AMARCORD ZACCAGNINI | Rivola (ex dirigente Dc): "Così Benigno mi insegnò a stare al mondo"

Ravenna | 03 Novembre 2019 Cronaca
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«“O è tensione morale o non è politica”, questo è stato l’insegnamento più grande che Benigno mi ha lasciato in tanti anni di militanza». Pier Antonio Rivola, ex presidente del Mic oltre che dirigente romagnolo della Dc per anni, ricorda così il periodo in cui lavorò a fianco di Benigno Zaccagnini, che era originario di Faenza.
Rivola, come conobbe Zaccagnini?
«Io l’ho conosciuto nel 1965 perché il parroco di Riolo Terme don Vincenzo Parlombani era stato amico di Benigno durante la Resistenza. Zaccagnini era di Faenza, ma aveva una casa sopra Casola. Una sera il parroco mi accompagnò da lui. Cominciò così la mia militanza nella Dc. Lui mi trattò sempre molto garbatamente e mi insegnò moltissimo. Io in quegli anni andai a lavorare a Novara, poi nel 1970 fui trasferito in provincia di Ravenna e quando tornai mi inscrissi alla Dc».  
Lei diventò poi segretario provinciale della Dc. Zaccagnini rimase un suo punto di riferimento o no?
«Diventai segretario provinciale nel 1976, nel congresso nazionale fui l’unico eletto in provincia di Ravenna ad essere chiamato ad intervenire. Quando lo feci attaccai pesantemente Colombo e Gava e la sinistra mi applaudì. Il congresso fu però sospeso per i disordini che si crearono. Alla sera incontrai Zaccagnini, ero molto preoccupato di quello che avevo combinato, ma lui mi diede un buffetto sulla guancia dicendomi “Te un po’ esagere”. Benigno fu senza dubbio il mio padre politico».
La morte di Moro provò molto Zaccagnini. Che ricordo ha di quel periodo?
«Fu un periodo durissimo e molto doloroso. Il rapimento del presidente Moro creò in me molta disperazione, Zaccagnini invece cercava di rimanere sempre sereno e lucido, anche se soffrì moltissimo dal momento del rapimento in poi. Benigno era un uomo di grande spessore e non era affatto, come alcuni lo dipingevano, “il servo sciocco di Moro”».
Negli anni ‘80 Zaccagnini come cambiò?
«Lo stato di salute di Zaccagnini si incrinò dopo la morte di Moro, divenne più serio. Ricordo però che nel 1985 mi presentai alle Regionali dove presi tante preferenze (12mila circa) e lui mi disse: “Ciò, hai preso 1000 voti in più di me”. Amava scherzare ancora. Io posso solo ringraziarlo perché mi ha dato tantissimo, mi ha insegnato a stare al mondo e mi diceva spesso che ero troppo irruento, ma il mio carattere purtroppo non è riuscito a cambiarlo». (m.p.)
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