Il filosofo Rocco Ronchi spiega cosa significa la gioia da Dante ai giorni nostri

Elena Nencini
All’interno delle iniziative per le celebrazioni dantesche è previsto sabato 26 nella sala Muratori della Biblioteca Classense il convegno Riparare. Il tempo, la storia, la vita, …, a cura di Mensa, Università di Bologna, Regione Emilia Romagna e Comune di Ravenna, con diversi studiosi che proporranno il loro pensiero in campi diversi, sempre muovendosi sul filo del riparare, in questo caso a Ravenna si parlerà di questo tema coniugandolo con la figura di Dante Alighieri.
Rocco Ronchi, docente di filosofia teoretica, UnivAq, affronterà il tema La gioia, da Dante a Bergson, un tema che si dimostra attualissimo anche all’interno della società attuale.
Come mai ha scelto di parlare della gioia, partendo da Dante e arrivando fino a un filosofo dell’800 come Henry Bergson?
«Perché mi pare che la gioia sia una fase dell’intelligenza mistica. Sebbene Dante e Bergson non abbiano avuto dei rapporti, nel senso che Bergson non si è mai occupato di Dante, entrambi hanno avuto un interesse comune il misticismo, la visione mistica come visione beatifica, capace di dare gioia all’uomo».
Si può parlare oggi di visione mistica?
«Non so se oggi si possa parlare di visione mistica. Non so se è possibile ma è necessario, perché per visione mistica non si intende una visione sovrarazionale, ma un modo di stare nel mondo, di additare la propria vita. É una maniera di intendere la vita in modo pieno e completo, è necessario avere una pienezza vitale, un’aderenza all’esistenza.
Forse oggi non ci sono più le condizioni, ma la gioia, intesa in questo senso, è assolutamente necessaria per una vita umana completa».
Qual è l’attinenza di Dante al tema del ‘riparare’, titolo del convegno?
«Non so esattamente come Dante sia inserito in questo contesto, ma penso che in ogni caso per Dante l’esperienza della bellezza e la frequentazione di essa siano una terapia.
Un modo per guarire, per ritrovare un’attitudine corretta nel mondo».
Qual è l’attualità di Dante all’interno della nostra società?
L’attualità di Dante, a mio parere, è indiscutibile: nella misura in cui l’intera Comedia è una grande operazione speculativa che mira a produrre una trasformazione nel suo lettore e nel suo stesso protagonista.
E’ un itinerario della mente verso Dio, ed è uno dei sensi della pratica filosofic, la quale cerca proprio un punto di contatto tra umano e divino. Del resto il lettore dell’opera dantesca è lui stesso implicato in una trasformazione personale».
Nella società contemporanea come è considerata la gioia?
«Dipende cosa si intende per gioia: se per gioia si intende uno stato di distrazione da quello che sono i problemi della vita quotidiana allora vi è una promozione incessante di questa gioia nella nostra società. Però è un’allegria da naufraghi.
Se invece si intende una condizione di beatitudo, di pienezza e di conciliazione con la realtà allora non è affatto promossa dalla società attuale che invece dà spazio a situazioni di ansia e di paura».