I 10 anni dell'Ausl Romagna, parla il dg Carradori: «Sistema sottofinanziato, progetti Pnrr in linea, cambiamo l'emergenza-urgenza con i Cau»

Emilia Romagna | 21 Ottobre 2023 Cronaca
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Manuel Poletti - «Dieci anni dopo rifarei la scelta dell’Ausl Romagna, oggi siamo i meno burocratizzati e abbiamo migliorato i servizi al cittadino. La Pandemia purtroppo ha insegnato poco, la sanità pubblica è tornata ad essere pesantemente sottofinanziata a livello statale. Saranno 21 i Centri di assistenza e urgenza sul territorio dell’Ausl Romagna, assorbiranno entro il 2025 i codici bianchi e verdi che oggi vanno in Pronto soccorso».
Analizza così la situazione Tiziano Carradori, direttore generale dell’Ausl Romagna, a pochi giorni dalla presentazione della Legge di bilancio nazionale del governo Meloni e a pochi mesi dai primi 10 anni dell’Ausl Romagna (nata il 1° gennaio 2014). Il dg spiega poi la novità dei Cau, che impatterà sui cittadini fin dai prossimi mesi.
Direttore Carradori, la sanità pubblica rimane sotto finanziata anche nella prossima Legge di bilancio nazionale, ormai pare certo. Qual è la situazione in Romagna?
«E’ ormai assodato e viene ribadito da almeno un decennio che la sanità è sottofinanziata e in particolare risentono di più di questa emergenza le Regioni dove i servizi sono mediamente più avanzati come Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Piemonte. Come è successo nel corso del 2023, anche il prossimo anno saremo chiamati ad intervenire per colmare le lacune del finanziamento nazionale per mantenere i servizi sanitari pubblici come li conosciamo oggi. La conseguenza diretta di questa emergenza di risorse è che dovremo essere non solo più virtuosi, perché lo siamo già, ma soprattutto più parchi. Per capirci meglio, il sistema sanitario emiliano romagnolo è fra i più performanti del Paese, nulla ha da invidiare a paesi come Svizzera, Germania, Francia e Olanda, con la differenza  che noi spendiamo a livello pro capite 2.300 euro pubblici, questi altri Paesi ne spendono dal 50 al 100% in più».
La Pandemia non ha insegnato nulla a chi ci governa in fatto d’importanza della sanità pubblica...…
«Poco. La Pandemia doveva lasciare un segno più profondo e duraturo da questo punto di vista, ma evidentemente non è stato così. Bisogna tenere conto poi che se noi investiamo sulla salute abbiamo anche un’economia generale molto più fiorente. L’Emilia-Romagna con i suoi alti livelli di qualità dei servizi, è la terra dove migra per motivi sanitari molta più popolazione in termini percentuali».
Dieci anni fa nacque l’Ausl della Romagna. Non è stato un percorso semplice, soprattutto all’inizio. Lei fu tra i maggiori sponsor di quelle scelte, che portarono quattro aziende a fondersi in una sola. Che bilancio può fare oggi?
«I dati sono migliorati indiscutibilmente, rifarei tutto o quasi. Chi mi conosce sa che sono sempre fra i primi a dire che “si può fare meglio”, ma in questo caso abbiamo fatto anche “scuola” per altre aziende. Oggi l’Ausl Romagna spende il 5% (dati 2021) in meno della media regionale, noi siamo in buona salute da questo punto di vista. I costi della burocrazia gli abbiamo già tagliati abbondantemente, spendiamo il 46% in meno delle altre aziende sanitarie emiliane, il passaggio da 4 aziende a 1 ha significato anche questo».
Sta partendo la riforma dell’emergenza in regione con l’introduzione dei Cau (Centri assistenza e urgenza) territoriali. Quanti saranno nell’Ausl Romagna? Assorbiranno i Codici bianchi e verdi del Pronto soccorso?
«L’introduzione dei Cau sarà un rafforzamento importante della sanità di territorio. Sono deputati a soddisfare i bisogni urgenti dei cittadini, ma che non hanno necessità di recarsi al Pronto soccorso in ospedale. Noi tecnici del settore sappiamo che oggi il 65% degli accessi ai Ps è inappropriato. I Codici bianchi e verdi saranno destinati a queste rinnovate strutture sui territori. Si accederà al Cau direttamente o chiamando la centrale 116-117. Ne faremo 21 sul territorio dell’Ausl Romagna, di cui 9 in funzione già entro fine 2023, mentre entro il 2025 tutti gli altri. La gran parte saranno collocati in prossimità degli ospedali: ad esempio a Ravenna al Cmp del distretto, a Cesena nel piazzale del Bufalini, a Rimini sempre in un’area adiacente all’ospedale. Oggi Cervia è l’esempio esistente in Romagna più avanzato, poi c’è Cattolica: i risultati sono già molto confortanti. Molte strutture andranno a sostituire alcuni punti di primo intervento, all’interno ci saranno infermieri e qualche tecnico di radiologia. Per questo progetto l’Ausl Romagna assumerà 93 nuove unità di personale. Noi scommettiamo che questo potenziamento dei servizi di prossimità territoriale possa alleggerire e migliorare il lavoro del Pronto soccorso. Circa il 22% di chi si reca oggi ha una sola visita da fare, quindi è giusto che ci siano i Cau per questo. Fra un anno avremo già un’idea precisa di come si sta evolvendo la situazione, sono molto fiducioso».
I progetti finanziati dal Pnrr stanno facendo i passi avanti programmati o sono messi in discussione dai rallentamenti degli iter burocratici nazionali?
«Siamo in linea con i nostri obiettivi. Il 31 marzo scorso abbiamo adottato una delibera che ci mette nella condizione di rispettare i tempi previsti dalla normativa nazionale. Abbiamo calendarizzato i temi delle Case di comunità, della centrale operativa e della messa in sicurezza sismica. Parliamo di progetti per centinaia di milioni di euro. Purtroppo ci sono stati incrementi dei prezzi sui materiali, variabili fra il 20-25%, per questo conteremo anche sui ribassi d’asta in fase di bando lavori, è lecito aspettarsi un miglioramento del 10% circa. Entro gennaio 2026 ci sarà  la consegna  di case e ospedali di comunità, sono 39 interventi su tutto il territorio romagnolo. Per quanto riguarda il nuovo ospedale di Cesena, entro il 2026 avverrà la consegna degli stralci progettuali, l’obiettivo è di vederlo finito entro 6 anni. Certo, qualche rischio che la consegna lavori slitti in alcuni casi esiste sempre».
Liste d’attesa: chirurgiche e specialistiche, a che punto siamo con il recupero delle prestazioni dopo i rallentamenti dovuti alla Pandemia?
«Negli ultimi due anni e mezzo abbiamo avuto ottime performace per quanto riguarda le visite chirurgiche: siamo tornati allo stesso ritmo del 2019, abbiamo superato il recupero del 90% delle visite, di fatto abbiamo smaltito il 2022 e a fine 2023 torneremo ad una situazione ordinaria. Questo grazie alla grande ed encomiabile collaborazione delle strutture mediche cliniche, grazie alla rete realizzata fra gli ospedali dei territori. Qualche problema in più invece rimane sulle visite specialistiche (gastroenterologia, colonscopia, cardiologia, pneumologia), in questo caso abbiamo ancora delle sofferenze, anche perché il privato accreditato non riesce a darci un aiuto decisivo. C’è stato un aumento di circa il 10% dei tempi d’attesa, nonostante un impegno davvero encomiabile dei nostri infermieri e medici. Cercheremo di migliorare, anche se in questo la mancanza di medici si fa sentire».
 
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