Ravenna, Flavia Sansoni (Mistral): «100 volontari in campo, un lavoro che dura da 30 anni»

Emilia Romagna | 18 Maggio 2024 Cronaca
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Elena Nencini
30 anni di l’associazione di volontari di Protezione civile di Ravenna. Rc Mistral compie 30 anni, nata nel luglio del 1994 conta circa 100 volontari e si occupa di aiutare non solo nelle emergenze, ma anche nella vita di tutti i giorni
Flavia Sansoni, segretario dell’associazione, spiega cosa hanno significato questi 30 anni, in cui tantissimi volontari sono passati per l’associazione.
30 anni di Mistral, cosa significa?
«Significa fatica, impegno, dedizione al proprio territorio e significa credere nella Protezione civile e nel valore di fare la propria parte, perché la res publica, la cosa pubblica, siamo noi».
Partiamo allora dall’inizio che cosa è la Protezione civile?
«Con “Protezione civile” si intendono tutte le strutture e le attività messe in campo dallo Stato per tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi. A questo concorrono anche le associazioni di volontari come la nostra: io credo che essere volontari in questo settore sia una scelta di vita, anche perché fare protezione civile non è solo il momento dell’emergenza: bisogna manutenere l’attrezzatura e i mezzi, tenerci allenati e preparati, un lavoro sotterraneo ma fondamentale. 
Certo in emergenza aiuta essere sotto pressione, avere l’adrenalina: nel periodo dell’alluvione abbiamo mangiato in piedi per un mese e mezzo. Ci da energia quando aiutiamo qualcuno: ma allo stesso tempo ti si spezza il cuore. Come scordare durante l’alluvione una signora che  in mezzo alla casa allagata mi ha detto “Per favore almeno salvami la foto di mio figlio che non c’è più”. Ho messo le mani nel fango per cercarla».
Che cosa è cambiato in questi 30 anni?
«E’ cambiata l’idea stessa di protezione civile, nata con l’anno dell’alluvione del 1966, inizialmente la Protezione civile arrivava a emergenza successa, portavi il tuo aiuto ma c’era urgenza. All’inizio mia mamma ci cuciva le divise a mano, non avevamo nulla. Oggi si dà importanza alla prevenzione, l’alluvione dello scorso anno ce lo ha dimostrato, abbiamo i piani di protezione civile, di emergenza di prevenzione, ma la fatica è tanta lo stesso
Fare protezione civile richiede una grande preparazione, una formazione specifica: non si diventa volontari di protezione civile in un giorno. In un giorno puoi trovare il coraggio per diventare volontario». 
Come è nata l’idea?
«Sono uno dei soci fondatori, siamo partiti in 12 e oggi siamo solo in 4, compreso il presidente, Daniele Rotatori, che è stato fatto cavaliere proprio per il suo impegno nella protezione civile. Penso che uno entri nella Protezione civile per fare la differenza. 
E’ nata da Daniele Rotatori e da mio padre Alfredo Sansoni. Mio padre era un romagnolo doc, in lui era insita la voglia di sostenere il territorio, utilizzando i cb e poi la cosa è cresciuta con il contributo e crederci di tanti cittadini che hanno incrociato la nostra strada. Oggi 96 volontari continuano a credere nella nostra idea». 
La prima emergenza di cui ti ricordi?
«A livello locale l’esondazione del canale Lama nel 1995 abbiamo messo i sacchi lungo la Lama per tutta la notte, ti rendi conto che i primi pesano in un modo, gli ultimi dopo due ore in un altro, eravamo bagnati, stanchi. 
Poi ci fu la prima alluvione del Polesine nel 1996, io non andai ma quando tornarono avevano le divise, i pantaloni da lavoro che erano diventati una statua di fango.  Il periodo del covid è stato straziante per il lato umano, c’erano tante persone sole e quando ti chiedevano di entrare per un caffè dovevi rispondere di no».
Un episodio che le è rimasto nel cuore?
«Terremoto delle Marche: il 23 dicembre andammo nella zona rossa a portare il fieno agli agricoltori, erano la garanzia di riuscire a passare l’inverno. Questa famiglia, con cui siamo rimasti in contatto, viveva in una roulotte. La signora ha messo una tovaglia linda di bucato  sul cofano della loro Panda scassata, e ha offerto ai volontari il vino, le olive ascolane e il pane che aveva fatto. Gli abbiamo detto di tenerlo per Natale e lei ci ha risposto “Oggi è Natale”. Per me che sono cattolica dividere il pane e il vino è un segno importante. In queste occasioni ti senti di avere fatto la tua parte per il tuo territorio. Penso che siamo un grande mosaico, se manca anche un solo pezzo si vede il buco».
Quali sono le attività che seguite?
«Faccio prima a dirle cosa non facciamo: ci sono naturalmente le emergenze, dai terremoti alle alluvioni, poi durante la quotidianità c’è la  manutenzione delle attrezzature, la convenzione con Polizia locale per i grandi eventi pubblici, una presenza quotidiana e costante sul territorio, con servizi sociali con un progetto con Coop Adriatica e Coop Alleanza per recuperare il non venduto e portarlo in  carcere e alle famiglie in difficoltà. Coop Alleanza anche durante l’alluvione ci ha dato coperte, lenzuola, non solo alimentare. Molte aziende hanno creduto in noi, come ha fatto la profumeria Sabbioni che ci ha donato un mezzo. E’ il riconoscimento di un impegno».
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