Intervista a Vincenzo Colla, assessore E-R alle Attività produttive: «Per le imprese in corso una transizione delicata, priorità sicurezza sul lavoro e investimenti green»

Emilia Romagna | 01 Luglio 2024 Economia
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Manuel Poletti - «E’ un momento di transizione delicato per l’economica, anche per quella regionale, che si conferma anche quest’anno fra le più virtuose d’Italia. Sicurezza sul lavoro? E’ al centro della nostra agenda, non può essere altrimenti, tenendo conto degli anni futuri. Su edilizia, agricoltura e logistica serve più attenzione. Il Patto per il lavoro e per il clima un grande risultato, per il futuro guardo alle analisi di Mario Draghi ed Enrico Letta in ambito europeo, disegnano traiettorie nuove, servono grandi investimenti green. Le Regionali? Giusto il percorso d’ascolto ampio individuato dal Pd».
In questa intervista a tutto campo l’assessore regionale alle Attività produttive Vincenzo Colla racconta come sta cambiando l’economia del territorio, ripercorrendo gli obiettivi principali raggiunti dalla giunta Bonaccini e guarda al futuro, identificando già alcune priorità per l’Emilia-Romagna.
Assessore Colla, nel 2024 è prevista una crescita del Pil regionale del +0,9%, rispetto ad una media dell’area euro del +0,5%. L’Emilia-Romagna assieme alla Lombardia guida così la classifica delle previsioni di crescita economica delle regioni italiane. Ma nel primo quadrimestre del 2024 in E-R c’è anche stata una crescita molto robusta della richiesta di Cassa integrazione da parte delle imprese. Come vanno letti questi dati, apparentemente contradditori?
«Il nostro ecosistema economico, sociale, istituzionale è molto resiliente, come è noto da tutti gli indicatori, ma si trova come tutti in un momento di transizione, che è il passaggio più difficile da gestire. Stiamo vivendo una rivoluzione digitale che ha una velocità impressionante e richiede un adeguamento continuo alle nuove tecnologie. Contemporaneamente dobbiamo fare un cambio di modello in senso sostenibile, perché quello che abbiamo adottato fino ad oggi sta causando problemi ambientali e disastri climatici chepurtroppo abbiamo visto anche in Romagna. Ovviamente in questo cambiamento, ormai ineluttabile, si può perdere tanto lavoro, ma anche crearne tanto. Qui sta l’obiettivo del nostro Patto per il Lavoro e per il Clima: tenere insieme digitalizzazione, ambiente e lavoro, guardando alle nuove strade che si aprono grazie alle nuove competenze a tutti i livelli. È la gestione di questo passaggio dal tradizionale all’innovazione il compito più difficile che stiamo cercando di portare avanti puntando soprattutto sulle competenze e sui saperi. In questo contesto vanno evitate le polarizzazioni sociali e territoriali. Stiamo intervenendo con diversi bandi per portare dentro questo cambiamento anche le nostre pmi e aziende artigiane, perché chi pensa di continuare a competere sul costo del lavoro o borderline sul fisco, alla fine uscirà dal mercato, con tutte le conseguenze sul piano occupazionale. Poi è chiaro che abbiamo anche dei casi di finanza rapace, che pensa più alla borsa che a fare valore aggiunto e creare lavoro, ed è quella che noi non vogliamo in questa regione. Fortunatamente, invece, abbiamo un ecosistema fatto di finanza buona e un sistema imprenditoriale sano e di qualità che ha compreso subito la necessità degli investimenti digitali e green e sta continuando a competere nel mondo a un livello alto, garantendo buona occupazione. Da qui le previsioni di crescita che avete evidenziato».
Fino al 2026 almeno ci sarà una crescita dei cantieri legati al Pnrr su tutto il territorio regionale e non solo, pena la restituzione delle risorse europee. Il tema della sicurezza e dei morti sui luoghi di lavoro sarà centrale anche nella prossima campagna elettorale. Come migliorare una situazione che è critica anche in E-R?
