Con un messaggio importante: le persone con Hiv in terapia che hanno raggiunto una soppressione virale stabile non trasmettono l'infezione. E con un duplice obiettivo: parlare del virus senza stereotipi o pregiudizi, contrastare lo stigma e sensibilizzare le persone sull’importanza di sottoporsi al test - semplice, gratuito e anonimo - che permette, in caso di positività, di accedere tempestivamente a terapie efficaci e interrompere la trasmissione del virus. Resta ancora elevata, infatti - il 56%, lo scorso anno - la percentuale di coloro che giungono a una diagnosi di infezione da virus dell’immunodeficienza umana (Human Immunodeficiency Virus o Hiv) in maniera tardiva. Persone, cioè, diagnosticate
“La riduzione dell’incidenza dell’Hiv nel lungo periodo dimostra che le campagne di prevenzione sono importanti e funzionano- sottolinea l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini- ma questo non significa che possiamo abbassare la guardia: ci sono ancora troppi stereotipi e pregiudizi da combattere quando si parla di Hiv e ancora molte persone scoprono di aver contratto il virus in maniera tardiva. In occasione della Giornata mondiale contro l’Aids, anche quest’anno come Regione, assieme al Servizio sanitario regionale e alle associazioni di volontariato, siamo impegnati su tutto il territorio per informare e sensibilizzare i cittadini, a partire dai più giovani, sull’importanza di sottoporsi regolarmente al test che, in caso di necessità, consente di ricevere una diagnosi precoce e cure tempestive. Informarsi, essere consapevoli, fare prevenzione- chiude Donini- significa tutelare noi stessi e gli altri”.
In Emilia-Romagna, nel 2023, secondo i dati forniti dal Settore prevenzione collettiva e sanità pubblica della Regione, sono state registrate 220 nuove diagnosi di infezione da Hiv tra i residenti, con un’incidenza pari a 4,9 casi ogni 100mila abitanti. Un numero più alto rispetto alle 167 del 2022, a causa principalmente delle diagnosi tardive: oltre la metà dei nuovi casi, infatti, il 56%, riguarda persone che avevano contratto il virus da tempo (ovvero i Late Presenters o LP), e che al momento del test avevano già un numero di linfociti CD4 basso. Si conferma un complessivo calo, dal 2006 al 2023, invece, del numero di nuovi casi di infezione registrati: negli ultimi 18 anni, infatti, le diagnosi di Hiv sono diminuite di oltre il 40%.
Nell’intero periodo considerato, le persone sieropositive diagnosticate sono prevalentemente di sesso maschile (74%), nella fascia di età 30-39 anni (30%) e di nazionalità italiana (67%). La modalità di trasmissione principale risulta essere, nell’87% dei casi, quella sessuale (51% eterosessuale e 36% omo-bisessuale); si registrano valori pressoché identici per il 2023 (51% eterosessuale e 37% omo-bisessuale). In quasi un quinto dei casi (18%) di sesso femminile, la sieropositività è stata scoperta in corso di gravidanza; in genere si tratta di donne straniere (84%).
L’incidenza per classi di età mostra come le classi più colpite siano quelle tra i 20 e 49 anni: il fenomeno è appena rilevabile per i giovani sotto i 20 anni e di minor impatto negli ultracinquantenni. Le persone straniere con diagnosi di infezione da Hiv rappresentano un terzo (33%) del totale: sono sensibilmente più giovani rispetto agli italiani e prevalentemente di sesso femminile. L’incidenza degli stranieri presenta un andamento costantemente più alto rispetto a quello degli italiani, anche se la differenza si è ridotta nel tempo.