MalaRomagna, Amato, procuratore capo Dda di Bologna: «La criminalità ha cambiato modus operandi, serve più attenzione»

Emilia Romagna | 07 Novembre 2021 Cronaca
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Marianna Carnoli - Nell’ultimo mese la nostra regione ha registrato diversi arresti per associazione mafiosa. Ne abbiamo parlato con il Procuratore capo di Bologna, nonché responsabile della Direzione distrettuale antimafia, Giuseppe Amato.
Sono state diverse le operazioni che hanno visto impegnate le forze dell’ordine nella lotta alla mafia come «Mala Pigna», che ha portato al sequestro di alcune aziende impegnate nel trattamento dei rifiuti tra cui una con sede a Ravenna, o «Malavigna» che ha visto coinvolto un imprenditore faentino o al recente acquisto di alcuni immobili a Bagno di Romagna nel forlivese da parte della famiglia Casamonica.
Procuratore Amato, cosa comporta questo per la nostra regione, come viene coinvolta l’Emilia Romagna?
«Da anni, anche da prima del processo Aemilia, abbiamo messo in atto una serie di operazioni giudiziarie e molte misure di prevenzione patrimoniali dopo aver intercettato, in maniera assolutamente pacifica, un’infiltrazione sia della ‘Ndrangheta, ma anche della Camorra che dimostra come l’Emilia Romagna sia appetibile per le associazioni criminali, cosa che capita a tutte le regioni con un’economia viva. Il nostro sforzo è quello di avere un’attenzione particolare ai reati economico-finanziari che sono la spia di un’infiltrazione della criminalità organizzata: siamo ampiamente attrezzati sia come forze dell’ordine che come Direzione Distrettuale e questo anche perché da qualche anno abbiamo cambiato la competenza di quest’ultima per garantire un maggiore contatto con il territorio. I procedimenti che portiamo avanti nelle diverse sedi della regione, in primis nel modenese, nel reggiano e nel parmigiano sono già arrivati all’affermazione della responsabilità con una coincidenza tra la richiesta della Procura e le decisioni dei vari tribunali».
Il territorio ravennate ha un’economia viva pertanto è considerato una zona a rischio da tenere monitorata per eventuali infiltrazioni mafiose, soprattutto il porto. Qui la criminalità organizzata potrebbe tentare di sfruttare una condizione di crisi legata al Covid?
«E’ possibilissimo. Già in ambito provinciale le Prefetture hanno attivato le diverse forze di polizia, in primis la Guardia di Finanza, per monitorare le movimentazioni di natura economica. Gli imprenditori potrebbero, infatti, venire avvicinati da soggetti che hanno disponibilità liquide molto forti, sia nell’ambito usurario che in quello dell’acquisizione dell’impresa soprattutto con la volontà di spogliare l’attività e portarla al fallimento. Il rischio potenziale dunque c’è, ma le forze di polizia, deputate a muoversi in maniera preventiva e coordinate in ambito provinciale dal Prefetto, sono in campo. E’ capitato, ma non nella nostra regione, che i fondi governativi di sostegno legati alla pandemia siano arrivati ad imprese riguardate da interdittive antimafia».
Uno studio regionale tratto dalla banca dati nazionale della Banca d’Italia ha collocato Ravenna ai vertici in regione per il riciclaggio, con un aumento del 64% registrato solo nell’ultimo anno. Dal vostro osservatorio qual è la situazione?
«Il riciclaggio è il reato più serio che caratterizza le condotte illecite di cui parlavamo e che mirano al reimpiego di proventi delittuosi, una volta ripuliti, nel circuito economico lecito. I dati statistici comunque vanno sempre presi cum grano salis visto che spesso viene considerato “riciclaggio” la semplice segnalazione di un’operazione sospetta. Anche se spetta alla Procura di Ravenna confermarlo, dubito che la città abbia registrato una crescita così esponenziale dei reati di riciclaggio visto che lo studio ha avuto una finalità puramente economica. Un conto, infatti, è la “segnalazione” ossia l’indice di una condotta che può sfociare in un riciclaggio, un conto è il reato accertato. Esemplifico: alcune procure quando trovano una persona morta in casa senza evidenti segni di violenza sul corpo prendono in carico il decesso e per effettuare l’autopsia devono aprire un fascicolo per omicidio volontario, un atto strumentale solo per poter effettuare l’accertamento sanitario. Così, alla fine dell’anno, se si guardano i dati statistici, una procura di medio-piccole dimensioni può aver registrato un alto numero di omicidi quando, in realtà, ce ne può essere stato solo uno a fronte di diversi fascicoli aperti. Lo sforzo può valere anche per la disamina relativa al riciclaggio: i dati puramente statistici non sempre sono calzanti».
La criminalità organizzata ha cambiato modus operandi negli anni. Oggi, infatti, non assistiamo più solo a violenza o aggressione materiale sul territorio, ma l’associazione ha la capacità di essere contigua a fenomeni della società economica, politica, civile e quindi di avere tra le proprie fila l’imprenditore, il bancario, o il commercialista compiacente. Come intervenire?
«Negli anni le cose sono cambiate molto. Penso ancora al processo Aemilia che ha avuto un’evoluzione temporale pluriennale e dove abbiamo potuto notare un passaggio dai reati che erano tipicamente violenti come il danneggiamento, l’incendio e l’estorsione a reati quali riciclaggio, frodi fiscali ed intestazioni fittizie. Vi è stata un’evoluzione in un’ottica tipicamente economica con il coinvolgimento di una “zona grigia”, ossia tutti quei consulenti e complici utili al criminale per emettere fatture false o acquisti di società o ancora operazioni finalizzate alla bancarotta di un’azienda. E così la mafia diventa una “mafia di relazione” perché ha necessità di entrare in contatto con la realtà territoriale nella quale vuole infiltrarsi dal punto di vista economico. Penso che a questa evoluzione si sia arrivati per un dato di fatto: la criminalità, come chiunque svolge un’attività anche lecita, si indirizza verso i settori più convenienti. Quando le associazioni criminali hanno capito che non era più necessario utilizzare la violenza per infiltrarsi in un territorio, hanno iniziato ad intrecciare relazioni con personaggi compiacenti dell’area interessata e ad investire in settori dove vi era anche la possibilità di ripulire il provento illecito».
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