhi, nei nostri pensieri e soprattutto nei nostri cuori».

Per l’assessore Agresti: «Finalmente gli alberghi sono vuoti, rimangono ancora circa 460 i Cas attivi in tutto il territorio»
Tutti gli sfollati ospitati negli alberghi, da venerdì 3 maggio 2024 sono stati riallocati in case, appartamenti o comunque domicili alternativi. Un risultato importante, che arriva veramente a pochi giorni all’anniversario dell’anno dal disastro. A oggi nessuna persona è più collocata nelle stanze degli alberghi faentini, Cavallino e B&B, che fin da subito sono stati utilizzati dal sistema di Protezione civile come ammortizzatori domestici per centinaia di persone che avevano e hanno perso tutto. A dir la verità già da Pasqua 2024 una struttura utilizzata a questo scopo, il B&B alle porte della città, non aveva più ospiti alluvionati. Inoltre quattro persone ancora sono ospitate nell’ex convento di Santa Chiara. Oggi, nel vero senso giornalistico-temporale di chi scrive, anche l’altra grande struttura utilizzata per dare risposta all’emergenza abitativa, l’Hotel Cavallino, ha visto l’abbandono dell’ultima persona. «Un risultato non banale e scontato - sottolinea l’assessore al Welfare, Davide Agresti - che arriva veramente a pochi giorni dall’anniversario di quel fatidico maggio 2023. Un risultato arrivato anche grazie all’apporto fondamentale di Acer e della Regione che grazie a risorse straordinarie, hanno permesso di ripristinare in tempi veloci, un’ottantina di appartamenti di Edilizia residenziale pubblica. Residenze e appartamenti destinati a famiglie alluvionate. Il problema impattante è che oggi, solo a Faenza rimangono ancora 460 i Cas attivi. Persone che di fatto ricevono un contributo perché impossibilitati a rientrare nelle proprie abitazioni colpite dall’alluvione».

 
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