Vinitaly, bilancio positivo per le cantine romagnole, Cevico e Caviro preoccupate per l'export perso fra Ucraina e Russia

Emilia Romagna | 16 Aprile 2022 Economia
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Riccardo Isola - Il sistema vitivinicolo è ripartito, almeno dal punto della promozione a livello internazionale, in presenza, all’interno della quattro giorni veronese del Vinitaly. Lo ha fatto nel padiglione 1’Emilia Romagna, una superficie coperta di oltre 2.000 metri quadrati, in cui 120 aziende del territorio, molte delle quali romagnole, hanno fatto assaggiare i propri vini, hanno ripreso face to face le relazioni con buyers nazionali e internazionali, operatori del settore e wine lovers. Un successo, almeno dopo due anni di stand by prolungato, che ha minato fatturati e visibilità del made in vigna regionale. Lo confermano soprattutto i due grandi gruppi cooperativi presenti con i loro stand, Caviro e Cevico, che in questa parentesi veneta hanno ripreso dialoghi temporanemente sospesi. Se oltre ai riflessi legati della pandemia da Covid, si aggiungono anche i recenti fatti bellici in Ucraina la boccata di ossigeno di questa 54ma edizione diventa quantomai vitale. Per i bilanci, reputazione e permeabilità delle produzioni enologiche locali.

NANNETTI (CEVICO)
«Il Vinitaly è per sua natura - sottolinea il presidente di Terre Cevico, Marco Nannetti - è un momento fondamentale per la promozione di un territorio imprtante dal punto enologico come la Romagna». Sulla questione crisi però anche le grandi cooperative non possono rimanere indifferenti. «Nascondere il fatto che dopo la pandemia, il rapporto Beca della Comissione europea che vede il vino doversi difendere ulteriormente da attacchi pretestuosi, adesso c’è anche la situazione Ucraina. Una tempesta perfetta – conferma Nannetti – che ha conseguenze dirette anche dal punto di vista dei bilanci aziendali. Nel caso specifico di Terre Cevico - prosegue - il comparto export legato ai Paesi oggi purtroppo colpiti dalla guerra, quindi Ucraina, Russia e per riflesso Bielorussia ne sta risentendo. Stiamo parlando di consolidato del gruppo di 5 milioni di euro. L’impatto che questa guerra sta portando è quella di una brusca frenata che stiamo cercando di riequilibrare in altri contesti, soprattutto in nord Europa grazie a un’offerta multi regionale che come Terre Cevico riusciamo a offrire, ma che ci porterà, comunque per quell’area, una perdita a budget del 70%. Il Vinitaly di quest’anno - conclude il presidente - sta rappresentando uno strumento economico, di business, fondamentale per un prodotto che ha nelle relazioni interpersonali il successo economico stesso». I questi due anni si è andato avanti per inerzia, e il Vinitaly è la spinta propulsiva che però si deve, almeno in fiera, definire, e lo sottolineano tutti gli operatori «e ancora di più un momento più business to business».

DALMONTE (CAVIRO)
Stessa considerazione arriva anche dal Gruppo Caviro. Per il presidente Carlo Dalmonte «questo Vinitaly è l’evento simbolico della ripresa. Non è cosa banale e scontata. Soprattutto alla luce del fatto che la situazione internazionale ci mette di fronte a ulteriori e inattese crisi come quella ucraino-russa. Noi siamo nell’economia reale e al centro ci sono i nostri agricoltori soci che hanno bisogno di massimimazzare il prorpio reddito. Il Vinitaly può essere uno strumento di straordinaria capacità propositiva, e lo stiamo vedendo, anche con un nostro rinnovato e importante sforzo d’investimento». Sulla situazione congiunurale legata ai palcoscenici di guerra oltre confine il presidente Dalmonte «l’export in quei Paesi è sempre stato importante, stiamo parlando di alcuni milioni di euro, con la Russia a fare la voce più grossa. Non siamo particolarmente esposti, è tra i primi ma non primissimi ambiti di sbocco per il nostro mercato, che ricordiamo si indirizza su export in 80 paesi del mondo. Il vino non è sotto embargo, ma è la questione dei flussi finanziari che si è fermata. Lanciando anche qualche preoccupazione per il pendente sul quale stiamo cercando di capire e valutare in termini di volumi. Purtroppo – conclude Dalmonte - a breve non vediamo una fine».
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