Parla Enrico Tedaldi (Il Sestante Romagna): «99% di occupazione per i nostri corsi a Ravenna»
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Elena Nencini
Migliorare la formazione dei giovani, ma non solo, integrando quelle che sono le competenze studiate sui libri con una esperienza diretta, sul campo, specie per quanto riguarda percorsi tecnici, con l’obiettivo di annodare filiere formative e filiere produttive.
Le richieste da parte delle aziende, in particolare per quello che riguarda l’ambito del porto, sono tante e ci si lamenta da tempo della mancanza di personale specializzato.
A Ravenna sono diversi i percorsi di studio, dalla scuola superiore con l’Itis Baldini e gli indirizzi di conduzione del mezzo navale e di logistica, fino all’università con la laurea triennale in Legge ad indirizzo logistico, trasporti e sistemi portuali e il Master ad indirizzo marittimo.
Il Sestante è la società di servizi di formazione di Confindustria Romagna, che si occupa dei territori di Ravenna, in rappresentanza di 900 imprese del territorio romagnolo, da quasi 10 anni presenta il corso Ifts «Tecnico della programmazione della produzione e logistica sostenibile e digitale», ripartito a pieno regime, con le visite ai terminal, soltanto ora.
A parlarci dei corsi de Il Sestante Romagna è il suo direttore Enrico Tedaldi.
E’ ripartito il corso Ifts rivolto alla logistica. Come sta andando?
«Dopo aver dovuto rinunciare alle visite ai terminal in piena pandemia, adesso siamo ripartiti, cercando di superare tutte le difficoltà legate al covid. Peccato che mentre prima - oltre alla scuola Pescarini - ci servivamo delle aule dell’Itis Baldini creando una sinergia e una mescolanza con i ragazzi dell’istituto, adesso non è possibile. Sono attualmente 22 i partecipanti, devono avere un diploma ed essere disoccupati, l’età è variabile tra i 19 e i 30 anni. C’è qualche laureato, sono corsi molto qualificati tanto che abbiamo un tasso di occupazione vicino al 99%, con persone che spesso decidono di rimettersi in gioco».
In periodo di pandemia c’è stato un aumento delle richieste?
«No, il grande problema che abbiamo non è tanto la risposta da parte delle aziende, ma delle persone. Quest’anno abbiamo avuto un’accelerazione alla fine, grazie a una promozione sui social. C’erano 45 iscritti alla selezione, e dobbiamo avviare il corso con almeno 20 partecipanti; in genere, per rispondere alle richieste delle aziende e non correre rischi, partiamo con un numero superiore, anche perché si rischia sempre di perderne qualcuno per strada, perché, nel frattempo, trova da lavorare».
Manca personale specializzato?
«E’ un problema che riguarda tutti i settori, dal turismo alla meccanica, all’informatica, alla chimica, al legno all’agroalimentare, sono tutti alla ricerca di personale tecnico che non trovano. Soprattutto in questo periodo in cui c’è stata – fino allo scoppio della guerra – una forte ripresa economica, il problema erano le risorse umane e le materie prime. Questa guerra ha bloccato molte cose con il forte aumento dei prezzi nei carburanti e nelle materie prime. Ci sono aziende che hanno riattivato la cassa integrazione perché l’energia e le materie prime sono aumentate enormemente. o perché le materie prime non si trovano e non riescono a lavorare».
Come è strutturato il corso di logistica?
«Cerchiamo di dare una risposta sia al settore della produzione che a quello della logistica: alla fine il tecnico che è stato formato deve sapersi occupare della pianificazione e gestione del processo produttivo, della gestione delle scorte fino alle competenze relazionali. Il corso prevede 800 ore di lezione, di cui 320 di stage in azienda. I docenti sono in parte docenti universitari, in parte liberi professionisti o provengono dal mondo delle aziende».
Chi partecipa tra aziende e enti?
«Il corso è gratuito in quanto finanziato dalla Regione Emilia- Romagna con il contributo del Fondo sociale Europeo. E’ replicato ogni anno, lo organizziamo insieme all’Istituto sui Trasporti e la Logistica Emilia Romagna. Sono tantissime le aziende che partecipano sparse sul territorio dall’Interporto di Bologna, a Dinazzano Po a Lugo Terminal a Tcr, alla Petrolifera italo rumena, per fare alcuni nomi. Oltre al dipartimento di Ingegneria Industriale e al Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’università di Bologna».
Avete altri corsi in questo settore?
«Stiamo aspettando l’approvazione dalla Regione di un percorso di formazione superiore, che è simile, ma un livello leggermente più alto, rivolto a persone con competenze maggiori che ci auguriamo parta tra luglio e settembre. Abbiamo anche un corso Its di due anni per Red (Renewable Energy Development) Tecnico Superiore per la Gestione di Sistemi Energetici 4.0 Sostenibili, una figura professionale che andrà parecchio nei prossimi anni visto che si occupa di risparmio energetico di sistemi, impianti, siti produttivi, promuovendo e valorizzando sistemi di produzione da rinnovabili. Inoltre ne è partito uno anche sul green, sull’energia circolare, sul recupero, peccato facciamo molta fatica a trovare gli iscritti perché sono percorsi lunghi che impegnano molto. Questi due percorsi sono realizzati insieme ad altri enti di formazione del territorio (Ecipar, Formart, Irecoop, Sviluppo Pmi) che sono soci della fondazione Itstec».
Da cosa pensa possa dipendere?
«Manca sicuramente una cultura del lavoro, alle volte non vengono nemmeno i ragazzi ad informarsi sui corsi, ma mandano i genitori a fare il colloquio: una volta il lavoro era un luogo dove si poteva trovare una soddisfazione personale, adesso è visto solo come un obbligo perciò finché posso non lavoro. Bisognerebbe partire dall’orientamento dei giovani fin dalle scuole elementari e medi, per fare emergere il loro talento e far crescere la cultura del lavoro».