il prof. Baravelli analizza la situazione politica del VI centenario della morte di Dante

Ravenna | 25 Settembre 2021 Cultura
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Elena Nencini
«Il ‘Dante della Vittoria’. Le celebrazioni dantesche del 1921 a Ravenna, tra mistica della nazione e violenza politica» è il titolo del convegno che si terrà sabato 25 settembre (ore 9.30-13 e 15-18) alla biblioteca Oriani, in sala Spadolini, organizzato con la Fondazione Libro Aperto. L’occasione per parlare delle grandi celebrazioni del VI centenario della morte del Sommo Poeta e della situazione politica italiana: da Fiume all’interventismo fascista, da Benedetto Croce a Gabriele D’Annunzio. Gli atti del convegno saranno pubblicati sull’annale della Fondazione Casa di Oriani, «I Quaderni del Cardello» («Ponte Vecchio», Cesena).
Andrea Baravellli, professore di storia contemporanea all’università di Ferrara, racconta della situazione politica di Ravenna nel 1921 e delle rivalità tra repubblicani e socialisti. 
Baravelli, di cosa parlerà nel suo intervento?
«Parlerò dell’approccio dell’amministrazione repubblicana di Ravenna all’organizzazione delle manifestazioni del 1921. E cioè del desiderio di riaffermare la particolare visione repubblicana di patriottismo, che si riconosceva nel Risorgimento ma ne rifiutava l’esito monarchico. Considerando ciò si capisce meglio il forte investimento simbolico fatto dall’amministrazione Buzzi sulla partecipazione di D’Annunzio, simbolo vivente degli ideali dell’irredentismo e del coraggio nell’opporsi al volere rinunciatario – rispetto alla questione Fiumana e dalmata – delle istituzioni sabaude». 
Quale era la situazione politica a Ravenna e in Italia all’epoca?
«Laboratorio politico dell’Italia contemporanea, Ravenna si caratterizzava allora per la straordinaria forza dei partiti popolari. Tale situazione favorì lo sviluppo di un modello di politica molto moderno, incentrato sull’organizzazione di un complesso apparato celebrativo e liturgico, che accompagnava e completava lo sforzo organizzativo sul piano associativo, sindacale e cooperativo. Poiché socialisti e repubblicani avevano punti di riferimento comuni, che affondavano le radici nella comune matrice risorgimentale e insurrezionale, alcune grandi figure, a partire ovviamente da Garibaldi, divennero motivo di scontro tra i due partiti. Come doveva essere interpretata la loro eredità? La risposta non era banale, e concorreva a definire la giustezza di posizioni degli uni o degli altri».
Qual era l’atteggiamento del ministro Benedetto Croce in questo frangente?
«Rispetto alle celebrazioni dantesche Croce riteneva fosse sbagliato concentrarsi troppo sulle commemorazioni e le feste popolari. A suo parere il modo migliore per onorare Dante era quello di sfruttare l’occasione per promuovere la ricerca degli studiosi, che si sarebbe concretizzata in opere di grande valore specialistico. Anche per questo si mantenne abbastanza prudente, anche rispetto alle scelte prese dal Comitato nazionale dantesco». 
Secondo lei si poteva proporre altro negli appuntamenti per le celebrazioni di questo anno?
«La riproposizione dei modelli seguiti nel 1921 sarebbe stato sbagliato. Anzitutto perché è il contesto a essere completamente cambiato: allora, al termine di una guerra mondiale quale quella che si era combattuta, Dante non poteva che essere celebrato quale alfiere della superiorità culturale italiana, il cui elevato esempio aveva illuminato la strada della nazione. Nella situazione attuale, con la crisi dello stato nazionale e l’affermarsi di processi globali ancora difficili da definire, il ruolo di Dante non può che essere quello del poeta in grado di illuminare su temi di valore universale. Da questo punto di vista non trovo sbagliato che non siano arrivati a Ravenna, durante questo anno di celebrazioni, straordinari ospiti o non siano stati organizzati formidabili eventi. Se così fosse stato fatto si sarebbe seguito il sentiero abituale, che ritengo sorpassato e ormai sterile. L’universalità del messaggio dantesco deve cioè essere sfruttata in maniera diversa, con l’obiettivo di inserire la nostra città all’interno di circuiti internazionali, per intercettare le sensibilità e meglio contaminarci di novità. Quel che mi piacerebbe vedere in futuro è una maggiore disponibilità a progettare, dando ampia delega agli esponenti di saperi differenti e chiedendo loro, oltre che di sperimentare, di avere a cuore l’esigenza di produrre buona divulgazione». 

Il convegno
ore 9.30-13
Sandro Rogari: «Un poeta ‘antemarcia’. Le celebrazioni dantesche fra Firenze e Ravenna».
Antonio Patuelli «Benedetto Croce per il sesto centenario della Morte di Dante a Ravenna».
Valentina Raimondo, «Per una nuova iconografia dantesca. Adolfo de Carolis e gli altri artisti del Sesto centenario».
Benedetto Gugliotta, «‘Libertà vo cercando’. Doni votivi, arte e ‘robaccia’ nelle collezioni museali dantesche del Comune di Ravenna».
ore 15-18
Andrea Baravelli, «‘Fu il sangue mio d’invidia sì rïarso’. L’Amministrazione Buzzi, e le celebrazioni del 1921».
Giustina Manica, «Le celebrazioni dantesche nella lettura socialista e della Camera del lavoro».
Paolo Cavassini, «‘Prigione del mio cruccio, schiavo della mia azione’. Gabriele D’Annunzio drammaturgo a distanza delle celebrazioni ravennati».
Alessandro Luparini, «‘Presso all’urna dove dorme il Padre spirituale della nazione’. La marcia fascista su Ravenna».

Info e prenotazioni: 0544 214767, informazioni@bibliotecaoriani.it 
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