Il geologo Tozzi a Ravenna parlerà del poeta e delle sue origini a «Dante 2021»

Ravenna | 05 Settembre 2021 Cultura
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Elena Nencini
E’ diventato famoso grazie alla televisione (solo per citare alcune trasmissioni da Sapiens, un solo pianeta, a Kilimangiaro, ad Atlantide, a La Gaia Scienza) e alla sua capacità di divulgare argomenti scientifici seri, Mario Tozzi, geologo e ricercatore presso il Cnr, parlerà – all’interno della rassegna Dante 2021 (vedi tutti gli appuntamenti a pagina 28) - domenica 5 settembre alle 17.15, ai chiostri francescani, di «La terra di Dante» con il giornalista Rai Alberto Puoti.
Tozzi affronterà il tema di un Dante osservatore del mondo naturale, uomo di una scienza inevitabilmente diversa da quella moderna, ma capace di farne il fondamento del proprio viaggio fantastico.
Tozzi, a Ravenna parlerà della terra di Dante, cosa ci racconterà?
«Non posso svelare tutto adesso, ma parlerò delle scienze della terra in Dante, cominciando dal piccolo mistero di dove sia nato Dante. Siamo proprio sicuri che sia nato a Firenze? Certe descrizioni, certi luoghi, così come la descrizione di fenomeni geotermici fanno pensare a Montegemoli, un piccolo borgo in provincia di Pisa. Gli studiosi infatti pensano a qualche località in cui le manifestazioni geotermiche erano molto evidenti, vista la realistica vivacità con cui il poeta rende i tratti di un territorio che parrebbe essere proprio quello».
Qual è l’interesse dei geologi per Dante?
«Chiaramente solo descrittivo. Fornisce però  delle indicazioni sui  terremoti, sulla prima frana, la gran Ruina dantesca. Si tratta del primo esempio letterario di descrizione di una frana, anzi di un crollo di massi rocciosi, e si riferisce a quella dei Lavini di Marco: la frana della Val Lagarina, nei pressi di Rovereto, caduta nell’883 con un fronte di oltre 6 km. Sui fenomeni naturali del periodo fornisce un’idea di come gli intellettuali si comportavano nei confronti della scienza. Quello che si sapeva al tempo Dante lo conosceva e ce lo racconta. E’ interessante come testimonianza, ha una mentalità scientifica che per fare il geologo è la cosa più importante. Del resto Dante scava una montagna per ’fare’ l’inferno, cosa c’è di più attinente al mondo dei geologi?».
Quando è nata la sua passione per il mestiere di geologo?
«I sassi lungo i fiumi: quando ero piccolo notavo che c’erano sassi bianchi e altri molto scuri, mi faceva pensare che provenissero da posti diversi. E poi, da piccolo, c’erano dei parenti che facevano gli speleologi e mi portavano nelle grotte. Mi piacevano molto le grotte, anche perché all’epoca non c’erano i caschi con la torcia, ma si usavano i caschi al carburo, facevano una fiammella che mi affascinava moltissimo. Poi al liceo ho fatto studi classici, ma alla fine sono finito all’università a fare scienza della terra».
Il territorio di Ravenna è soggetto alla subsidenza cosa si può fare per preservarlo?
«Bisogna farla finita di estrarre acque metanifere, dal sottosuolo non si può continuare a mungere acqua. Non si può tornare indietro perché il fenomeno è irreversibile. Però possiamo contenerlo».
Da Firenze a Ravenna, è stato organizzato Il Cammino di Dante. Che ne pensa di questo territorio?
«Un territorio che è rimasto abbastanza simile, anche se, al tempo di Dante, le foreste c’erano fino in pianura, non c’erano i castagni, c’erano faggi, querce, altri boschi primari che non ci sono più. E’ un territorio che si è molto rimboschito. Al tempo di Dante stava cominciando un disboscamento furioso, culminato nel Rinascimento quando si tagliavano tanti alberi: in quel periodo è cresciuto molto il dissesto idrogeologico, serviva legname per fare i navigli, le case, combustibile, le fortificazioni».
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