Coronavirus, Giovanni Monti (Legacoop ER): "Orgoglioso dei cooperatori in prima fila, ora pronti per la fase 2, ripartiamo"

Emilia Romagna | 26 Aprile 2020 Economia
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Manuel Poletti - «I cooperatori emiliano romagnoli sono protagonisti anche in questa fase drammatica del nostro paese. In ambito sanitario, ma non solo, siamo in prima linea. Dall’emergenza Covid-19 alla crisi economica conseguente, il nostro ruolo dovrà fungere da tenuta sociale. Ci aspettano mesi molto duri, le Istituzioni facciano bene la loro parte, le nostre imprese sono pronte a ripartire in sicurezza. Alcuni settori (turismo e cultura) soffriranno più di altri, ma reagiremo». Giovanni Monti, ravennate, presidente di Legacoop Emilia-Romagna, è giustamente preoccupato per il futuro, tenuto conto delle ripercussioni economiche della crisi che sta toccando l’Italia.
Presidente Monti, qual’è lo stato di salute della cooperazione emiliano romagnola, dopo due mesi di emergenza «Covid-19»? Quali i settori che reggono meglio? E quali quelli invece più in difficoltà?
«In larga parte la cooperazione ha continuato a operare: mi riferisco ai servizi sociali, l’agroalimentare, la logistica, la grande distribuzione, il bancario-assicurativo, le mutue, i servizi. Ovviamente, non tutti allo stesso modo e non tutti pienamente. Lo stop ha riguardato soprattutto le cooperative manifatturiere, buona parte delle attività di ristorazione. Infine, il comparto del turismo e quelli della cultura, degli eventi, dello spettacolo sono tra i più colpiti».
A livello nazionale il governo Conte ha risposto con una serie di decreti allo tsunami «Coronavirus», sia sul fronte sanitario, che su quello economico. Come giudica i decreti «cura Italia» e «Liquidità»?
«I decreti sono intervenuti in una fase di assoluta emergenza e avevano innanzitutto lo scopo di mettere in sicurezza il reddito dei lavoratori e la possibilità per tutti i cittadini di accedere a qualche forma di reddito per soddisfare almeno i bisogni primari. Il nodo, come spesso accade, è quello della tempistica: la rapidità degli interventi ne definisce anche l’efficacia. Purtroppo abbiamo un apparato normativo e burocratico abnorme che rallenta la messa in opera dei provvedimenti. Capisco che sia necessario essere cauti nel distribuire risorse che sono pubbliche, di tutti, ma i controlli, come accade in altri Paesi, andrebbero posti a valle più che a monte. E, comunque, alle famiglie e alle imprese le risorse promesse stanno arrivando».
Il sistema bancario sta rispondendo in maniera adeguata?
«Per quanto riguarda il sistema bancario, sulla liquidità alle imprese promette di rispondere con immediatezza. Ma si tratta di cifre tutto sommato piccole, 25.000 euro, e garantite al 100% dallo Stato. Poi sono stati messi a disposizione delle piccole e medie imprese circa 400 miliardi che devono erogare le banche, con garanzie dello Stato che vanno dall’80 al 90% su prestiti di 6 anni. Speriamo che i tempi siano brevi. Le necessità di liquidità delle imprese sono e saranno ben più ampie. Il Governo ne è consapevole e le decisioni che verranno prese a livello europeo saranno decisive per dare un tono e una prospettiva a questa crisi. Vorrei infine ricordare gli importanti interventi che vengono effettuati attraverso gli ammortizzatori sociali in deroga Cig, Cigo e Fis».
Cosa chiedete che venga inserito nel nuovo decreto in uscita entro fine aprile?
