Ravenna, Cellulari in classe, è lontano l'esempio dell'Oriani di Faenza
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Non trova proseliti tra gli istituti scolastici ravennati la scelta dell’ A. Oriani di Faenza di obbligare gli studenti a consegnare il proprio smartphone in apposite custodie non solo durante le ore di lezione, ma anche durante gli intervalli. Pur nel rispetto della normativa ministeriale, ogni istituto ravennate ha preso provvedimenti personali per sopravvivere all’uso dilagante dei cellulari tra i giovanissimi senza però applicare misure stringenti.
PER ORA NESSUN PROBLEMA
Al liceo scientifico non vige nessun obbligo di consegna, ma non c’è mai stato un problema. A tracciare il quadro dell’istituto Oriani di Ravenna è il dirigente scolastico Gianluca Dradi. «L’uso del cellulare in classe venne vietato da una circolare ministeriale risalente al 2007 - spiega il dirigente -, salvo poi essere ripristinato, dopo il 2015, dal piano nazionale scuola digitale che prevede la possibilità di svolgere attività didattiche tramite device personali, tablet, smartphone e pc portatili. Abbiamo quindi modificato il regolamento d’istituto stabilendo che l’uso è consentito su indicazione del docente e per finalità didattica, diversamente in classe va tenuto spento pena il ritiro dello stesso ed una nota sul registro. Nella pratica immagino che il divieto sia rispettato, dal momento che solo in rari casi ho sentito lamentele da parte degli insegnanti sull’uso improprio dei cellulari che vengono utilizzati perlopiù durante l’intervallo». L’unico ritiro del dispositivo è previsto durante i compiti in classe «una misura – conclude Dradi – che al momento ci sembra sufficiente».
COINVOLGERE LE FAMIGLIE
I cellulari sono ovviamente vietati anche all’istituto Geometri, dove nonostante il regolamento preveda la consegna del dispositivo mobile ad inizio lezione, nella pratica i ragazzi lo tengono spento in tasca. L’utilizzo è consentito solo a scopo didattico: in quel caso, però, non basterebbe la volontà dell’insegnante, ma andrebbe studiato un piano ad hoc in cui verrebbero coinvolte le famiglie.
LIBERTA’ AGLI INSEGNANTI
All’istituto Ginanni la scelta, illustrata dal dirigente Domenico Guarracino, è invece quella di lasciare massima libertà agli insegnanti. «Gli studenti possono utilizzare il cellulare solo se il docente è d’accordo - spiega il preside -. Come ben si sa non è consentito filmare né tantomeno postare video con il cellulare, il cui eventuale utilizzo è strettamente legato alla didattica. E’ il docente che, conoscendo la sua classe, sceglie se far utilizzare o meno lo smartphone. Esistono programmi che consentono di simulare interrogazioni, assegnando punteggi». Ma come per ogni cosa, per Guarracino l’utilizzo del cellulare dev’essere legato al buon senso. «Ci sono studenti che vengono da fuori e nel momento in cui un ragazzo dice che deve chiamare casa non glielo si può certo impedire. Personalmente sono favorevole all’uso del telfono, purchè sia appropriato. La tecnologia va avanti e non possiamo ignorarla, basta utilizzarla nel modo giusto. Pensi ad una penna: la usiamo da anni per scrivere, ma se iniziamo a scrivere sulle pareti capisce anche lei che non va bene».
LA PAROLA ALL’EX DIRIGENTE
A conoscere da vicino il fenomeno è una storica dirigente scolastica, Patrizia Ravagli, da due anni in pensione dopo essere stata preside in tutti gli istituti ravennati, (tra reggenze e non), Itis a parte. «Si tratta di un problema molto sentito - analizza Ravagli - proprio perchè sappiamo che i ragazzi, spesso, possiedono più di un cellulare. Ritengo che l’uso di questo dispositivo possa essere utile in caso di insegnamento interattivo, ma sempre sotto la guida specifica degli insegnanti. E’ opportuno non demonizzare i cellulari, ma coglierne gli aspetti positivi che possono contribuire all’innovazione dell’insegnamento». Ripensando alle ore trascorse nei vari istituti, Ravagli ricorda: «Non spesso, ma quando l’insegnante lo riteneva opportuno potevano essere utilizzati come strumenti didattici di ricerca e condivisione». E rispetto alla scelta effettuata dall’istituto faentino, commenta: «Occorrerebbe sapere qual era il problema, se sono arrivati a questa decisione significa che c’erano motivazioni forti. Sono certa che alla base ci siano state una riflessione ed una valutazione profonde: l’Oriani è una scuola molto digitalizzata, magari l’uso del cellulare non è così indispensabile e in quel caso ci sono altri strumenti che possono favorire la ricerca. Ogni scuola ha caratteristiche proprie e metodologie diverse. L’importante è coinvolgere i ragazzi e farli lavorare con piacere, non obbligarli e farli applicare in maniera positiva».