L’amore ai tempi del lockdown con Castellitto e Ferrari
Elena Nencini
Anche dalle situazioni peggiori possono nascere delle cose positive, e così arriva in prima assoluta alla Rocca Brancaleone giovedì 9 luglio «Ci sono giorni che non accadono mai», una coproduzione Ravenna Festival e Festival Puccini, che vede un testo scritto dal giornalista Valerio Cappelli, la musica inedita di Ennio Morricone, mentre sul palco Sergio Castellitto (che ne realizza anche la regia) e Isabella Ferrari.
Come ha dichiarato Castellitto: «Alla fine questa situazione ci ha costretti ad accorgerci di noi stessi e degli altri. In questi mesi abbiamo preso la nostra anima e l’abbiamo ibernata, sospesa. E adesso la tiriamo fuori dal surgelatore della psiche, la appoggiamo sul tavolo e aspettiamo che il calore la scongeli per vedere cos’è diventata».
Una riflessione nata durante il periodo dell’emergenza Coronavirus al giornalista del Corriere della Sera, Valerio Cappelli, che si occupa di spettacoli e avvenimenti culturali da oltre 30 anni. Ha scritto, insieme con Mario Sesti, tre lavori teatrali: Kleiber, il titano insicuro, con Remo Girone; Finalmente Truffaut, con Sergio Rubini; La voce di Sinopoli, con Massimo Popolizio.
Una storia con due personaggi. Evaristo è un musicista che vive a Roma, Silvia fa l’estetista e vive a Piacenza. Si sono conosciuti su Facebook alcuni fa. Due persone che non potrebbero essere più diverse. Sono diventati amici, si sono visti, lui ha conosciuto il compagno di lei. Durante il lockdown si sentono, si confidano: sono due coppie in profonda crisi. Disagio, inquietudini. Nell’isolamento la fantasia esplode.
Cappelli, come è nato questo testo?
«Il testo l’ho scritto durante la Fase 1 del Coronavirus. Il lockdown ha risvegliato fantasmi, démoni e fantasie. Ci ha fatto tornare adolescenti, ci ha fatto riscoprire la bellezza (a dispetto dell’isolamento), di parlarsi, di confrontarsi, di non limitarsi a un sms».
Un amore allucinato, però, non sano.
«Si. E’ una specie di allucinazione, l’incontro di due anime sbandate, smarrite, corrose dalla solitudine che vivranno un amore virtuale sovrapponendo la realtà all’irrealtà, o alla surrealtà. Il tempo della commedia è lento ma con improvvise accelerazioni, con incongruità, con cambi di tono e di umore. Proprio come è stata la Fase 1. Ho cercato un’aderenza al tempo sospeso in cui tutti noi abbiamo vissuto per tre mesi. Quindi mi sono ispirato alla vita, a quello che stavamo vivendo. Il grande regista Paolo Taviani, leggendolo mi ha detto: è il diario di tanti di noi. I due protagonisti si sentono durante il lockdown, si confidano i loro fallimenti sentimentali, parlano dell’intimità sessuale che non hanno più con i loro partner. Fra loro presto salta ogni freno inibitore. Ma è un viaggio mentale, un thriller dell’anima. Si comportano come se stessero insieme, ma il tempo passa e la realtà presenterà il conto. La vita reale a volte è per chi non sa fare di meglio».
A chi si è ispirato per il testo?
«Questo è un avanzo di amore maturo, è il sogno (o l’incubo) di una notte di mezza età. Ho cercato due toni, l’erotismo e una certa ilarità. Ho pensato a Il Girotondo di Schnitzler, ma il contesto è completamente diverso. Il covid-19 è stato l’accensione per i nostri disagi, , il lockdown è la benzina servita a aumentare le nostre paure e le nostre solitudini».