Andrea Ottani - classe 4H Liceo linguistico - Istituto Dante Alighieri-Ravenna
Amici di Radio Romagna, un caloroso saluto a tutti e bentornati. Oggi in studio abbiamo un ospite d’eccellenza, che con nostro grande stupore ha accettato di venire a farci visita. L’uomo del suo secolo, pioniere del nostro caro e travagliato italiano. Signori, niente di meno che il Sommo Poeta, Messer Dante Alighieri. Messer Dante, ben trovato e grazie immensamente di essere con noi
«Salute a tutti e grazie a voi per l’invito».
Allora, carissimo Poeta, io partirei subito con una domanda scottante, possiamo dire. Ci introduca brevemente l’esilio. Cosa l’ha portata dalla sua Firenze alla nostra Romagna, e quindi qui a Ravenna?
«Be’, allora, in primo luogo direi le ovvie ragioni economiche e politiche. Era il 1301 quando ho lasciato Firenze, all’epoca la città era passata sotto i Guelfi Neri e io, per la mia attività nel partito dei Bianchi, sono stato condannato al pagamento di una multa, oltre che alla requisizione di tutti i miei beni. Per la mia testardaggine, e anche perché non potevo pagare, non ho presentato la quota e la condanna è divenuta a morte. In seguito, mi sono dovuto spostare da città a città, per esempio Forlì, o Verona. Ricordo che mi avevano offerto di tornare a Firenze, a patto che riconoscessi le colpe, ma mi rifiutai di ammettere il falso…».
E anche perché c’era ancora il problema della multa che, ricordiamoci, era bella salata
«Esattamente. In seguito, non ho trovato stabilità in nessun altro luogo. Fortunatamente, quando sono arrivato qui a Ravenna, sono stato ricevuto da Guido Novello da Polenta, che decise di ospitarmi. E questo è un altro motivo che mi ha spinto a rimanere qui, unito alla mia ammirazione per questo signore che, non voglio esagerare, ma mi ha salvato la vita dalla strada».
Destino purtroppo capitato a molti altri autori, spesso geniali. Ma come la storia ci insegna, la vita di un letterato non è mai facile come può sembrare, soprattutto se vivi nel quattordicesimo secolo.
«Confermo in pieno».
Ora, farò parlare il pubblico, perché in occasione di questo incontro abbiamo chiesto ai nostri ascoltatori di inviarci delle possibili domande da porre al Sommo Poeta. Questa, per esempio, ci arriva da Conselice ed è proprio piccante. Dice “Perché Dante si è stabilito proprio in Romagna, se aveva una così bassa considerazione dei Romagnoli?”. Forte eh…
«Eh, costui deve aver letto il quattordicesimo canto del Purgatorio. Ma comunque, non vi sono particolari motivi se non quelli detti prima, semplicemente perché la Romagna è qualcosa che mi è rimasto nel cuore, prima dell’esilio ci sono venuto in vacanza con dei miei concittadini, in pochi potevamo permettercelo. Era una terra dove fuggire, del buon mangiare e dove poetare era bello. E quando mi ci sono trasferito veramente, ho concluso che amavo la Romagna, ma erano i romagnoli che non sopportavo».
Posso confermare che per certi aspetti siamo terribili, è vero. Allora, la prossima domanda, caro Dante, viene da Rimini ed è più classica. Dice “È rimasto qualcosa dell’Italia di Dante oppure il ‘300 è scomparso in tutto e per tutto?”
«La mia è sicuramente un’epoca che ora trovi solo nei libri e nelle opere d’arte, però una cosa si è mantenuta nei secoli: questo vizio degli italiani di essere spesso polemici e inutilmente conflittuali, persino nelle situazioni in cui non v’è la minima ragione. A questo si aggiunge un’eccessiva territorialità, come se ci fossero ancora i vecchi Stati Italiani, dei quali forse solo uno era indipendente dalle potenze straniere».
Lei intende la Chiesa?
«Possiamo dire la Chiesa, sì. Ma il problema è che era dipendente da sé stessa, dai suoi degradi interni e dalla volontà di influenzare le politiche estere. Fortunatamente questo si è molto ridotto».
Molto bene. Siamo quasi in chiusura, ma abbiamo tempo per un’ultima domanda, che ci arriva da Bologna e non può che essere, ovviamente, sulla politica. E dice “Cosa ne pensa il Sommo Poeta dell’attuale modo di fare politica?”
«Beh, su questo punto devo confessarti di essere un po’ amareggiato. Credo non via sia più quella passione e convinzione verso la politica che vi erano fino a pochi decenni fa. Ora è tutto un gioco, una gara a chi accaparra più voti, un ping-pong infinito a darsi la colpa a vicenda, per poi scoprire che in realtà fuori dal Parlamento sono tutti amici affiatati ed è tutto programmato. Una recita, insomma. Poi non stupiamoci se sempre più gente non va a votare e si disinteressa, soprattutto i giovani».
Soprattutto i giovani, esattamente. Ora, purtroppo, dalla regia dicono che il tempo è scaduto e dobbiamo passare la linea. Cari amici di Radio Romagna, grazie di cuore per averci seguito. Messer Dante, è stato un enorme piacere ascoltarla, la ringraziamo infinitamente di essere stato con noi e speriamo vivamente di riaverla qui molto presto.
«Il piacere è tutto mio, grazie a voi».