IL TESSITORE DEL VENTO - Donzelliland

Emilia Romagna | 14 Febbraio 2023 Blog Settesere
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Guido Tampieri - L’aspetto che più colpisce dello sgangherato intervento dell’on.Donzelli sull’affaire Cospito è la violenza. Lo spirito di fazione e, assieme, la volontà di sopraffazione. Che non sorprende. Ho avuto compagni di strada aggressivi e altri buoni come il pane. Non ho mai conosciuto un fascista, ex o post, mite. Sono certo che hanno altre qualità. Che forse hanno pudore di esibire. Di certo non le hanno mostrate in questa circostanza. Il campionario sciorinato dall’apparato politico-propagandistico della destra reazionaria a difesa di atti e parole indifendibili ne conferma vieppiù la sostanza. E non capisci dove finisca l’incoscienza e cominci la protervia. Ci si interroga su quale sia il vero volto di Giorgia Meloni sotto la maschera, se quello dell’agitatrice che abbiamo conosciuto negli anni dell’opposizione, quello rassicuratore dei primi mesi di Governo o quello che ancora non ha mostrato. Questa brutta storia, al netto dell’ insensibilità istituzionale degli uomini più vicini al Premier che conferma i dubbi sulla maturità del personale politico alla guida del Paese, ci dice che loro sono sempre loro.
Più inclini a demolire che a costruire. Restii a comprendere che il successo elettorale gli ha dato mandato di governare, non licenza di comandare. Né di asservire le Istituzioni. È così che una vicenda tutto sommato ordinaria, gestibile con un po’ di buon senso, è stata trasformata in un teatro di guerra che divide gli italiani su un tema che li vorrebbe uniti. La caccia alle streghe sui rave party l’aveva già reso evidente: è l’ideologismo il male, neanche tanto sottile di questa destra. Il potere non lo guarirà. Negli Annali del Parlamento non c’è memoria di comunicazioni riservate portate in aula per attaccare l’opposizione. Se accade in concomitanza con l’avvento al Governo di Fratelli d’Italia è giocoforza chiedersi con che razza di cultura istituzionale abbiamo a che fare. Tanto più che il prodotto del torbido lavorio operato su una materia prima sensibile è una sequela di congetture infamanti, «così squisitamente fasciste» avrebbe detto Bobbio, da lasciare attoniti. È dai tempi di Bibbiano che dalla politica non saliva un fetore così forte. Di Maio, almeno, ha avuto la decenza di scusarsi. L’insinuazione di civettare coi terroristi e addirittura coi mafiosi, riferita ad un partito cui, dal sequestro Moro ai giorni nostri, viene se mai addebitato un eccesso di zelo istituzionale, è un’ingiuria che un Giurì d’onore non basta a lavare.
Perché offende tutte le persone che votano Pd. Non c’è niente di ambiguo in ciò che ha fatto, niente da chiarire, non tocca sempre al Pd farlo. Come vuole un luogo comune balordo e odioso al pari di tutti i luoghi comuni. Gli anarchici sono un po’ gli zingari della politica. Nessuno li ha mai visti di buon occhio. La borghesia li ha sempre temuti, la classe operaia li considerava un ostacolo.
I fascisti li mettevano in galera preventiva, i comunisti in Spagna ne hanno anche ammazzati, privando i franchisti del piacere di farlo da soli. La pista anarchica è stata utilizzata dai servizi segreti per sviare le indagini sugli atti di terrorismo compiuti da ambienti molto più prossimi all’idea di Stato che gli anarchici contestano. Da Sacco e Vanzetti a Pinelli è una lunga storia costellata di soprusi. Come punteggiata di atti violenti è «l’idea d’amor» degli anarchici affidata alle struggenti note di «Addio Lugano bella». Anche se, dalla nascita della repubblica ad oggi i morti in Italia li hanno fatti i terroristi Rossi e gli stragisti neri, non i nipoti di Bakunin. Giorgia Meloni era piccola ma forse ne ha sentito parlare. L’idea che il Pd e prima ancora i Ds, il Pds, il Pci, sia vicino ai terroristi di qualsivoglia matrice ovvero ad un anarchico bombarolo è un’idiozia storico-cultural- antropologica. Il fondamento civile e umano della visita a «quel» detenuto in regime di 14 bis per verificarne le condizioni dopo cento giorni di sciopero della fame è testimoniato dal provvedimento con cui il ministro Nordio lo ha trasferito in un altro carcere di massima sicurezza in cui la sua salute può essere meglio tutelata. Non risulta che lo abbia fatto per altri detenuti.
Basterebbe questo a smascherare la speculazione. Ma il discorso non può fermarsi qui. Perché è di libertà che stiamo parlando. La libertà di andare nelle carceri, in quanti non importa, per verificare le condizioni dei detenuti e di richiamare all’occorrenza l’attenzione sulle condizioni di salute di uno di essi. Senza dover giustificare le proprie scelte davanti al Tribunale Speciale di chicchessia. Libertà di domandarsi perfino se il 41 bis così com’è, la sua estensione applicativa, sia la migliore possibile. Posto che nessuno lo vuole abolire, ancorché esista solo in Italia. Senza essere tacciati di collusione col nemico in presenza di una «minaccia allo Stato» che è pura invenzione. Ricordo l’assalto al Palazzo d’inverno, innumerevoli colpi di Stato fascisti, le stragi mafiose per destabilizzarlo, ma nessun rovesciamento dell’ordine costituito per mano degli anarchici. Che non erano nei pensieri di Falcone e Borsellino quando proposero di adottare il regime detentivo del 41 bis per impedire ai capi mafiosi di continuare a dare ordini dal carcere alla struttura piramidale di quella organizzazione. Gli atti criminosi di un anarchico vanno puniti secondo legge, ma «gli anarchici», ci piacciano o meno, non sono un’organizzazione criminale. E certo «non sono equiparabili al terrorismo che abbiamo conosciuto e men che meno alla mafia». A dirlo sono il figlio del Commissario Calabresi e il figlio del Generale Dalla Chiesa, che qualcosa ne sanno. Alle persone decenti basta così.
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