«Le questioni aperte dalla crisi causata dalla diffusione del Covid-19 sono tante. Indubbiamente preoccupa la situazione economica, altrettanto quella sociale, umana. Ci saranno meno soldi da spendere, posti di lavoro andranno perduti e serviranno forme di sostegno al reddito per una platea ampia. A chi governa si chiede di mettere in campo una visione ampia, che traguardi almeno il medio periodo, e che faccia questo ascoltando i corpi intermedi, le imprese e i sindacati, a partire dal bisogno di liquidità al sostegno all’innovazione e alla internazionalizzazione delle imprese, dalla riapertura, nella massima sicurezza, delle attività produttive, fino al sostegno al turismo e al settore logistico e vanno rilanciati gli investimenti sullo studio e sulla formazione. Va rafforzato il ruolo della sanità pubblica accanto a un rinnovato rilancio della sanità privata e tra questa quella cooperativa: siamo disponibili a partecipare alla nuova fase di coprogettazione pubblico-privato. Guai a non valorizzare la sanità pubblica a partire dal Sistema sanitario nazionale che copre tutti: occorre anzi investire molto di più, a partire dai medici di base fino ai grandi centri specializzati pubblici. Ma guai anche a smantellare la struttura del servizio privato convenzionato e accreditato. La cooperazione sociale, a partire dalle Rsa e nelle sue attività di servizio alle persone deboli e fragili, sta svolgendo un ruolo di tenuta competente e umana di grandissimo valore. Meritano pari elogio gli operatori delle cooperative di ristorazione e quelle delle pulizie e igianizzazazione, della  distribuzione Coop e Conad, chi lavora nell’agro-alimentare e nella logistica: non si sono mai fermati anche quando non si trovavano mascherine e altri dispositivi. Queste socie e questi soci vanno ringraziati molto e al pari, ribadisco, al pari di chi lavora nelle strutture pubbliche. Come Alleanza delle Cooperative Italiane abbiamo proposto al Governo un documento molto dettagliato su quali siano secondo noi le necessità del Paese e la necessità di avviare un grande piano per sostenere uno sviluppo solidale e sostenibile. Abbiamo anche inviato alla commissione Ue e a tutti i parlamentari europei una nota chiedendo di dare vita ad una Europa che esca dagli egoismi dei singoli Stati. C’è veramente bisogno di una Europa solidale e dei popoli».
Per Legacoop nella «fase 2» come e chi deve ripartire?
«Noi siamo pronti a ripartire in tutti i rami delle nostre attività attualmente sospesi. Ovunque sono stati predisposti piani per lavorare nella massima sicurezza. Questo comporta una diversa organizzazione del lavoro e l’utilizzo di dispositivi di protezione, una riorganizzazione degli spazi e delle modalità di lavoro. Saranno necessari investimenti e stiamo valutando quali possano essere le fonti da privilegiare per assicurare risorse alle imprese. Alle nostre cooperative abbiamo chiesto di verificare e, se necessario, rivedere i loro piani di sviluppo tenendo conto delle novità indotte dalla diffusione di questo virus».
E’ l’occasione in cui lo Stato saldi, una volta per tutte, gli enormi debiti che ha con le imprese private (anche cooperative)?
«I tempi di pagamento spesso variano a seconda delle amministrazioni che sono chiamate a onorarli. Chi non lo fa, oggi ha un motivo in più per farlo: sostenere imprese che rischiano per mancanza di liquidità».
La Regione Emilia-Romagna ha coinvolto le parti sociali in un confronto continuo fin dall’inizio. Siete soddisfatti del metodo?

«Il Patto per il Lavoro ci ha consentito di affrontare tutti assieme, istituzioni e parti sociali, la crisi nata nel 2008. Abbiamo raggiunto obiettivi importanti, la disoccupazione era quasi tornata ai livelli pre-crisi e l’economia emiliano-romagnola era diventata la più competitiva a livello nazionale. Ora siamo di fronte a una nuova sfida che va affrontata tutti insieme, è il solo modo per superare la nottata e in tal senso esprimiamo un giudizio sicuramente positivo sul funzionamento del Tavolo in questi giorni drammatici».
Nel merito gli interventi regionali sono centrati? Condividete o no le richieste di Bonaccini al governo centrale per la «fase 2»?
«Le proposte del presidente Bonaccini, con le quali concordiamo, sono il frutto di un confronto con le parti sociali, imprese e sindacati. Nella massima sicurezza, ripeto, nella massima sicurezza, vanno riavviate al più presto le attività economiche e deve riprendere la vita sociale e culturale. Si può fare, in modo diverso da prima, ma è possibile farlo».
Infine, questa drammatica e lunga emergenza prima sanitaria poi economica, porterà a nuovi modelli economici? Si parla sempre più spesso di «capitalismo solidale». La cooperazione può esserne un’interprete principale?
«La cooperazione è, per costituzione e per le regole che si è data, una impresa solidale, altrimenti non è cooperazione. Il tema di un nuovo modo di produrre, di vivere, di abitare, di relazionarsi all’ambiente e alle risorse naturali era già all’ordine del giorno prima di questa crisi. Ora lo è ancora di più. Molte imprese, anche quelle di capitali, e addirittura grandi conglomerati finanziari, avevano compreso già da qualche tempo che senza un deciso cambio di rotta non ci sarebbe stato un futuro. Questa consapevolezza sembra essersi consolidata, ma non è detto che si affermi. È facile tornare alle routine del passato, non migliorarsi. Chi ha a cuore un diverso modello di società dovrà impegnarsi a fondo perché questo non avvenga. Vanno in questa direzione sia il documento di Alleanza delle Cooperative Italiane «Ricostruire l’Italia cooperando», e il lavoro di riposizionamento strategico della cooperazione emiliano-romagnola che stiamo facendo assieme a consulenti di grande valore come, ad esempio, Prometeia».
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