«Dati alla mano, i teatri sono luoghi sicuri» per Argnani (Ravenna Teatro)

Ravenna | 31 Ottobre 2020 Cultura
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Una recita straordinaria quella di domenica scorsa al Teatro Rasi, decisa all’ultimo momento, in risposta alle restrizioni del nuovo decreto anticovid che ha chiuso i sipari, fino al 24 novembre. Così Giulietta e Romeo non sono morti degli attori Caruso & Garante ha voluto comunque la possibilità di svolgersi sul palco del Teatro Rasi per il prologo di Ravenna-viso in aria, che adesso è stata sospesa. Alessandro Argnani, co-direttore artistico insieme a Marcella Nonni, di Ravenna Teatro commenta la situazione.
In clima che si respira non è facile.
«Si. Mentre questa primavera, in responsabilità, tutti abbiamo rispettato la massima attenzione per proteggerci da questa tremenda epidemia. Però oggi non possiamo a fare meno dei luoghi di cultura, non possiamo fare a meno di teatri e cinema. Perchè farne a meno significa considerare questi luoghi non indispensabili, quando - e i dati parlano chiaro - da quando sono stati aperti i teatri sono luoghi in sicurezza, dove il contagio è stato bassissimo. Si parla di 1 contagiato. Significa alimentare le distanze, alimentare la paura, pensare a chi lavora nel mondo dello spettacolo in ginocchio non solo in senso economico, ma perché non possono fare il loro lavoro perché non sono state prese le precauzioni necessarie per salvaguardarci. E poi non possiamo pensare che tutti i luoghi e i territori siano uguali. Bisogna prendere gli accorgimenti rispetto ai vari territori. A malincuore dobbiamo gridare contro a questa scelta che ci dice che si può fare a meno di noi. Non possiamo fare a meno della bellezza».
Eravate ripartiti, dopo il lockdown, con un prologo di Ravenna-viso in aria. Come mai?
«Avevamo immaginato questo prologo come un modo per essere vicini a chi non aveva altra possibilità, era un prologo legato alla nostra città. Per tenere accesa la fiamma, per fare lavorare le compagnie locali, per non creare spostamenti, con le persone diminuite in platea. Noi non possiamo immaginare che il teatro diventi una piattaforma alla Netflix: abbiamo bisogno della presenza del pubblico anche perché l’Italia vive di esperienze eccezionali che stanno ai margini, fuori dalle grandi città e sono esperienze  importanti. Abbiamo debuttato a Castrovillari, uno dei festival più importanti d’Europa per la qualità, per le possibilità che dà al territorio. Eppure non è considerato un grande evento, non andrebbe su Netflix. Si è considerata la cultura come un evento e oggi raccogliamo questa semina, siamo considerati al pari di esperienze come fiere e sagre. Fateci lavorare, a noi, alle nostre famiglie e a chi crede che il teatro sia ancora un luogo dove crescere». (e.nen).
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