Giuseppe Bellosi recita per ricordare Nadiani da Bertaccini. Non lo farà più
Federico Savini
«Con il recital del 27 luglio alla Bottega Bertaccini concludo la mia attività di voce recitante durata un quarto di secolo e mi congedo dal pubblico che mi ha seguito benevolmente in tutti questi anni e che ringrazio». E’ arrivato come un fulmine a ciel sereno, a mezzogiorno di venerdì 20 luglio, direttamente dalla pagina facebook del diretto interessato, l’annuncio dell’addio alle recite di Giuseppe Bellosi, figura eminente della dialettologia romagnola, che ha destato un certo sconcerto fra i cultori dell’ambito.
Bibliotecario a Fusignano, poeta dialettale e soprattutto studioso sine pari delle tradizioni e della poesia colta romagnola – la divulgazione dell’opera di Raffaello Baldini, per non fare che un nome cubitale, la dobbiamo a lui, che lo pubblicò in un’antologia curata insieme a Gianni Quandamatteo nel remoto 1976 -, da un quarto di secolo il 64enne Giuseppe Bellosi si è fatto notare anche come istrionico performer, con doti recitative e attoriali non comuni. Al punto che la sua agenda era sempre fittissima di appuntamenti in tutta la Romagna, tanto più importanti quanto più Bellosi evitava di snobbare le piccole e piccolissime piazze, anche perché la divulgazione capillare della poesia e della tradizionale romagnola – attraverso i libri come gli spettacoli – è sempre stata la sua grande missione. Venerdì 27 luglio, alle 21 alla bottega Bertaccini di Faenza, Bellosi parteciperà alla serata di parole e musica che ricorda, a due anni dalla scomparsa, Giovanni Nadiani, altra eclettica figura di primissimo piano per la dialettologia nostrana. All’evento prenderanno parte la lettrice Cristina Vespignani e i musicisti del Duo Baguette, per intraprendere un tra Francia, Est-Europa e Italia; un modo pertinente di rievocare le passioni di Nadiani, che testimonia come la passione scenica di Bellosi non si limiti alla mera lettura – peraltro di livello di stellare -, ma ad un’idea teatrale e nobile del dialetto recitato. Quello di oggi, insomma, appare un ritiro all’apice.
«Ma no, davvero sono stanco, dopo tutti questi anni – risponde Bellosi, ridendo, da Bologna -. E’ circa un quarto di secolo che faccio recital dialettali in modo continuativo. Diciamo che ho scelto di tirare io i remi in barca prima che siano le circostanze a obbligarmi! – ride, nda -. Semplicemente, mi sono reso conto che è ora di smettere. Non voglio diventare un patetico vecchio attore».
Quest’ultima serata per Nadiani è buon commiato, però…
«Credo proprio di sì, chiudo omaggiando un amico scomparso, uno che lo merita davvero».
Di sicuro non è una scelta facile. Anche perché Bellosi non nasce attore. Come scelse di coltivare con questa vena attoriale 25 anni fa?
«Capitò di dover presentare in giro l’antologia Le radici e il sogno, una raccolta scelta di versi di poeti romagnoli che curarono Nevio Spadoni e Luciano Benini Sforza per Moby Dick. Per le presentazioni ci rivolgevano, a seconda del territorio, ad attori del posto, in genere scelti fra quelli del teatro dialettale. Solo che non sempre si rivelavano adatti, in fondo il linguaggio poetico è un’altra cosa. Così, insieme a Nevio, abbiamo cominciato a fare da lettori per quelle poesie. Cominciammo a fare recital insieme».
Recital che però evolvettero velocemente in veri spettacoli…
«Beh, io sono più a mio agio a chiamarli recital però è vero che spesso si trattava di spettacoli. In particolare l’incontro con Matteo Salerno e i musicisti a lui vicini mi ha permesso di integrare anche la musica, a compendio delle letture. Per un lungo periodo, questi spettacoli venivano finanziati dalla Provincia e altri enti locali; la cosa è determinante perché la parte musicale ha giocoforza un certo costo, a differenza delle semplici letture. Il venir meno di questi finanziamenti ha comportato anche un calo delle serate. Negli ultimi anni già facevo meno spettacoli che in passato».
Il lavoro da studioso e ricercatore va avanti?
«Vanno avanti gli scritti tecnici, perché con la poesia ho già chiuso da qualche anno (l’ultima pubblicazione è Requiem, del 2013, che fu anche oggetto di una trasposizione scenica, nda). E non faccio neanche più curatele. Però, per l’editore Longo, faccio l’editor e proprio adesso sono a Bologna, con il professor Renzo Cremante, per la revisione editoriale della nuova edizione di un caposaldo come i Sonetti Romagnoli di Olindo Guerrini. E’ un lavoro di tipo tecnico, come dicevo».