Ravenna, Omicidio Ballestri: "Risposte insufficienti, ora andremo in Senato"
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Federica Ferruzzi
Il Dap di Bologna (dipartimento di amministrazione penitenziaria) è solo l’ultimo dei luoghi in cui Udi, Linea Rosa e associazione Dalla Parte dei Minori hanno manifestato per chiedere le motivazioni che hanno permesso il trasferimento dal carcere della Dozza a quello di Ravenna di Matteo Cagnoni, condannato all’ergastolo in primo e secondo grado per il femminicidio della moglie Giulia Ballestri. A distanza di mesi dalla richiesta di una motivazione, lo scorso 17 febbraio, in occasione del presidio, una piccola rappresentanza delle associazioni è stata finalmente ricevuta dal provveditore regionale, che però ha spiegato loro di non poter parlare di casi specifici e che ci sono altre situazioni detentive simili a quella indicata nelle case circondariali di Rimini, Forlì o Ferrara.
«In realtà - spiega l’avvocata Sonia Lama - nei casi citati dal provveditore ci sono situazioni detentive con soggetti che rimangono nelle case circondariali in cui sono detenuti, mentre nel caso di Cagnoni c’è stato un ritorno, quindi uno spostamento: per questo abbiamo fatto notare che il trasferimento contrasta con l’art. 42 della L. 354/1975, con la Circolare del Ministero della Giustizia - Dap, n. 3654/6104 del 26 febbraio 2014 nonchè con le prassi consuetudinarie decennali adottate dalla casa circondariale di Ravenna nell’ambito dei trasferimenti dei detenuti, ma la risposta del provveditore non è cambiata. Pertanto alla luce di quanto accaduto - o meglio, di quanto non è avvenuto - abbiamo deciso di proseguire la nostra battaglia per chiedere giustizia interpellando la presidente della Commissione femminicidio al Senato». Per sollecitare la risposta del Dap, dal 29 novembre scorso, inoltre, ogni venerdì le associazioni hanno organizzato un presidio davanti al carcere della città bizantina. «Ad oggi - spiegano dalle tre associazioni - ci siamo mobilitate sia tramite l’interpello delle avvocate delle tre associazioni parti civili, sia con la promozione di una raccolta di firme sottoscritta da oltre 62.000 persone, sia con una fiaccolata silenziosa per le vie della città, conclusasi davanti alla casa circondariale di Ravenna». Infine, l’avvocata fa notare che, secondo quanto riportato dall’associazione Antigone - che si occupa della tutela dei diritti in ambito penitenziario - la situazione all’interno della casa circondariale di Ravenna al 31 gennaio 2020 non era delle migliori: «su una capienza di 49 unità, alla fine del mese scorso erano presenti 82 persone, ben oltre quindi la soglia di tolleranza consentita».