Un anniversario da celebrare per Lagani (Fanny&Alexander)

Ravenna | 17 Dicembre 2021 Cultura
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Elena Nencini
Trenta anni di Fanny&Alexander una realtà teatrale consolidata per Ravenna ormai da tanti anni, che è partita con lavori come il ciclo dedicato al romanzo di Nabokov Ada o ardore (vincitore di due premi Ubu),  il progetto pluriennale dedicato a Il Mago di Oz (2007-2010), ma anche spaziando tra musica, mostre, azioni performative, traduzioni di libri e tanto altro.
L’Almagià ospietrà un’anteprima dei lavori della compagnia teatrale prprio a cominciare da Sylvie e Bruno (venerdì 17-lunedì 20 dicembre, ore 21; domenica ore 15.30).
Chiara Lagani, cuore di Fanny&Alexander insieme a Luigi De Angelis, è pronta a ri-partire per un lungo anno dedicato al trentesimo anniversario della compagnia ravennate.
Che progetti avete per i 30 anni della compagnia?
«In realtà il trentesimo scocca il prossimo anno, però questa convergenza con Ravenna Teatro per cui siamo sia dentro Fèsta che nella stagione teatrale, ci dà l’occasione per iniziare prima della fine dell’anno e proseguire con progetti speciali in tutta la regione con coloro che ci seguono da tanti anni in una serie di attività. Dopo quest’anno così faticoso, tornare nella nostra città con i nostri spettacoli preferiti è una grande soddisfazione».
Trenta anni di Fanny & Alexander cosa è cambiato?
«È cambiato tanto. Il teatro è cambiato moltissimo: abbiamo cominciato a 16 anni, con la forza dell’adolescenza. Adesso tutto il sistema cultura è cambiato, anche se viviamo in una regione speciale dove il teatro è molto seguito e supportato. È molto dura, 30 anni di grande bellezza ma anche di grande resistenza. I compagni con cui siamo partiti non sono gli stessi, non tutti hanno resistito, ed in particolare in questo periodo emergenziale il pubblico sente la preoccupazione e l’inquietudine, ma c’è molto bisogno di tornare a interrogarsi, del rapporto tra artista e pubblico, per entrambi è un’esperienza insostituibile. Il fatto che l’anniversario dei nostri 30 anni cada proprio in questo momento storico ha un valore particolare: è il momento migliore per fare un bilancio, per raccogliersi con il pubblico e ritrovarsi con una leggerezza nuova». 
In «Sylvie e Bruno» si parla  ancora una volta di sogno, uno dei temi che spesso avete affrontato. Di che tipo di sogno stiamo parlando?
«E’ una maniera radicale di parlare di sogno. È il terzo romanzo di Lewis Carroll, mentre lo traducevo per Einaudi ci siamo sorpresi della sua attualità estrema: sembrava parlasse della condizione di questo momento. Si tratta di due storie, una storia d’amore contrastata e una fiaba. La cerniera è un signore ammalato di cuore che passa e trapassa dall’uno all’altro mondo: non capiamo quale sia la realtà e la finzione; come del resto succede quando dormiamo e sogniamo e il nostro corpo è prigioniero in casa, mentre la nostra mente è dentro al sogno. Siamo fisicamente presenti, ma allo stesso tempo dormiamo nel nostro letto. Nel romanzo si parla di una pandemia, di un mondo malato che è al collasso, dove però la forza della bellezza irrompe. Ci è sembrato molto attuale, è una storia a cui siamo molto legati». 
L’emozione di tornare sul palco?
«Mi sono emozionata quando, ultimamente all’Almagià sono arrivate quattro classi di bambini per vedere Il mago di Oz. C’era il rumoreggiare, l’urlare, il ridere, lo scambio. Mi ha veramente dato l’idea della possibilità di un nuovo inizio, di non dare per scontato nulla, tutto sembra più luminoso così. È la bellezza che ci portano i momenti gravi, difficili». 
Oltre al teatro nel corso degli anni avete spaziato anche in esperienze personali dalla musica, all’opera, ai libri. Pensate di continuare?
«Si, pensiamo di continuare a sperimentare. Tante domande inesauribili, finché una domanda non finisce d.. siamo curiosi dei linguaggi, dei mondi, ma sono tutti vasi comunicanti, ma tornano sempre ala base e hanno ricadute su di noi. Ma ci confrontiamo sempre, dialoghiamo sempre. È una ricchezza per tutta la compagnia, allarga anche molto il raggio delel cose che puoi, impari tante cose e sei stimolato a cercare nuove possibilità teatrali. È la nostra caratteristica di ragionare, come aggredirle da tanti lati. dall’opera lirica alle traduzioni, alla’opera. Sono tante forme diverse di amore pe ril teatro.
Progetti per il futuro?
«Stiamo preparando una nuova produzione per Ravenna Festival, Addio ai fantasmi di Nadia Terranuova, un lavoro strano tra presente e passato. Poi dovremo pensare al progetto del trentennale tra Ravenna e Bologna. Luigi farà la regia dell’opera Lohengrin al teatro comunale di Bologna, un canale che ci piace molto. Ma vorremmo anche pensare al teatro ragazzi e sto anche cercando un nuovo titolo da tradurre. Sono tanti fili aperti. Speriamo che si possa continuare a progettare».
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