Faenza, Dalmonte, gruppo Caviro: «Flessibilità per far fronte a tutte le incognite»

Faenza | 19 Febbraio 2022 Economia
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«Noi tutti mettiamo la difesa della salute in cima alle priorità. Tuttavia, l’impostazione prevista dalla prima stesura del Piano anticancro era rozza, superficiale e non teneva conto della differenza tra uso e abuso» commenta Carlo Dalmonte, presidente del gruppo Caviro.
«Il vino - aggiunge - è parte della nostra cultura, della nostra dieta, oltre a dare lavoro a centinaia di migliaia di persone. Tutti gli alimenti, quando se ne abusa, possono essere pericolosi. Mentre il bacino mediterraneo convive con un consumo moderato di vino da millenni. Anche l’introduzione di nuove tassazioni, con l’idea di limitare il consumo di vino, è un approccio sbagliato: forse qualcuno vuol dare per scontato che i cittadini siano incapaci di intendere e volere. Siamo il popolo più longevo della terra, assieme al Giappone, ma siamo quello che consuma più vino pro capite. Cosa diversa sono i paesi del Nord Europa che, per diverse ragioni, devono affrontare le criticità di un alcolismo non legato al vino. Ben venga la, allora, la corretta informazione che fa leva sull’intelligenza e la responsabilità delle persone. Senza dimenticare che il vino italiano, se pensiamo alla sola economia diretta, vale 13 miliardi di euro di fatturato all’anno».  
Come è andato il 2021?
«I conti esatti si faranno nei prossimi mesi, ma possiamo essere soddisfatti. Il 2021 è stata la somma di tanti imprevisti e cambiamenti repentini. Il nostro impegno è stato quello di farci trovare pronti settimana dopo settimana. Per quanto riguarda il vino, nel mercato domestico abbiamo visto brusche frenate assieme a clamorose accelerazioni mentre l’export è andato molto bene. Per quanto riguarda le nostre attività non strettamente legate alla produzione di vino, invece, la soddisfazione è ancora maggiore. Tutto quello che è legato all’economia circolare, ai mosti e alla produzione di energia, come si può immaginare, ha dato risultati eccellenti. Le incognite, però, non sono ancora finite».
Previsioni per il 2022?
«Partiamo con un rincaro generalizzato dei fattori di produzione. Il primo aspetto riguarda i costi dell’energia: un andamento devastante, che riguarda tutti i settori e che abbiamo potuto compensare grazie alla nostra produzione interna. Tuttavia, questi rincari hanno provocato tensioni in tutti i fattori della produzione, dai trasporti all’approvvigionamento dei materiali come vetro, etichette, cartoni... Tutto questo si traduce in maggiori costi e, di conseguenza, non è semplice ricontrattare i prezzi con la grande distribuzione. Servirebbe un ‘patto di filiera’ che guardi avanti e garantisca tutti gli anelli della catena: penso, in particolare, alla tutela dei nostri produttori. Quando chiediamo degli aumenti, non lo facciamo per speculare: lo facciamo per tutelare gli agricoltori che conferiscono i frutti del loro lavoro e devono fare i conti con una vendemmia scarsa e costi lievitati. Un momento difficile, inaugurato lo scorso autunno, di cui non si vede ancora la fine. Questo mi porta a pensare che il ritorno alla normalità sia ancora lontano. Siamo stanchi, come tutti, ma abbiamo dimostrato che, nonostante le dimensioni, la nostra realtà sia in grado di reagire con grande flessibilità di fronte a tutte le incognite che si presenteranno davanti a noi». (s.sta.)
Nella foto Carlo Dalmonte con Paolo De Castro 
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