Alluvione, «Tempi troppo lunghi per i ristori. Va innalzata la soglia per i beni mobili». Parlano i referenti dei comitati cittadini
Sono passati 14 mesi dall’alluvione che, nel maggio dello scorso anno, ha devastato una buona parte del territorio Romagnolo arrivando a toccare anche il bolognese. Il 10 giugno il Governo, dopo parecchie insistenze da parte delle istituzioni e dei cittadini riunitisi in diversi comitati rappresentanti delle zone colpite, ha emanato un decreto per i ristori relativi a beni mobili ed auto per un massimale di 6 mila euro. Un intervento fortemente atteso che, di fatto, ha deluso le aspettative portando i Comitati a richiedere di rivedere le soglie portandole a 15 mila euro. «Dai dati in nostro possesso – ha spiegato il presidente della provincia, Michele de Pascale – al momento le domande di indennizzo da parte di famiglie approvate con decreto di concessione dal Commissario Figliuolo per i danni già oggi indennizzabili, sono 222, con richieste per 7 milioni 632mila euro, di cui riconosciuti solo 5 milioni 032 mila ed effettivamente erogati 2 milioni e 476mila. A queste si aggiungono 27 domande di imprese con richieste per 5 milioni 932mila euro, di cui riconosciuti solo 2 milioni 622mila ed erogati 1 milione 358mila. In questi mesi abbiamo puntualmente segnalato alla Struttura Commissariale le criticità emerse, che in alcuni casi hanno trovato soluzione, mentre altri nodi rimangono aperti. L’incertezza sul finanziamento dei beni mobili delle famiglie alluvionate rappresenta ora il principale ostacolo a cui è urgente dare soluzione».
COMITATI RIUNITI: «VA ALZATA LA SOMMA PER I BENI MOBILI» «Abbiamo di recente partecipato in videoconferenza all’ottava commissione del Senato spiegando quello che, a nostro parere, può essere giusto per avvicinarsi al reale danno degli alluvionati –ha spiegato il portavoce dei Comitati riuniti Alluvionati e Franati, Enrico Piani- ossia concedere un forfettario riprendendo il Decreto emanato nel 2014 dal Governo per aiutare gli abitanti dei comuni tra Modena, Bastiglia e Bonporto, colpiti dal terremoto e dall’alluvione tra il 17 ed il 19 gennaio. Un Decreto per ricostruire ciò che l’esondazione del fiume Secchia in pochi giorni aveva distrutto e che comprendeva anche i beni mobili, come arredamento ed auto. Abbiamo chiesto di innalzare la soglia da 6 a 15 mila euro per il mobilio senza alcuna decurtazione di quanto percepito a titolo di Contributo di immediato sostegno (Cis) e fino a 25 mila euro per le auto. Inoltre abbiamo chiesto la possibilità di presentare le domande su Sfinge parallelamente alle domande di conformità edilizia catastale degli immobili, con possibilità di depositare l'esito di quest'ultima prima dell'erogazione del saldo finale». Piani spiega che l’umore dei residenti nelle zone colpite dall’alluvione, però, non è dei migliori: «c’è chi è abbattuto, chi sostiene che sia inutile presentare la perizia tanto non si vedranno ristori e noi cerchiamo, invece, di spronarli a seguire l’iter per ottenere un 50% subito e il resto ad avanzamento lavori». Per quanto riguarda la messa in sicurezza del territorio, Piani è soddisfatto di «Ripensa», il percorso di partecipazione voluto dalla Regione Emilia-Romagna per proseguire e rafforzare il coinvolgimento attivo delle comunità locali colpite e presentato lo scorso 19 giugno. «Un’iniziativa che si colloca nell’ambito dello sviluppo del Piano speciale della ricostruzione, il cui aggiornamento deve essere approvato dal Commissario straordinario Figliuolo. Siamo in attesa sia di questo che di vedere se verranno accettate le nostre richieste di alzare il massimale per il rimborso dei beni mobili».
