I ricordi e le testimonianze per Graziano Pozzetto, a partire da Carlo Petrini, fondatore di Slow Food

Elena Nencini
Se ne è andato Graziano Pozzetto, appassionato conoscitore dei cibi, delle tradizioni del territorio romagnolo: giornalista, scrittore, gastronomo, bibliofilo, ricercatore di cultura gastronomica ed antropologica, autore rigoroso e prolifico con oltre una trentina di volumi, divulgatore appassionato. Dalle anguille alla piadina, passando per lo squacquerone, lo scalogno, il formaggio di fossa, le rane, il latte e tanto altro è stato un uomo curioso e uno scrittore prolifico interessato a una enciclopedica codificazione culturale ed antropologica sulle cucine, mangiari, cibi, vini, prodotti tipici, della migliore tradizione, eccellenze, memorie identitarie e territoriali, storie, testimonianze di cibo delle Romagne, delle aree vallive ferraresi, dell Marecchia e del Montefeltro.
Ha vinto anche i premi “Bancarella Cucina” e “Baldassarre Molossi”. Contrario alle omologazioni insisteva per tracciare il ricco e variegato mosaico delle unicità gastronomiche e culturali che esprimevano, secondo lui, la civiltà, l’identità, la storia, i territori e la loro gente.
Carlo Petrini: «Un divulgatore della gastronomia romagnola»
«Ricordo con particolare gratitudine il lavoro svolto da Graziano Pozzetto in questi anni, nel promuovere e divulgare la cultura gastronomica, in particolare quella della Romagna. Nello stesso tempo, non posso dimenticare che Graziano ha presenziato alla nascita, prima di Arcigola, 1982, e poi di Slow Food, 1989, e che quindi è uno dei padri fondatori del nostro movimento. Se ogni territorio di questo nostro Belpaese, avesse avuto l’opportunità di avere un Graziano Pozzetto che con tenacia e caparbietà ha saputo catalogare, diffondere e valorizzare il patrimonio alimentare della Romagna, allora sarebbe chiaro quanto l’Italia avrebbe da dire in termini di biodiversità naturale e culturale».
*Fondatore di Slow Food
ZANARINI: «UN CARATTERE GENUINO, SEMPRE FOCOSO»
Amici fino alla fine, Mauro Zanarini e Graziano Pozzeetto hanno condiviso molti amori e molte avventure insieme. Zanarini, che ha partecipato nel 1986 alla fondazione di Slow Food e di cui è stato fiduciario della condotta di Ravenna per alcuni anni, racconta: «Ci siamo visti fino alla fine, aveva bisogno di amici sinceri e ci conoscevamo fin dagli anni ‘70 quando abbiamo fatto degli incontri con la pro loco di Santo Stefano portando grandi personaggi del mondo del vino come Veronelli, Gaja, Rovero, Nonino. Andavamo in giro per l’Italia a caccia delle piccole cantine di vino. Poi c’erano delle grandi cene e delle grandi bevute: Graziano era un tipo generoso, genuino, spesso si ‘accendeva’, ma aveva anche ragione. Era un grande professionista, secondo me sottovalutato». Tra le avventure ‘letterarie’, continua Zanarini: «Seguivamo la guida de I ristoranti di Veronelli negli anni’80, poi ci fu ‘L’almanacco dei Golosi’, realizzato da Arcigola. Nel 1986 fondammo – insieme ad altre persone - la prima sede in città di ArciGola a Borgo San Rocco che poi diventerà Slow Food». Fino alla fine Pozzetto ha continuato a scrivere tanto che: «Doveva curare la parte della gastronomia e del menu in un’iniziativa che si terrà a Cervia. Adesso vorremo trovare un posto, una biblioteca per la sua immensa collezione di scritti. Per la sua meravigliosa cantina pensiamo invece a un’asta: solo la selezione di grappe di Romano Levi non ha uguali».
CASALINI: «LO CONSIDERO UNO DEI BARDI DELLA ROMAGNA»
Marzio Casalini della casa editrice Ponte Vecchio di Cesena ha pubblicato diversi libri di Pozzetto: «Era un vulcano dell’enogastronomia, l’ho conosciuto nel 2014 quando è venuto a presentare un libro “Caro vecchio porco ti voglio bene”. Da lì è nato un rapporto che è continuato nel tempo, tanto che voleva scrivere un altro libro e pubblicarlo con noi». Per Casalini lo scrittore è stato: «Uno dei tre bardi della Romagna, gli altri due sono Giuseppe Bellosi per il dialetto e Eraldo Baldini per il folklore. Graziano è stato un grande della cultura romagnola, pur non essendo di origine romagnola. Si è innamorato delle nostre tradizioni culturali, non si è mai venduto, è sempre rimasto coerente con il suo pensiero. Mi ricordo certe presentazioni in cui rischiavamo di brutto perché si inalberava, ma quasi sempre aveva ragione lui». Sempre ironico e allegro ricorda l’editore di Cesena: «Il suo saluto era una barzelletta oppure un dei suoi aneddoti sovente piccante, era un godereccio della cucina e anche delle donne».
Si rammarica Casalini che: «Come Graziano non ci sia nessuno al momento. Con quel livello di capacità di raccolta e di analisi delle ricette diffcile che ci sia un altro, faceva un lavoro di antropologo dell’enogastronomia. Spero che venga fuori un erede».