Il curatore Medica spiega la mostra a San Romualdo: «Un viaggio per tappe»

Ravenna | 08 Maggio 2021 Cultura
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Elena Nencini
Sarà un viaggio attraverso l’esilio del Sommo Poeta – da Firenze fino a Venezia - quello compiuto dalla mostra Dante. Gli occhi e la mente. Le Arti al tempo dell’esilio presso la chiesa di San Romualdo a Ravenna, 7 sezioni, quasi 50 opere che raccontano il percorso spirituale, artistico e umano fatto da Dante dopo la cacciata da Firenze. La mostra – voluta da Comune di Ravenna, assessorato alla cultura e  Museo d’Arte della Città, in occasione del VII centenario della morte di Dante, sarà visitabile dal 8 maggio al 4 luglio.
A curarla Massimo Medica, direttore dei Musei Civici d’Arte Antica di Bologna, che spiega cosa vedremo.  
Quanto Dante può essere stato influenzato dall’arte del suo tempo?
«È la stessa Commedia e anche altri testi di Dante che ci confermano questo. La mostra si occupa in particolare modo dell’esilio, un periodo particolarmente difficile per il Poeta, ma anche un periodo di formazione in cui compone le opere più importanti e  gli ultimi 13 canti del Paradiso. La Divina Commedia è ricchissima di suggestioni figurali: molti hanno notato la capacità del poeta di pensare direttamente per immagini, attingendo, a un repertorio che certamente doveva comprendere anche le esperienze figurative. E questo soprattutto se si considera che egli era nato e vissuto a Firenze, città che dalla metà del XIII secolo in avanti aveva vissuto una notevolissima fioritura artistica, culminata con l’esperienza di Cimabue e poi con quella sorprendente dell’allievo Giotto, di cui Dante dovette conoscere le opere, come attesta il celeberrimo passo del Purgatorio. La mostra vuole ripercorrere le tappe dell’esilio, dal  viaggio a Roma fino a quello di Venezia e alla morte, 20 anni di peregrinazioni in varie città dell’Italia centro settentrionale, che stavano vivendo momenti di grande fioritura. Dopo la prima sezione dedicata a Firenze prima dell’esilio, passiamo al viaggio a Roma e all’incontro con Bonifacio VIII, suo acerrimo nemico per tutta la vita, responsabile del suo esilio, con affreschi e mosaici dalla antica basilica vaticana. Poi l’esilio e il viaggio a Forlì con la signoria degli Oderlaffi e poi a Verona, sotto la protezione degli Scaligeri, dove trova una città in grande sviluppo artistico  e culturale grazie a Cangrande. Poi Bologna, Pisa, Lucca e infine Ravenna. 
In quest’ultima era andato da poco al potere Guido Novello da Polenta, in grado di garantire alla città un periodo di relativa pace e stabilità, speso soprattutto a coltivare e a promuovere la cultura di corte, e le imprese artistiche. La mostra si chiude con una mariegola veneziana, che testimonia il viaggio fatale del Poeta proprio a Venezia». 
La Madonna in trono con il bambino è l’emblema della mostra. Qual  è il suo valore artistico?
«Innanzitutto il fatto della sua accertata presenza a Ravenna (nella prima tomba del poeta dentro San Francesco nda) e che le testimonianze scultoree sono praticamente nulle in questo periodo. E’ stata ipotizzata una maestranza veneziana-ravennate che ci da’ un’idea dei rapporti della città bizantina con la Serenissima: non sappiamo per chi e dove fosse stata creata, ma è una testimonianza di quella tradizione bizantina che aggiorna i modelli interpretandoli con vigore e naturalismo, secondo una sensibilità già tutta occidentale e gotica».
Quale opera le dispiace non sia in mostra?
«Ci sono chiaramente delle opere che sono inamovibili come i mosaici della cupola di San Giovanni a Firenze, che Dante vide sicuramente. Il periodo di pandemia non ci ha facilitato, anche perché la mostra doveva inaugurare a ottobre scorso. Mi è dispiaciuto non avere la Bibbia di Gerona perché è uno dei capolavori della miniatura di quell’epoca. Ma devo dire che invece sono arrivate tante opere che non mi aspettavo, in molti sono stati generosi, come il polittico di Badia di Giotto dagli Uffizi. Credo che uno dei pezzi più belli in mostra sia l’altarolo in marmo del maestro di Sant’Anastasia, quanto di più lontano dal gusto antico e classico, lontano dai toscani e dalle grandi novità». 
Quando ha ri-scoperto Dante, dopo la scuola? 
«La mostra è stata l’occasione di mettersi a rileggere le opere di Dante e la Divina Commedia con occhio diverso. In particolare ho cominciato a leggere le biografie del Poeta, anche se quest’anno di pandemia ci ha portato via dantisti come Marco Santagata, autore di una delle più belle biografie su Dante, o come Emilio Pasquini.  Leggere e rileggere Dante anche da questo punto di vista è stato un piacere, inoltre la lettura delle biografie mi ha fatto capire anche cose nuove». 
Orari: 10-19 (dal martedì alla domenica, lunedì chiuso).
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