IL TESSITORE DEL VENTO di Guido Tampieri - Elly e i suoi fratelli

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Guido Tampieri - Bisogna tornare lì. Al punto in cui tutto incomincia. «Vergin di servo encomio e di codardo oltraggio», come scrive Manzoni, e come non traspare dai commenti del gruppo dirigente Pd su chi arriva e su chi lascia. L’identità è una cosa troppo importante per licenziarla anzitempo, con qualche scatto fotografico in favore di luce e un’enfasi sul nuovo ascoltata troppe volte per non suggerire verifiche più puntuali. Se fai del «noi» la tua cifra stilistica nella scalata a un partito stanco di personalismi, a maggior ragione, quando lo rappresenti, sarebbe bello conservarlo. Senza cedere alla suggestione mediatica del duello degli «io» con Giorgia Meloni. Traducendolo davvero in uno stile di lavoro aperto, partecipato, dialogico, fra amici e alla pari come diceva Platone.
Ogni volta che qualcuno ha promesso di eliminare le correnti, ironizza l’onesto Cuperlo, ha finito per farsene una. Renzi la fece e anche la Ditta, a suo modo, lo era. Adesso si affannano tutti a dire che non ci sono più. Neanche il mago Forrest sarebbe riuscito a farle sparire così. Forse era colpa del povero Letta. Che le ha prese da Renzi e le ha riprese da tutti, dai nemici di Renzi e dai suoi seguaci ancora acquartierati nel Pd. Nessuno lo ha mai realmente amato, né al vertice nè alla base. Solo Bersani, che rientra adesso che lui se ne è andato.
Misteri della fede. Quella che prima si chiamava spartizione ora si chiama pluralismo. Quando erano e sono semplicemente compromessi. A volte necessari. Più ispirati al criterio della fedeltà che a quello del merito, come è sempre accaduto e ancora accade, a meno che Furfaro non ci sorprenda. Aggregazioni attorno a questa o quella personalità sono in fondo naturali, per attrazione autentica o per convenienza, che ha sempre ispirato l’agire umano.
Amendola e Ingrao, D’Alema e Veltroni: contrasti appena dissimulati dal manto protettivo del centralismo democratico. Ideali, valori ma poi, ha scritto Bobbio, al di là della retorica la politica è lotta per il potere. Le correnti non sono il male supremo. Non è per questo che il Pd ha smarrito la strada che porta alle fabbriche e alle periferie. L’assenza di qualità, la mancanza di pensiero lo sono. La fisiologia diventa patologica quando le aggregazioni avvengono attorno al vuoto di idee e al pieno di interessi. Che quando sei al Governo diventano più interessanti. Essere all’opposizione agevola il cammino di Elly Schlein.
Dopo aver conquistato il Pd deve ora volgere lo sguardo fuori, per portare dentro nuove idee e nuove forze attorno alle quali ricostruirlo. Con quel che c’è, sia detto con rispetto per chi in questi anni si è generosamente prodigato, non si arriva a sera. Prodi dice che il Pd è rimasto il solo partito. Forse è un po’ che non frequenta circoli desertificati di presenze ed espropriati di partecipazione. Centro e territorio sono fatti della stessa sostanza. Le logiche sono le medesime.
Non c’è un partito dei sindaci, solo bravi amministratori dediti alle loro comunità e altri dediti a sé stessi.
Per costruire qualcosa di nuovo è dai territori che bisogna partire. Dalla base della piramide. La stabilità di questo gruppo dirigente buono per tutte le stagioni sarà il risultato di due fattori: autorevolezza della leadership e, soprattutto, il favore dei sondaggi che saprà suscitare.
Il nuovo arriva sempre inaspettato e non è mai il vecchio ad annunciarlo. Per questo Elly Schlein ha battuto Bonaccini. Non porta colpe per un passato colpevole e beneficia di un accredito che i suoi predecessori, dopo Renzi, non hanno mai avuto. La sua freschezza ha il potere di consumare i vecchi volti di sempre. Il resto è tutto da conquistare. Il nemico è l’impazienza: la fretta della Segretaria Pd di dimostrare, la fretta dei suoi sostenitori di veder confermate le ragioni della loro scelta, la fretta dei commentatori di emettere un giudizio. Il sindaco di Firenze, forse in debito d’ossigeno per l’eroica difesa di Palazzo Vecchio, sostiene che mai si era visto un segretario proporsi di contrastare i provvedimenti di un Governo con delle controproposte. Perfino Ochetto aveva insediato un Governo ombra. Per le cose importanti ci vuole tempo. Le identità sono fluide, si formano per selezione e stratificazione, pietra dopo pietra. È presto per dire quale sia l’identità di questa nuova formazione che del Pd porta poco più che il nome. E, ai miei occhi, anche l’identità della sua segretaria.
Io tesso solo vento e dunque non turbatevi se dico che finora non ho ascoltato da lei pensieri che non abbia già sentito. Ha fatto bene, questa è davvero una novità, a dire che il congresso non è chiuso, che il confronto deve andare avanti. Per esplorare territori sconosciuti a tutte le componenti. Vedremo. Elly Schlein può rappresentare un’opportunità. A condizione di non restare prigioniera del cliché che le viene cucito addosso, di non credere ai suoi improvvisati esegeti, di non pensare di essere già una leader, di avere già un progetto, e un partito. «Più a sinistra» è una formula che eccita solo il professor De Masi. Poi bisogna intendersi su quello che vuol dire. Se è un riformismo più radicale sui grandi temi, dal lavoro, al fisco, alla sanità, all’ambiente è quel che serve. Se è un populismo di segno uguale e contrario a quello della destra, la resuscitazione dell’anima massimalista, è un disastro. In Italia l’obbiettivo più rivoluzionario, anche se non è una prerogativa della sinistra in senso stretto, inclusivo delle più rilevanti contraddizioni della nostra società, capace di suscitare energie sociali in cerca d’autore, è la realizzazione piena dell’articolo 3 della Costituzione: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Nella situazione data, che segna una regressione rispetto alle condizioni raggiunte negli ultimi decenni del secolo scorso, è il programma più radicale che una forza di progresso possa darsi. Non serve un’opposizione «feroce». Basta che sia coraggiosa. E intelligente.
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