Paolo Di Paolo presenta il suo nuovo libro alla rassegna "Cervia, la spiaggia ama il libro"

Cervia | 21 Luglio 2017 Cultura
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Continuano gli incontri con gli scrittori per la rassegna organizzata da Ascom «Cervia la spiaggia ama il libro»: venerdì 21 alle ore 21.30 in viale Ravenna a Milano Marittima Paolo Di Paolo presenterà il suo ultimo libro Una storia quasi solo d’amore (Feltrinelli.). Di Paolo è uno dei talenti della nuova generazione  che a 34 anni ha già collezionato diversi premi, tra cui il Mondello, il Salerno Libro d’Europa, il Fiesole Narrativa, oltre ad essere stato finalista nel 2013 allo Strega.  Oltre a scrivere romanzi, scrive per diversi giornali e si occupa di saggistica.
Nato sotto dei buoni mentori come Indro Montanelli e Dacia Maraini, Di Paolo narra in questo libro la storia d’amore tra Teresa e Nino, raccontata dalla voce fuori campo della zia di Teresa, Grazia. Una storia che presenta le tormentate, verosimili, normali schermaglie amorose dei due protagonisti che si intrecciano alla cronaca .
Di Paolo, perché è una storia «quasi solo» d’amore?
«Proprio perché volevo andare controcorrente. L’amore è centrale nella vita di chiunque, ma visto che sono in tantissimi che ne hanno scritto volevo raccontarlo da un punto di vista che non fosse puramente sentimentale. Era il titolo che gli avevo dato all’inizio, quando era in bozza. Una sorta di monito, di promemoria per me».
Cosa pensa dell’amore oggi?
«Non so bene cosa pensare, quel tipo di sentimento, da un punto di vista crudamente chimico, esiste dalla nascita dell’uomo. Tutto ciò che circonda l’uomo, le sue tensioni, la storia, condiziona la purezza di quel sentimento. Lo spunto era proprio quello di mettere in circolo quel sentimento nel tempo presente, misurandolo nel clima di adesso. Infatti è ambientato nel 2013, dentro questo tempo, dentro la città in cui vivo. Ma per renderlo ‘diverso’ dovevo complicare la vita di questi due personaggi, facendo innamorare un 20enne di una 30enne che misurano le differenze, le distanze che ci sono tra di loro».
Roma, rispetto ad altri suoi romanzi, è defilata. Un allontanamento?
«Roma è una città di cui tutti hanno un’idea loro. L’idea di una citta in affanno, obiettivamente in affanno, caotica, vittima, ostaggio del rumore che sente mentre parlo. Citta della grande bellezza o della grande bruttezza? Città di Sorrentino o della sindaca Raggi? Roma è tutte queste cose. Come l’amore l’ho presa frontalmente perché il rischio di fare un fondale iper-prevedibile era altissimo. Ho cercato di non darne l’assetto monumentale, compare – per ovvi motivi - solo San Pietro. Tutto il resto lo racconto fuori dal circuito del turismo, racconto ciò che mi appassiona sempre negli altri scrittori. Se vado in un nuovo luogo prendo tutti gli scrittori che ne hanno scritto e se riescono a restituirmi una nuova visione per me è già tanto».
In questo romanzo il teatro, la teatralità degli uomini compaiono in maniera prepotente. Come mai?
«Il teatro è il vero tema del libro, più che tutto il resto. La relazione teatrale che c’è tra la protagonista e gli allievi, tra il protagonista e Grazia, ma la riflessione è sul tema dell’autenticità, riferito alle parole di Pirandello, al gioco delle parti. Tutti facciamo teatro dentro il teatro, interpretiamo dei personaggi. Siamo attori della vita, ‘siamo tutti lo spettacolo per qualcun altro’ dice uno dei personaggi».
Come è nata la figura di Grazia, che è la voce del romanzo?
«L’ho scelta per liberarmi del rischio di fare un classico romanzo d’amore. E’ difficile fare una storia d’amore originale, nessuna ha un suo specifico se non nel taglio. Difficile fare qualcosa di meglio di Romeo e Giulietta: quello che fa la differenza è lo stile. Una delle cose che colpisce i lettori è proprio la scelta di Grazia. Io stesso ho avuto difficoltà a capire come dovevo tagliarla questa storia, per questo ho scelto una persona molto diversa da me, non una terza persona neutra, ma una donna, di una certa età».
Al centro del romanzo c’è anche un discorso sulla fede, un argomento desueto al giorno di oggi.
«È questo l’elemento che si aggiunge a quel tentativo di farla diversa dalle altre storie. Mi serviva un reagente tra loro due, un elemento in più, un elemento inattuale nell’occidente di oggi. Mi serviva a vedere cosa succedeva tra i due innamorati: la fede, la spiritualità di lei è il problema e lui se ne ritrae. Svelava quanto lui fosse disposto a investire su di lei, e lui si innamora anche se non sa cos’è la fede. Ma una storia d’amore non funziona, all’inizio, come un atto di fede? Si capisce dopo naturalmente. Lei doveva avere un tratto che spiazzasse lui e lo mettesse alla prova. Poteva esser un passato burrascoso, una fede politica. La diffeernza dalle altre storie d’amore era scoprire quest’aspetto di lei, al di là dell’attrazione sessuale. La efede in una donna non conformista, non bigotta, giovane».
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