COMITATO BASSA ITALIA SCETTICO SUL PERCORSO “RIPENSA” Anche Enrico Liverani, portavoce del Comitato Bassa Italia a Faenza che copre l’area tra le vie Lapi, Comerio, Calamelli, Bettisi, Renaccio, Batticucculo, Mezzarisa, Pani, Carboni, Ortolani e Ballardini è in prima linea per i contributi per il ripristino del mobilio ed ha inviato, assieme ad altri comitati, una lettera al Ministero sia per chiedere di innalzare la soglia dei 6 mila euro, sia per eliminare la decurtazione del Cis da questa cifra. Per quanto riguarda la ricostruzione, invece, è un po’ scettico sul percorso partecipativo “Ripensa” lanciato dalla Regione, un «progetto interessante nella struttura e nella comunicazione che non aggiunge nulla a quanto già sapevamo: il piano speciale degli interventi di contrasto alle situazioni di dissesto idrogeologico, approvato ad aprile nella versione preliminare doveva vedere la luce nella forma definitiva lo scorso 30 giugno, ma così non è stato. Stiamo ancora attendendo il piano finale. Il percorso proposto dalla Regione è rivolto alla condivisione dei contenuti del Piano speciale e alla raccolta di saperi, istanze e proposte utili al suo miglioramento e ad una partecipazione attiva permanente con l’obiettivo di creare un luogo di confronto costante nel tempo. Ha di certo una visione molto moderna ed avanzata che tiene conto anche ai cambiamenti climatici ed è stato stilato dai migliori tecnici europei, ma si tratta di piani non progetti e ci piacerebbe sapere dove sono le risorse e in quanto tempo si realizzeranno le opere. Il tema degli allagamenti controllati che forse ci avrebbero “salvati” dall’evento del 1° maggio, ma non di certo da quello del 16 e 17, non sappiamo se sia presente all’interno dei piani speciali, inoltre non è sufficiente per garantire la sicurezza del territorio. Serviranno due livelli di lavori: uno più semplice con la creazione delle casse di espansione che non richiede espropri ed uno per lavori strutturali più grandi». E sull’umore di chi, come lui, è stato colpito più o meno pesantemente dagli eventi dello scorso anno, Liverani spiega come le persone non si sentano sicure. «Sono trascorsi 14 mesi, hanno realizzato il muro di via Renaccio, un’opera importante, ma non sufficiente. La nostra area ha un grosso problema legato alle fognature che sono sotto il livello del fiume e che risale agli anni ’70 quando ci fu il primo allagamento. A questo ne sono seguiti altri, gli ultimi nel 2014, 2019 e quest’anno con due giorni di pioggia. Al di là dell’evento eccezionale del maggio 2023 crediamo sia venuto il momento di intervenire per metterci in sicurezza: il Comune si è impegnato con Hera e, al momento, ci sono 2 progetti da realizzare, uno di manutenzione straordinaria che partirà entro fine mese con una razionalizzazione degli scarichi visto che il nostro quartiere, quando piove, riceve gli scarichi anche di altre zone della città ed uno, dal valore di 30 milioni che è stato presentato ad ottobre e prevede l’implementazione di pompe idrovore strutturali che risolverebbero il problema delle fognature. Non sappiamo, però, quali siano i tempi di realizzazione. Al momento Hera dispone di pompe temporanee da utilizzare in caso di emergenza e il nostro quartiere è in testa tra le zone in cui collocarle». Per quanto riguarda le pratiche inoltrate sulla piattaforma Sfinge, un centinaio ad oggi, Liverani spiega come «molti hanno preferito non imbarcarsi in un percorso dall’esito incerto: chi ha avuto danni entro i 20 mila euro ha cercato di risistemarsi la casa con i propri risparmi e magari accedendo al rimborso Irpef del 50%. Per presentare la pratica serve una perizia che quasi certamente troverà un vizio di costruzione nella casa; questo va sanato a proprie spese, poi se la documentazione viene accettata ti viene dato un 50% subito e il restante a fine lavori. Sarebbe utile normare un accordo tra struttura commissariale ed istituti bancari perché questi concedano una cessione del credito, ma nulla è ancora stato fatto. E per questo la gente è frustrata e chi non ha avuto danni importanti ha cercato di “arrangiarsi”».
