IL TESSITORE DEL VENTO di Guido Tampieri - Per amor di patria
Guido Tampieri - Si parla tanto di egemonia. Confondendola con l’occupazione delle Istituzioni. Che Enrico Berlinguer aveva denunciato sollevando la Questione morale. Spesso evocata e sistematicamente elusa. La battaglia per l’egemonia, in senso proprio, sotto l’aspetto culturale e valoriale, la sinistra ha cominciato a perderla qualche tempo fa. Resta ben poco da strapparle.
Reagan, la Thatcher, la scuola monetarista di Chicago, il liberismo spacciato per liberalismo, l’ammaina bandiera del socialismo. Il trentennio berlusconiano, con i suoi veleni mediatici che ancora inquinano l’aria. Categorie interpretative, pensieri, parole che sono diventate senso comune. Cui ci siamo assuefatti, arresi, per non parlare di chi ne è stato conquistato. Fin quasi a smarrire, su questioni fondamentali come la crisi climatica, la convivenza fra le genti e la giustizia sociale, il sentiero della ragione, della decenza a volte. La politica, da ultimo, si è data un nuovo dizionario. Avaro di cognizioni, pieno di retorica. E così capita di assistere a schiamazzi parlamentari senza costrutto, nei quali manipoli di ignoranti di successo si accusano a vicenda di comportamenti «anti patriottici».
Niente meno. Come alla vigilia delle guerre mondiali del secolo scorso. Come se la decisione di aderire ovvero di respingere il patto europeo di stabilità o il Mes fossero la misura dell’amore per la propria terra e per la propria gente. E non invece il risultato di scelte raramente consapevoli, intelligenti, utili a migliorare lo stato di cose presenti. Come dovrebbe sempre essere, chiunque governi. In vista di un domani che dobbiamo costruire adesso. Scegliendolo fra i differenti futuri possibili. Con un senso di appartenenza dolce, popolo fra i popoli, che Dio, specie il Dio dei Vangeli, non creò la vittoria schiava di alcuno. Con responsabilità, dedizione, coscienza e un po’ di conoscenza della storia, dell’economia, di tutto quel che serve per onorare l’altissimo compito che i cittadini affidano agli eletti. C’è tutto da migliorare: per far ripartire l’economia tappando la falla del debito, per far funzionare i servizi, per ripartire la ricchezza con senso di giustizia e rispetto della dignità di ogni essere umano. Lasciando stare la Nazione, i trascorsi remoti, gli inesistenti destini. In nome dei quali nel secolo scorso abbiamo dato vita a guerre rovinose alternandoci grottescamente nel ruolo di aggressori e di vittime , per conquistare o difendere mutevoli confini disegnati il più delle volte dall’immaginazione e dal mito, spesso dalla follia della mente umana.
«L’uomo traccia sulla terra i suoi confini apportatori di sventure» ha scritto lord Byron. Decine di milioni di innocenti (nella sola prima guerra mondiale furono uccisi 37 milioni di persone, tra civili e militari, oltre 8 milioni furono dichiarati dispersi) mandati a morire per scopi e territori sconosciuti. A volte fatti convinti, per lo più costretti. La sovranità è l’esercizio del potere di uno Stato su un ambito territoriale che il popolo non ha quasi mai concorso a definire. Si trattasse dei rapporti fra la Sassonia e gli altri principati tedeschi o delle Repubbliche marinare al tempo in cui Genova batteva moneta. Pensi a un pastore sardo sradicato da un’isola fino a poco tempo prima francese e mandato a difendere i sacri confini sul Carso, a un bracciante romagnolo spedito in Russia, in Grecia, in Africa, a uccidere gente sconosciuta. Sepolti in buche fetenti, incrostati dal gelo. Nessuno voleva fare quelle guerre, sapeva dove era, conosceva Trieste.
Leggi «Viaggio al termine della notte» di Celine e misuri il carico d’odio insensato, i guasti morali che i nazionalismi hanno disseminato per l’Europa. Dietro il paravento del mito le Nazioni si sono spinte fino all’abominio del colonialismo, rappresentandosi come portatrici di valori politici e sociali, morali e spirituali.
«Il pio proposito di convertire gli indigeni al cristianesimo- ha scritto il padre del pensiero economico classico Adam Smith- santificò l’ingiustizia del progetto di conquista delle Americhe». E ancora per dei miti identitari - canta De André - milioni di Piero sono stati mandati a «morire sotto la mitraglia».
Questo è il nazionalismo celebrato dai sovranisti. Con e senza saluto romano. Non è mai stato niente di meglio. Né la prosopopea patriottarda di questi tempi lo rende migliore. Il legame con la propria terra e la propria gente interpretato da tanti spiriti nobili è un’altra cosa.
«Make America great again», strepita Trump, e così fa la Russia e la Cina, come se non fossero pre-potenti abbastanza, e la Turchia, e l’Italia. Cos’altro era il Mein Kampf se non un «prima i tedeschi» viziato da un eccesso di zelo? Ognuno per sé e Dio per nessuno. Trame complottiste ordite ovunque. Contro di noi, la nostra sicurezza, la nostra identità, i nostri prodotti. Non si sa perché, che non siamo così gran cosa da intimorire il mondo. In vista delle elezioni europee ne sentiremo di tutti i colori. Non è forse l’alba di un’epoca nuova? Il Presidente del Consiglio, vedrete, si candiderà ovunque. Senza pudore di rispettare l’impegno ad andare in Europa.
Così facendo trascinerà con sé la segretaria del Pd, lusingata dal ruolo di antagonista principe di Giorgia Meloni e, c’è da credere, intimorita dall’accusa di rifuggire la sfida che certamente le verrebbe rivolta nel caso in cui anteponesse la coerenza alla convenienza. A rimetterci, come sempre, sarà la trasparenza. Abbiamo seguito la conferenza stampa del Capo del Governo. Oh si, abile è abile, se tutti gli allocchi si fanno abbagliare dal luccichio degli specchi propagandistici e perdono di vista l’essenza delle cose. Se l’inflazione che cala in tutta Europa diventa merito dell’esecutivo e non della Bce. Se Confcommercio attesta che il disagio sociale si è ridotto?!? Le chiamano fake, che sembra roba da mangiare, ma sono bugie, che è roba da sputare. Per amor di patria, finiamola qui. Se non trovate in questo squallore le risposte che cercate, andate al fondamento di tutto: «condizione dell’uomo: incostanza, noia, inquietudine» scrive Pascal. Allorché neanche questo basti a spiegare, c’è sempre la psichiatria.