«Il tema della sicurezza sul lavoro è al centro dell’attenzione di questa Regione. Non a caso, dopo il Patto per il Lavoro e per il Clima, abbiamo firmato il Patto per la tutela della salute e della sicurezza sul Lavoro, che è stato poi declinato ai vari livelli provinciali. Dobbiamo fare in modo che si diffonda una cultura della sicurezza, a partire dalla formazione e dai comportamenti. Sappiamo che i tre settori dove si verifica il maggior numero di incidenti sono agricoltura, edilizia e logistica. Non è possibile che ci siano lavoratori, penso ai tanti stranieri, che non sanno nemmeno leggere la tabella “stop”. Dobbiamo poi iniziare ad usare le nuove tecnologie. Penso ad esempio ai sensori, che permettono di bloccare i mezzi evitando gli schiacciamenti. Su questo versante l’Università di Bologna sta brevettando i sensori per gli indumenti e a Ravenna, collegato al Porto e al tecnopolo, in accordo col Comune, faremo un grande centro di ricerca su queste tecnologie. Dobbiamo allargare le buone prassi sancite nella bilateralità e nella contrattazione tra le parti. E dobbiamo riappropriarci del controllo democratico del territorio, avendo tolleranza zero per chi opera nella cinica illegalità».
Una profonda trasformazione a Ravenna lo sta vivendo il Porto grazie al progetto Hub. Che potenziale potrà «sprigionare» lo scalo rinnovato fra fondali più profondi e restyling delle banchine? A livello italiano entrerà così nei primi 5 scali per traffico merci?
«Gli investimenti al Porto di Ravenna sono investimenti per la Regione, per il Paese, ma anche per l’Europa. Ravenna è la porta dell’Asia e della Mitteleuropa, con le merci che dal Canale di Suez arrivano in Oriente e viceversa. Da Ravenna vanno nel mondo le nostre eccellenze dell’automotive, della ceramica, dell’agroalimentare. Senza dimenticare i grandi numeri del turismo crocieristico. Senza dubbio Ravenna rappresenta già oggi uno dei primi scali italiani. In questa direzione vanno gli investimenti della Regione e del Comune, nel potenziamento delle infrastrutture logistiche e nell’aver progettato che il Porto diventi anche un grande hub energetico innovativo. Senza dimenticare il retroporto quale nuova idea per creare manifattura e lavoro di qualità, come nel caso dell’investimento del Gruppo Ferretti. Il Governo ha ora un ruolo determinante nel definire le zone logistiche semplificate, condizione fondamentale per gli asset strategici internazionali».
Lei è riconosciuto come abile risolutore di vertenze aziendali anche molto complesse. Cervia «trema» per l’ex Farmografica, oggi qual è l’ipotesi più concreta per una buona riuscita del confronto, se c’è ancora? Quali altri vertenze in Romagna sono aperte?
«Per l’ex Farmografica di Cervia, oltre all’interessamento di Focaccia Group, ci sono stati contatti con una seconda proposta, ancora coperta da confidenzialità, arrivata direttamente al gruppo austriaco di MM Packaging. Nell’ultimo incontro abbiamo finalmente saputo l’entità e il dettaglio delle risorse che sono state erogate dall’assicurazione austriaca. Secondo Focaccia Group il preventivo fatto per riacquistare le macchine alluvionate non permetterebbe quindi di recuperare dalla struttura commissariale risorse finanziarie sufficienti a sostenere il progetto industriale, ma non ha escluso la disponibilità a dialogare con altri soggetti per cercare una soluzione. Visti i tempi molto stretti, abbiamo intanto chiesto a MM Packaging di sospendere lo smontaggio delle macchine. Ho quindi chiesto loro di incrementare la dote per i soggetti interessati a subentrare e a questi ultimi di fare uno sforzo maggiore rispetto al capitale a rischio. Da parte della Regione c’è la massima disponibilità ad accompagnare la ripartenza del sito con tutti gli strumenti a disposizione ma chiediamo anche al Governo un incontro per costruire un pacchetto di aiuti ad hoc che consenta la continuità a questa impresa, visto che sarebbe l’unica a chiudere a seguito dell’alluvione. Per quanto riguarda le altre vertenze sul territorio romagnolo, alla Fontanot di Coriano, azienda in procedura fallimentare, abbiamo concordato con il curatore e le organizzazioni sindacali il ritiro del licenziamento collettivo per i 37 lavoratori, con l’approvazione al Ministero della cassa integrazione straordinaria per cessazione attività».