COMITATO BORGO ALLAGATO: «STASI NEI RISTORI» «Per quanto riguarda i ristori siamo in un momento di stasi- ha sottolineato Marcello Arfelli, uno dei portavoce del “Comitato di vicinato solidale Borgo allagato” che risiede nel borgo Durbecco. Al momento non vi è alcuna direttiva che stabilisca a chi debbano andare e come vengano computati nel Cis i 6 mila euro per i beni mobili previsti dal Governo, cifra che abbiamo chiesto di portare a 15 mila. Sfinge sta andando a rilento: ho letto che 100 pratiche sono state accettate e i tecnici hanno festeggiato il buon risultato. Se consideriamo l’intero territorio interessato dagli eventi di maggio tra ravennate, forlivese, cesenate, collina ed una parte di bolognese si stima che le pratiche potrebbero arrivare a 13 mila dunque ammetterne 100 è davvero una goccia nel mare». Ritardi anche nella messa in sicurezza del territorio, «è slittata in avanti la consegna della versione definitiva del piano speciale di interventi, prevista per il 30 giugno. Ci auguriamo che sia davvero questione di giorni e che contenga l’ubicazione delle casse di espansione e laminazione, primo passo verso il progetto che verrà tramutato in appalto e poi ancora in opere eseguite e collaudate. Speriamo che il piano speciale definitivo sia un progetto di largo respiro e rispecchi ciò che i comitati hanno suggerito alla struttura commissariale: di certo chi vive in queste zone conosce molto meglio del tecnico più bravo quale siano le zone vocate per essere adibite a casse di espansione». E per fare il punto sui cambiamenti climatici e i progetti di impermeabilizzazione del territorio, il 17 luglio, all’arena estiva del cinema Europa verrà proiettato il docu-film del regista ed antropologo francese Pascal Bernhardt, “Romagna tropicale” cui farà seguito un breve seminario del prof. Andrea Nardini, ingegnere idraulico tra i maggiori esperti al mondo di riqualificazione fluviale e post alluvionale.
COMITATO SANT’AGATA: «ANCORA TROPPE CRITICITA’ IN CITTA’» Molto demoralizzati i cittadini di Sant’Agata sul Santerno. «Sant’Agata è andata poco avanti rispetto ai giorni dell’alluvione- ha spiegato Massimo Tarozzi, portavoce del comitato “Sant’Agata 17 maggio 2023”:- il Comune non è ancora nella sua vecchia sede, molti istituti non hanno iniziato la ristrutturazione, il campo sportivo è ancora occupato dalla terra, la palestra non c’è, il parco non è agibile. Le abitazioni più vecchie sono ancora disabitate, tanti in affitto si sono spostati in altri comuni, chi aveva casa di proprietà si è sistemato o dai figli o in altre abitazioni e non crediamo che il paese ritornerà mai come prima visto che tanti hanno già detto che non ristruttureranno considerato che i lavori costerebbero più del valore dell’immobile». C’è ancora tanta paura che un evento simile possa ricapitare anche perché il ponte del passaggio ferroviario, punto dove il Santerno ruppe l'argine a sinistra, inondando completamente il centro abitato, lasciato sotto un metro e mezzo di acqua e fango è stato rifatto, ma sull’argine riabbassato. «Il ponte va rifatto o innalzato perché così non ha senso- ha spiegato Tarozzi- con una nuova bomba d’acqua rischiamo di allagarci ancora. Da 20 anni sappiamo che quello è un punto critico e servirebbero casse di espansione, ma non è stato fatto ancora nulla per un paese andato distrutto al 90%. Prima delle elezioni Europee ci erano state fatte promesse cui ha fatto seguito un silenzio imbarazzante». Critico anche sui ristori, Tarozzi ha sottolineato come la burocrazia stia, di fatto, rendendo impossibile accedere ai ristori. «In pochissimi hanno fatto domanda: da noi vivono tanti anziani che non sanno cosa sia la digitalizzazione, inoltre per inoltrare la perizia serve la conformità edilizia che per paesi vecchi come il nostro hanno solo poche abitazioni. Molti si arrendono ancor prima di iniziare e chi non fa la richiesta per i ristori dell’immobile non può farla nemmeno per i beni mobili. Infine, per ottenere l’agevolazione della Tari per le attività commerciali serve la delocalizzazione del negozio. E’ successo anche a mia moglie e mio cognato che hanno una ferramenta ed hanno dovuto rinunciare». (Marianna Carnoli)