Pietro Damiani: il biografo di Romualdo che riformò la chiesa

Emilia Romagna | 16 Aprile 2022 Fata Storia
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Veronica Quarti - Per l’uscita di questa settimana ho deciso di raccontare della vita di Pietro Damiani, che ormai tutti conosciamo come San Pier Damiani: nato a Ravenna probabilmente nel 1007 (alcune fonti sostengono sia nato forse già alla fine dell’anno precedente). Considerata l’epoca, è alquanto strano che ad oggi si conosca più o meno con certezza l’anno in cui questo personaggio è nato: in realtà tale informazione è stato possibile ricavarla grazie ad una lettera scritta da Pier Damiani stesso, che rivelava di essere nato cinque anni dopo la morte dell’imperatore Ottone III (deceduto nel gennaio del 1002). E’ possibile comunque tracciare una linea temporale degli eventi che hanno caratterizzato la vita di Pier Damiani grazie alla biografia che scrisse il monaco Giovanni da Lodi, che era stato tra l’altro suo segretario personale.
Pietro faceva parte di una famiglia relativamente numerosa, perché aveva infatti sei fratelli tra cui Damiano (il maggiore), mentre Pier Damiani era l’ultimogenito: restò tuttavia orfano molto presto, e per questo fu cresciuto da una delle sorelle, e poi dal fratello secondogenito, quello di cui ancora non si conosce il nome di battesimo. L’esperienza presso la dimora del parente fu però disastrosa a quanto pare, perché il fratello maggiore lo costrinse a subire i peggiori trattamenti; dopo questa drammatica esperienza decise di raggiungere il fratello maggiore, che era diventato arciprete. Forse proprio dopo questa convivenza Pietro aggiunse al suo nome «Damiani».
La frequentazione del fratello più grande gli permise di intraprendere la strada ecclesiastica, anche perché si trattava anzitutto di curare l’educazione di Pietro, che era solo un ragazzino: a quindici anni si trovava a Faenza per scelta del fratello maggiore che voleva soprattutto allontanare Pietro dal secondogenito della famiglia, col quale appunto aveva vissuto un vero e proprio inferno. Nella città faentina Pietro rimase quattro anni, dal 1022 al 1025, terminando gli studi con successo.
Una volta concluso l’approfondimento del trivio e del quadrivio (discipline principali durante l’epoca medioevale) a Parma, Pietro ritornò a Ravenna in qualità di insegnante: è probabile che ebbe questo ruolo fino al 1035, mentre forse era già diventato chierico. L’ordinazione è da collocare in effetti proprio nel periodo in cui è rimasto a Ravenna; la vera vocazione che lo spinse a diventare un monaco la alimentò durante l’insegnamento, sebbene non avesse abbracciato allo stesso modo l’isolamento, anzi. Vivere in società era un desiderio che Pietro mantenne invariato: ciò che cambiò in lui fu lo spirito col quale intraprese il nuovo percorso, che lo spinse giornalmente a dedicarsi alla preghiera, al digiuno e ad opere di carità.
La sua fama da insegnante raggiunse la località di Fonte Avellana dove restò probabilmente per due anni, dal 1040 al 1042 circa: in quel contesto vestì i panni di magister dei novizi che appunto avevano intrapreso questo percorso monastico. Nel 1043, a seguito della morte del priore, venne nominato ufficialmente il successore del defunto Guido, essendo stato eletto da ben venti monaci: ricoprì questa carica per quattordici anni, fino al 1057.
In quanto priore Pier Damiani tentò la strada del rinnovamento: sottolineò l’importanza di una regola fissa da seguire, il cosiddetto «rigore dell’eremo», che tutti i monaci dovevano seguire, consistente in una vita di preghiera, di digiuno e di carità (quell’esistenza che lui stava seguendo con rispetto e dedizione). Pietro era però un uomo di grande cultura, e non a caso è stato il principale biografo di Romualdo, di cui abbiamo parlato in pochi articoli fa: in questo senso si occupò della realizzazione della biblioteca dell’eremo, promuovendo un rinnovamento culturale che doveva andare di pari passo a quello religioso. Ritornando alla figura di Pier Damiani in quanto riformatore della chiesa, è bene sottolineare che la sua opera si focalizzò su alcuni punti principali: a livello politico chiese che questa dimensione fosse privata di un qualsiasi significato ecclesiastico; la figura del Papa nel progetto di Pier Damiani era fondamentale, così come la sua autorità nell’ambito sacrale (era il suo, un tentativo di spogliare i vescovi di un qualsiasi potere temporale); infine la vita dei chierici, che era quasi passata in secondo piano all’epoca, doveva essere riformata e controllata, proponendo di fatto come modello proprio la vita monastica. Venne nominato vescovo nel 1057 ma dieci anni dopo chiese di ritornare a Fonte Avellana (permesso che gli fu accordato, ma a patto che rinunciasse a qualsiasi carica); all’inizio del 1072 ritornò a Ravenna per trovare un accordo con l’allora arcivescovo, protagonista di una polemica su Clemente III (antipapa), ma il suo viaggio riprese poco dopo finché un’improvvisa (e sconosciuta) malattia lo fece fermare a Faenza. Venne ospitato presso il monastero benedettino di Santa Maria Fuori le Mura dove morì nella notte tra il 21 e il 22 febbraio 1072; dapprima venne sepolto nella chiesa di quel monastero, dopodiché i suoi resti trovarono definitivo riposo presso la cattedrale di Faenza.
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