Agricoltura, e-commerce ed export, le nuove strade per la vendita del vino locale
Lorenzo Pelliconi - Dopo una vendemmia 2017 non particolarmente facile, con una produzione decisamente inferiore a quella precedente, con una qualità certamente preservata e di buon livello, ma per non tutte le varietà, è tempo per le cantine locali romagnole, in particolare per quelle del faentino, di guardare ai mercati e alla commercializzazione futura del prodotto. Certo, il mercato dell’imbottigliato non si ferma mai, ed è per questo che Setteserequi ha voluto intervistare alcuni associati del Consorzio Vini di Romagna, la realtà che raggruppa a livello territoriale le eccellenze vitivinicole romagnole, per capire il proprio approccio ai mercati e all’export, oltre all’andamento commerciale.
«Per quanto riguarda la vendemmia appena passata certamente abbiamo avuto garanzie importanti sulla qualità anche se la quantità ha lasciato un po’ a desiderare – sottolinea Antonio Gallegati dell’azienda Gallegati di Faenza –, dobbiamo ammettere che dal punto di vista della promozione e della riconoscibilità i vini romagnoli stanno riscontrando un accresciuto interesse. Il mercato c’è ed è abbastanza vivo, anche se per quanto ci riguarda il nostro sbocco di riferimento è l’Italia, con il canale Ho.Re.Ca sicuramente interessante sul fronte ristoranti. A livello export ciò che vendiamo lo spediamo in Europa, perché andare fuori ai confini continentali non è facile, per motivi di dazi, logistica e la necessità di investimenti ingenti».
«Abbiamo quantitativi relativi a una cantina di piccole dimensioni, ma siamo soddisfatti dell’andamento – sottolinea Camillo Montanari, che insieme al fratello Giacomo gestisce l’azienda agricola Ca’ di Sopra a Marzeno –, produciamo circa 30mila bottiglie all’anno e constatiamo una forte regionalizzazione dei consumi per i vini romagnoli, anche se dobbiamo dire che anche fuori regione si sta iniziando a ottenere un maggiore interesse. Promuovere la qualità dei nostri vini è fondamentale, e lo facciamo anche tramite il canale online che ci dà questa opportunità. Non facciamo direttamente e-commerce, ma sicuramente è un modo per entrare in contatto con tanti potenziali clienti. Sul fronte dell’export, abbiamo ormai un rapporto consolidato e duraturo con il Belgio». «Arriviamo da una vendemmia anticipata dove c’è stato un forte calo di produzione e dove i rossi hanno sofferto la grande siccità – sottolinea Rita, moglie di Claudio Ancarani e responsabile commerciale di Vini Ancarani – per quanto ci riguarda siamo un’azienda di carattere artigianale da 35mila bottiglie all’anno e puntiamo ormai da tempo sul vino biologico. Siamo soddisfatti, l’interesse per il prodotto romagnolo sta crescendo e dobbiamo sfruttare queste opportunità, con i soli nostri sforzi aziendali perché non c’è un’azione di promozione trasversale. All’estero vendiamo in Stati Uniti, Giappone, Inghilterra e Germania, ovvero i principali mercati di consumo, e stiamo promuovendo non solo il Sangiovese, ma anche altri vini di punta, come l’Albana, che sta diventando sempre più importante».