Ravenna, i 30 anni di Linea Rosa, il ricordo dell'allora assessora Lisa Dradi

Ravenna | 14 Febbraio 2021 Cronaca
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Federica Ferruzzi - Nel suo lungo e appassionato ricordo, l’allora assessora Lisa Dradi mette insieme donne diverse, citando Mara Carfagna «donna di Forza Italia, che però su questi temi si è battuta tantissimo, ricordiamoci che è sua la legge sullo stalking», ma anche l’allora parlamentare Elsa Signorino, oggi assessora alla Cultura, «firmò la legge 53 sulla conciliazione», oltre all’allora sindaco Vidmer Mercatali, «che su questo caso fece la differenza». Menziona altri, quasi a voler spostare l’attenzione da sè, ma è soprattutto grazie alla sua determinazione rispetto ai temi di genere che si deve la prima convenzione nazionale per la gestione di un centro di prima accoglienza e di una casa rifugio per donne maltrattate. Oggi Lisa Dradi è una sindacalista che si occupa di diritti di lavoratori e lavoratrici e dal suo nuovo osservatorio sottolinea come ancora ci sia tanto da fare. «Voglio premettere che proprio ieri ci sono stati tre femminicidi in un giorno solo e uno proprio a “casa nostra”, Faenza è vicina. Sono numeri da guerra, c’è ancora molto lavoro culturale da fare. E pensare che a fine anni ‘90, proprio a questo proposito, avevamo già organizzato progetti di educazione scolastica sulla cultura di genere, sulla conoscenza dell’altro, sulla differenza impostata su equità e parità di diritti. Quando sono diventata assessora, nel ‘97, non conoscevo Linea Rosa. Lessi un articolo in cui si diceva che nella sede dell’associazione c’erano stati atti di vandalismo ed erano stati rubati archivi con nomi di donne, presi in mano il telefono e chiamai Bagnara, presentandomi e chiedendo come potevo essere utile. Quello è stato il primo contatto che ha portato alla prima convenzione, nel Duemila, passata alla storia come la più lunga mai sottoscritta con un centro antiviolenza». Ricorda Dradi: «Credo che a quella convenzione non saremmo mai arrivate se dietro a Linea Rosa non ci fossero state associazioni femminili e femministe. Le donne dell’Udi, i gruppi di donne del Cif, le donne in nero: c’era, intorno a questo tema, un’attenzione trasversale, e penso sia stato fondamentale che all’interno dell’assessorato ci fossero donne diverse, ma tutte convinte che la direzione fosse quella intrapresa». E il pensiero va all’allora sindaco, Vidmer Mercatali, le cui scelte furono determinanti. «Ricordo che in sede di consiglio comunale ci fu un’ampia discussione, ma lui fece la differenza. Penso alla scomparsa Giovanna Baroni, di Lista per Ravenna, con cui ci si poteva scontrare su determinati temi, ma su questi ci si capiva dal primo momento. Si era tutte dalla stessa parte». Una parte condivisa con donne di tutte le latitudini. «Erano stati anni funestati da episodi gravissimi e ricordo il nostro impegno anche a livello internazionale: nel 2000 ospitammo un convegno con donne provenienti dal Libano, dall’Algeria, dall’Afghanistan.  Eravamo reduci dalla guerra in Kossovo, dove lo strupro veniva usato come arma: le donne che gestivano centri antiviolenza erano le prime ad essere stuprate in piazza “per dare l’esempio”; a me pare sia passato un secolo, era tutto completamente diverso». E nonostante siano passati anni, il problema di base rimane lo stesso, come sottolinea Dradi: «Le donne hanno ancora duemila problemi, ma se non si affronta, a monte, il tema culturale, dei generi, non si riuscirà ad affrontare il resto. Si è sempre pensato che le questioni femminili si sarebbero sistemate in politica, ma queste si sistemeranno solo quando si partirà dalle questioni femminili stesse». I temi, anche per Dradi, sono tanti, e vanno dall’abolizione delle disparità di salario all’idea di una città accogliente - «se è accogliente per le donne lo è per tutti, dove passa una carrozzina da bambino passa anche una sedia a rotelle» - alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro - «che si modificano nel momento in cui metti entrambi i generi nelle condizioni di svolgere il ruolo di conciliazione». Il pensiero va anche alle nuove generazioni, «non possono avere memoria e non ci sono luoghi, se non movimenti femminili e femministi, in cui apprenderla. I diritti acquisiti dovrebbero essere insegnati a scuola, non li si deve dare per scontati, sono sempre i primi che vengono aggrediti». «Le assessore che mi hanno succeduto, Giovanna Piaia, Ouidad Bakkali, ma anche Valentina Morigi, sono riuscite a valorizzare, ad inserire ulteriori elementi, ad implementare il percorso fatto e a farlo crescere». In virtù dell’allora delega allo Sport, Dradi prosegue: «Nel 2000 organizzammo il primo convegno su sport al femminile, invitando Luisa Rizzitelli. Il tema era quello della differenza di trattamento tra professionisti uomini e dilettanti donne, e Ravenna fece la differenza interrogandosi per la prima volta sul fatto che il primo premio della maratona dovesse essere uguale per uomini e donne. A queste ultime, infatti, veniva data la metà, come se avessero fatto metà chilometri. Partimmo dallo sport per dire come quello della disparità fosse un tema traversale da tutti i punti di vista». Diversi i temi affrontati dall’assessorato negli anni, come diversi sono quelli che l’associazione ha posto nel corso del tempo. «Negli anni, grazie a loro, si è parlato di violenza assistita, di riorganizzazione del lavoro, del tema delle relazioni, dell’approccio. Il grande sforzo è stato quello di riuscire a rendere visibile quello che non si vedeva. E ora gli uomini devono esserci. Credo che questo tema, oggi, debba preso in mano anche da loro». 
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