Ravenna, Pronto soccorso, il direttore: "Ogni giorno una decina i positivi al Covid-19"
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Federica Ferruzzi- «La situazione è di fuoco, come si può immaginare. Per quello che riguarda il Covid-19 siamo rientrati in una fase di riscontro di casi positivi dopo un congruo periodo in cui non se ne vedevano. Ora siamo nell’ordine di una decina al giorno, ma il dato è grezzo, non abbiamo ancora i numeri ufficiali. Di questi, però, i ricoverati sono meno della metà». E’ presto fatto il quadro di chi, tutti i giorni, si trova in prima linea al pronto soccorso di Ravenna, se si interpella il direttore Andrea Morelli.
Morelli, i tamponi positivi sono una decina, ma quanti sono gli accessi quotidiani?
«Il numero varia: giornalmente registriamo tra i 100 ed i 170 accessi e si tratta di casi mediamente più pesanti rispetto all’era pre Covid-19. Prima, però, i numeri erano quasi doppi, si arrivava tranquillamente alle 300 richieste giornaliere».
Qual è stato l’andamento?
«Le patologie che nulla hanno a che fare col Coronavirus, dopo un evidente calo di presentazioni al pronto soccorso durante il periodo della prima ondata, quindi tra marzo ed inizio maggio, hanno avuto un’impennata evidentissima nell’estate, mentre adesso, in ottobre, stiamo notando un trend che un po’ ricorda quello della prima ondata, ovvero un piccolo calo, anche se comunque le persone vengono».
Un leggero calo che però è ancora troppo pesante…
«Esattamente. Ora le persone vengono meno, ma non perché ci sia maggiore consapevolezza sull’uso del pronto soccorso, bensì perché hanno paura. Siamo ancora lontani da un’educazione sanitaria a tappeto che invece è fondamentale per un migliore funzionamento del sistema. Quando sembrava che il Covid-19 fosse “sparito” le persone sono tornate subito».
Come vedete i prossimi mesi?
«Non usciremo rapidamente da questa situazione. Vorremmo evitare una terza ondata, ma bisognerà stare attenti a non far sì che i rimbalzi successivi dei prossimi mesi ci trascinino in una situazione simile fino all’estate: sarebbe un dramma mantenere due anni di lockdown, ma questo presume che i cittadini maturino rapidamente una sensibilità di comportamento virtuoso nei confronti di questa nuova situazione. Se non avverrà questa presa di consapevolezza faremo male non solo a noi, ma anche ai nostri vicini».
Immaginiamo che, a questo punto, il personale sia molto affaticato…
«Per spiegare la situazione potrei fare un’analogia con un grosso motore diesel che già in una situazione normale lavorava al 110%. Col Covid l’impegno è salito al 150% e adesso lavora quasi al 200%. La corda è stata tirata oltre i limiti di elasticità, è un eufemismo dire che gli operatori sono stanchi. È come lavorare in miniera, la pressione, sia fisica che psicologica, è la stessa. Noi non sappiamo mai cosa entrerà da quella porta, ma di sicuro sappiamo che sarà un qualcosa di serio. Sappiamo già che dovremo essere concentrati e dare tutto quello che possiamo su ogni singolo caso. Ma i medici sono sempre gli stessi, per questo parlo anche di fatica fisica».
In proposito di quanti medici parliamo?
«Parliamo di cinque medici di giorno, che di notte scendono a tre. Cinque medici per la mole di lavoro di cui parlavamo prima».