Ravenna, Maurizio Roi sulla scelta di Cristina Muti: "Il Festival senza di lei come Microsoft senza Bill Gates"

Ravenna | 06 Dicembre 2019 Cronaca
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Federica Ferruzzi - Ha suscitato stupore, in città, la notizia che dopo 31 anni Cristina Mazzavillani Muti abbia annunciato di voler lasciare la direzione artistica del Ravenna Festival, nonostante fosse ormai da anni che la signora ventilasse l’idea di ritirarsi a vita privata dopo aver accettato, nel lontano 1988, l’invito dell’amico Benigno Zaccagnini. Così come è rimasto stupito Maurizio Roi, ex sindaco di Lugo, ex presidente di Ater (associazione teatrale Emilia-Romagna) e della Fondazione Teatro Rossini, che ha poco lasciato l’incarico di sovrintendente del teatro Carlo Felice di Genova e che abbiamo raggiunto telefonicamente in Brasile, dove si reca periodicamente da 23 anni dopo aver seguito, da sindaco, la nascita di un progetto sociale a Sao Bernardo do Campo. 
Maurizio Roi, se lo aspettava?
«No, assolutamente, sono sorpreso, questa notizia mi colpisce molto. Posso solo dire che mi dispiace, credo che Cristina abbia fatto un lavoro veramente magnifico ed abbia creato un grande festival con ricadute significative non solo a Ravenna, ma nella vita culturale italiana. Ho grande stima per questa donna, è una persona di enorme valore umano. Mi dispiace, ma ovviamente rispetto la sua scelta, però sarà difficile sostituirla. Ora riconosciamo il valore di ciò che ha fatto, di come lo ha fatto e della persona». 
Alla luce della sua lunga esperienza, c’è qualcuno che vedrebbe alla direzione del Festival?
«Credo che prima di tutto occorra “digerire” la scelta di Cristina, senza correre. La sua è una personalità forte, inevitabilmente alcuni aspetti dell’impostazione di questa manifestazione dovranno cambiare. A guidarlo non ci sarà più chi l’ha pensato e su questo serve una riflessione: diventerà grande, prenderà vita propria. E’ un momento di passaggio delicato, non si sostituisce una persona, ma va costruita una storia su una storia. Cristina l’ha inventato, lei è il Festival, lo rappresenta: è come Microsoft senza Bill Gates. La Fiat, dopo Agnelli, non è meglio o peggio, è diversa. Ora, prima di tutto, servono gratitudine, riconoscenza e attestati di stima umana e personale nei confronti di questa donna». 
Quale pensa potrà essere il futuro della manifestazione? 
«Occorre rifletterci bene e chiedere anche in questo aiuto a Cristina. Non è un passaggio qualsiasi, non è una cosa semplice, di questo occorre essere consapevoli: in qualsiasi storia importante c’è il momento in cui il padre lascia, è una questione inevitabile, prima o poi arriva. Costruire il futuro è una fase importante e delicata, soprattutto per una storia cosi importante come quella del Ravenna Festival».
Negli ultimi anni il Festival ha sempre più investito sul territorio, pensiamo ad esempio a Neri Marcorè al Pavaglione di Lugo. Pensa che si continuerà a seguire questa strada?
«Va ripensata la gestione, non l’impostazione, che è granitica. Cambierà la guida, ora il lavoro sarà più laico. Se fondo un’impresa artigiana ed io ne sono il perno, nel momento in cui lascio inevitabilmente arriverà una gestione più neutra. E’ anche per questo che lei, nella lettera, ribadisce l’importanza di essere una famiglia e di continuare ad essere amici. In questi anni Cristina ha avuto anche il merito di tenere tutti insieme e di essere accogliente, e nella lettera sottolinea la necessità di non perdere questa capacità nel momento in cui verrà meno. Bisogna sapere da dove si viene ed essere consapevoli del grande lavoro e del metodo che lei ha usato, ed esserle grati sia artisticamente ma, soprattutto, umanamente: è importante, perchè le cose le facciamo noi, un uomo, o una donna possono, fortunatamente, fare ancora la differenza. E ha ragione quando parla delle donne: sono una risorsa importante per flessibilità e completezza di approccio alla vita». 
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