Ravenna, il sindaco De Pascale: «Un'indennità adeguata a impegno e responsabilità»

Ravenna | 11 Febbraio 2022 Politica
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Samuele Staffa
«Alcuni pensano che si tratti di cifre troppo alte. Altri, invece, che un compenso adeguato renda questo incarico più appetibile. Tutte le posizioni in campo sono legittime». Il sindaco di Ravenna Michele De Pascale, che in passato ha ricoperto un ruolo di primo piano nell’Anci e oggi guida l’Upi, l’Unione delle province italiane, interviene sull’aumento delle indennità dei sindaci previsto dall’ultima Finanziaria arrivato in un momento, dalla pandemia all’inflazione, difficile per tutti.
«Si tratta di un’iniziativa promossa dal governo Draghi e appoggiata da tutto il Parlamento. Una scelta bipartizan che è andata oltre la stessa maggioranza e condivisa con le opposizioni. C’è sempre qualcuno che coglie l’occasione per fare polemica, ma tutte le forze politiche avevano presentato proposte in questo senso». 
Condivide la filosofia alla base di questo provvedimento?
«Da molti anni tutti gli interessati e gli osservatori sostengono come le differenze tra le indennità dei presidenti di regione, dei parlamentari e degli amministratori locali non siano motivate. Ma le responsabilità in capo ai primi cittadini non sono inferiori a quelle dei governatori o degli onorevoli: oltre agli aspetti penali, i sindaci ricoprono un ruolo fondamentale per le comunità. Così il legislatore si è mosso per colmare questa differenza. Prima di fare il sindaco facevo il segretario provinciale del Pd e mi occupavo di sondare le disponibilità dei potenziali candidati. Non è questo il caso di Ravenna. Ma spesso, per le realtà più piccole, mi sono sentito rispondere: ‘mi piacerebbe, ma non me lo posso permettere’». 
Ritiene che questo provvedimento possa prestare il fianco a dispute  politiche o malumori tra i cittadini? Qualcuno dirà «i politici si sono aumentati lo stipendio»...
«Ho sempre sostenuto che chiunque ricopra un incarico, che sia un amministratore o un direttore di giornale, non possa decidere sul proprio stipendio. Certe scelte spettano ad altri: in questo caso, è stato il Parlamento. Rispetto chi non è d’accordo con questo provvedimento e alla politica chiede più sobrietà: sono posizioni legittime, soprattutto in un periodo difficile come questo. Ritengo siano ridicole, invece, le forze politiche che votano compatte in Parlamento ma sui territori, a seconda di chi governa, puntano il dito contro chi ha il compito di amministrare. Chi ha polemizzato con me, ad esempio, non lo ha fatto in altre città come Ferrara o Forlì, dove amministra il centrodestra».
Lei quanto guadagna?
«Tutte le posizioni, ripeto, sono legittime. Però occorre partire dai giusti presupposti. Stiamo parlando di cifre lorde, e non nette. Le mensilità sono dodici e i contributi non sono parametrati sull’indennità, ma sullo stipendio che si aveva prima dell’aspettativa. Il mio compenso si aggira tra i 7400 e i 7500 lordi. Di fatto, l’ultimo compenso è tra i 4700 e i 4800 euro netti. Poi la cifra può cambiare, mese per mese, a seconda delle detrazioni, dei carichi familiari...».
Dopo le riforme istituzionali degli anni passati, i ruoli ricoperti da sindaci e amministratori nell’ambito delle province, invece, non prevedono compensi ad hoc...
«Per le province ho aperto una battaglia, che poi ho vinto. Mi sono battuto affinché chi ricopre il ruolo di presidente della provincia possa avere un’indennità pari a quella del sindaco del comune capoluogo. Nel mio caso, la sostanza non cambia. Ho la mia indennità di sindaco di Ravenna, e la Provincia non deve integrarla. Ma questo, oggi, accade solo in pochi casi. Se a fare il presidente della Provincia di Ravenna venisse chiamato un altro sindaco del territorio, allora la Provincia dovrebbe integrare la cifra fino a quella che percepisco io, sindaco del comune capoluogo».
E per quanto riguarda le Unioni dei comuni?
«Abbiamo proposto un ragionamento simile. Se il sindaco di un comune ‘minore’ venisse investito della carica di presidente, la sua indennità potrebbe essere integrata fino a raggiungere la stessa cifra prevista per il comune capoluogo di provincia o capofila della stessa Unione. Tuttavia, in questo caso il percorso è più difficile: se la nostra Regione spinge molto sulle unioni, a Roma sono ancora molto sottovalutate. Del resto, le esperienze più importanti d’Italia sono proprio quelle sul nostro territorio».

LE CIFRE

Per capire a quanto ammonterà la nuova indennità dei sindaci dell’Emilia Romagna, occorre fare riferimento a quella del presidente della Regione Stefano Bonaccini: 13.800 euro lordi.
Il sindaco di una città come Ravenna, che conta più di 100mila abitanti ed è capoluogo di provincia, arriverà all’80% dell’indennità prevista per il governatore: in altre parole, a Michele De Pascale spetteranno 11.040 euro lordi mensili.
Poi le percentuali calano in relazione alla popolazione: il 45% per i sindaci dei comuni con più di  50mila abitanti (per Massimo Isola di Faenza si parla di 6.210 euro lordi mensili); il 35% per i comuni con popolazione da 30.001 a 50.000 abitanti come Lugo (4.830 euro lordi); il 30% nei comuni da 10.001 a 30.000 abitanti come Cervia (4.140 euro lordi); il 29% nei comuni da 5.001 a 10.000 abitanti (4.002 euro lordi mensili); il 22% nei comuni tra i 3.001 e i 5.000 abitanti (3.036 euro lordi); il 16% nei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti come Casola Valsenio, Bagnara di Romagna o Sant’Agata sul Santerno (pari a 2.208 euro lordi).
L’incremento, tuttavia, sarà adottato in misura graduale e raggiungerà il totale della cifra nel 2024. 
Anche l’indennità degli assessori e dei presidenti dei consigli comunali (comuni con più di 15mila abitanti), che corrisponde ad una percentuale dell’indennità del sindaco, di conseguenza, crescerà.
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