Credito e Pandemia, parla il presidente Abi Patuelli: «Dalle banche uno sforzo enorme per famiglie e imprese»

Emilia Romagna | 17 Luglio 2021 Economia
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Presidente Patuelli, come la Pandemia ha cambiato le istituzioni europee? Nella sua relazione ha sottolineato come «la Ue deve dimostrarsi tutrice di diritti, non solo impositrice di doveri». Cosa manca ancora per renderla «al passo con i tempi?»
«Negli anni passati, prima della Pandemia, l’Unione Europea veniva frequentemente vista dai cittadini come l’istituzione che imponeva doveri: ciò era conseguente alle decisioni anche del Parlamento Europeo, ma spesso avveniva con metodi troppo burocratici. La gravissima emergenza del Covid ha prodotto una grande e positiva trasformazione dell’Unione Europea con forti e significative innovazioni. La Banca Centrale Europea è intervenuta con tempestiva decisione per tutelare l’Euro e con esso anche le economie nazionali e per “raffreddare” lo spread. Senza l’Euro e senza le attività della Bce, l’Italia era antecedentemente abituata alle pesanti svalutazioni e alla forte inflazione della lira con le conseguenti  penalizzazioni dei lavoratori e dei risparmiatori. Inoltre le decisioni del luglio di un anno fa e la concreta realizzazione proprio in questi mesi dei finanziamenti straordinari dell’Unione Europea ai paesi membri, a  cominciare dall’Italia, hanno evidenziato come la Ue, per la prima volta, interviene in emergenze. Per la Ue manca innanzitutto una Costituzione  che ne definisca compiutamente tutte le competenze e responsabilità, i  metodi di funzionamento, i doveri ed i diritti dei suoi Stati membri e dei cittadini».
«La Pandemia non ha trovato impreparato il mondo bancario in Italia». La sua affermazione può risultare indigesta a molte piccole e medie aziende o a tante  famiglie che hanno faticato molto ad ottenere prestiti nel 2020. Secondo lei di quel periodo shock che bilancio si può fare?
«Non risulta che vi siano state molte piccole e medie imprese e tante famiglie che abbiano faticato molto ad ottenere prestiti nel 2020. Le statistiche indicano uno sforzo immane delle banche e di chi vi lavora, pur in un periodo di pandemia, per far fronte all’emergenza che da sanitaria rischiava di divenire finanziaria e per dare applicazione tempestiva alle normative nazionali ed europee di emergenza. Ogni operazione bancaria implica una istruttoria e una delibera, necessita di competenze e di responsabilità elevate: per le sole piccole e medie imprese, dal 20 marzo 2020 al 12 luglio appena trascorso le banche hanno inviato al Fondo Centrale di Garanzia 2.268.947 domande per oltre 184 miliardi di euro. Inoltre le banche hanno compiuto le doverose istruttorie e hanno deliberato moratorie (cioè rinvii di scadenze a norma di legge, autorizzate dalla Ue) per ben alcuni milioni di richieste. Si tratta di numeri imponenti di operazioni che si assommano a tutta l’attività ordinaria delle banche, pur in periodo di pandemia. Infatti le competenti Autorità europee e nazionali hanno apprezzato nei mesi scorsi le attività bancarie in Italia sottolineando che in questa crisi sanitaria le banche sono state fra coloro che hanno concorso a risolvere i problemi».
Fino  a  quando  dovrà  continuare lo sforzo del sistema bancario con i prestiti Covid? Basterà tutto il 2021? Poi cosa servirà?
«E’ mia convinta opinione che le moratorie ed i prestiti più o meno garantiti frutto dell’emergenza Covid debbano proseguire almeno fino a quando la pandemia non sarà definitivamente sgominata. Purtroppo il Covid è un virus mutante, con continue preoccupanti variazioni: non si deve mai sottovalutare e non è prevedibile la data certa che tutto sarà finito. Le scadenze delle moratorie e dei prestiti più o meno garantiti dallo Stato non sono scritte nelle “Tavole di Mosè”, non sono immutabili. Ora sono state prorogate a fine anno nella speranza che per allora il virus sia stato  sgominato. In autunno si potrà verificare se ciò sarà avvenuto, altrimenti  sarà opportuno che le Istituzioni italiane ed europee ne proroghino ulteriormente le scadenze».
Il  sistema bancario italiano si sta innovando? Rispetto alle altre realtà  europee il confronto rimane impari come anni fa o qualche cosa è cambiato?
«Le banche in Italia, in particolare in questi ultimi anni, hanno realizzato le   maggiori innovazioni ed anche aggregazioni che vi siano state nell’Unione  Bancaria Europea. Questo è un dato di fatto. Gli sforzi sono stati enormi,  sia per spinta delle nuove regole europee e nazionali, sia per continue  iniziative delle singole imprese bancarie. Comunque quello bancario non è un sistema: le banche sono tutte imprese diverse fra loro ed in forte  concorrenza. Questa definizione “sistema bancario” è superata, anacronistica  da  quasi  trent’anni, da quando il testo unico bancario del 1993  ha  riconosciuto alle banche la natura piena di imprese. Era “sistema bancario” prima, soprattutto durante il ventennio e negli anni immediatamente successivi alle tragedie della guerra mondiale. Infatti le “leggi  fascistissime” degli anni ‘20 del Novecento avevano condizionato le banche con una serie infinita di vincoli tali da realizzare il “sistema bancario” che dalle privatizzazioni e dal Testo Unico degli anni ‘90 non esiste più».
Lei punta su «Un nuovo umanesimo ambientale e digitale». Cosa serve per realizzarlo?
«Le nuove tecnologie sono importantissime, ma debbono essere guidate dalle persone e non sovrastarle. Un “nuovo umanesimo ambientale e digitale” significa innanzitutto avere una visione della vita e della realtà imperniata innanzitutto sulla tutela dei diritti delle persone e su regole che evitino gli abusi di chiunque. La tutela dell’ambiente e della salute, che sono strettamente connesse, debbono essere un presupposto. Per noi, in Romagna in particolare, questi concetti sono più diffusi anche per la terribile esperienza che dovemmo affrontare negli anni ‘80 con il grave fenomeno della mucillagine nel mare Adriatico che ora è sparito a seguito di importanti riforme legislative e che rappresenta però un’esperienza da non dimenticare per realizzare “un nuovo umanesimo ambientale e digitale”. Occorre innanzitutto consapevolezza e cultura, impegno civile e sociale in ogni ambito e in ogni incarico e funzione, come con una bussola».
Infine lei ha ricordato Dante ed i 700 anni della sua morte durante la relazione. Che esempio etico ci ha dato il Sommo Poeta?
«Dante ha realizzato una sintesi etica elevatissima fra etica cattolica ed etica laica. Pur con il linguaggio di sette secoli fa, Dante ha identificato una serie  di peccati e di difetti del comportamento umano ancora attualissimi e che vanno ricordati, anche come lezioni di educazione civica e civile, in ogni settore. Ho selezionato quelli che possono essere di maggior interesse per il  mondo finanziario, ma non solo, per tante attività economiche e civili». (m.p.)
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