Lei è alla conclusione del primo mandato da assessore regionale, quali sono i 3 risultati più importanti che ha raggiunto il suo assessorato in questi 5 anni?
«Difficile limitare a tre soli risultati il grande lavoro che è stato fatto in questi anni, per cui devo ringraziare in primo luogo tutta la struttura regionale, il Presidente e i miei colleghi assessori. Se però devo scegliere tre azioni simboliche, dico innanzitutto il Patto per il Lavoro e per il Clima, la strategia regionale per lo sviluppo dei prossimi 10 anni condivisa e firmata da 60 soggetti di rappresentanza, portatori di interessi diversi: non un pranzo di gala. Poi dico tutta la rete dei tecnopoli, a partire certamente da quello di Bologna, che sarà il centro della Data Valley europea, ma anche gli altri 10 tecnopoli distribuiti in tutta la regione, ognuno centrato sull’identità di quel territorio, su cui abbiamo investito di recente 25 milioni di euro, perché devono irradiare tutto l’ecosistema, dialogando con università, mondo della ricerca, sistema delle imprese. Infine, ma non ultimo, l’investimento sulla formazione per la ricucitura sociale, il più grande mai fatto in questa regione, perché sappiamo che è dalla carenza di conoscenza che partono le disuguaglianze».
Il quadro europeo che si sta delineando dopo le elezioni dell’8 e 9 giugno con la sconfitta di Macron e Scholz la preoccupa? Può avere effetti sull’economia reale?
«Nelle prossime settimane vedremo le dinamiche che si andranno a delineare in Europa. È ovvio che per l’Emilia-Romagna la dimensione europea è fondamentale perché il nostro sistema compete con le migliori esperienze del continente. Serve un tratto di continuità e consolidamento politico, pur sapendo che abbiamo bisogno di un’Europa che sia in grado anche di cambiare. Negli ultimi mesi ho guardato con grande attenzione due elaborazioni importanti: una è quella di Enrico Letta su un nuovo Patto per l’Europa, l’altro è la prima versione dell’elaborato che ha fatto Mario Draghi sul ruolo economico che gioca l’Europa.  Mi ha fatto una certa impressione leggere da lui che, poiché non è più sufficiente il mercato interno dell’Europa e siamo schiacciati fra i due grandi blocchi asiatico e americano, per mantenere la nostra autonomia industriale abbiamo bisogno di fare un investimento sui temi dell’innovazione e della transizione green di circa 500 miliardi all’anno. Anche Panetta, direttore della Banca d’Italia, ha appena detto che abbiamo bisogno di recuperare un’idea nuova di fondo sovrano europeo per finanziare questo cambiamento. Dall’altra parte l’Europa deve giocare un ruolo nuovo anche rispetto alla tenuta sociale sui sistemi dell’integrazione. Perché a demografia piatta rischiamo di essere schiacciati sia dal punto di vista sociale che economico. Dobbiamo guardare con grande attenzione a queste dinamiche, che di solito hanno anche traiettorie politiche e istituzionali».
Infine, le elezioni europee hanno lasciato «deserta» anche la presidenza dell’Emilia-Romagna, dopo l’elezione di Stefano Bonaccini all’europarlamento. Il suo nome è in cima o quasi alla rosa dei possibili candidati del Pd alla presidenza…
«Una grande comunità come quella del Pd ha scelto giustamente un percorso di partecipazione e di coinvolgimento anche delle altre forze politiche, sociali, imprenditoriali, culturali. Ritengo corretto attendere gli esiti di questo percorso».
 
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