Lugo, Jacopo Ronchi (rappresentante Liceo): «Le persone hanno imparato a valorizzare le cose importanti»

Bassa Romagna | 01 Gennaio 2021 Cronaca
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«Mi sono mancati gli abbracci e le strette di mano, che prima erano gesti affettivi: oggi sono diventati tra i principali vettori di contagio. Questo ci fa capire come il Covid abbia avuto un impatto non solo sanitario, ma anche sociale  culturale». Ha le idee chiare Jacopo Ronchi, diciottenne che frequenta la classe V indirizzo Classico del Liceo di Lugo, i cui è anche rappresentante di istituto.
«Mi son trovato a guardare foto e video con immagini di persone ammassate: mi è venuto spontaneo chiedermi perché non portassero la mascherina o non mantenessero le distanze. Questi vincoli hanno giustamente stravolto la nostra società e sono curioso, e a tratti timoroso, di capire come ci comporteremo quando non sarà più obbligatorio attenersi a queste regole».
Qual è stato, secondo lei, il momento più difficile di questo 2020?
«Quando, negli ultimi giorni di febbraio, è stato ufficializzato il lockdown. All’inizio provavo paura mista ad una inconscia curiosità verso qualcosa di nuovo. Lo stare isolati è, per me, qualcosa di estraneo: sono un ragazzo a cui piace prendere diversi impegni oltre alla scuola. Amo incontrare gente e stare tra amici. Ero, dicevo, un po’ spaventato: poi è necessario trovare i giusti stimoli che spingono a non abbandonarsi». 
E’ stato più difficile fare i conti col primo o col secondo lockdown?
«Il primo è stato un duro colpo. Ma la situazione di emergenza e necessità  ci ha portato ad accettarlo. Non ho gli strumenti per affermarlo e mi chiedo se fosse possibile evitare il secondo lockdown, magari facendo più attenzione in estate. Forse, per questo motivo, è più difficile da accettare».
Come valuta l’esperienza maturata con la didattica a distanza?  
«La Didattica a distanza sta facendo comprendere anche ai giovani l’importanza della scuola, in particolare della scuola in presenza: sta eliminando i residui di dubbi rimasti sul modello di apprendimento umano che deve comprendere sia i professori sia la classe. Ovviamente, a prima vista, la Dad poteva apparire molto vantaggiosa agli occhi dei ragazzi, ma sono convinto che stessi gli studenti abbiano capito che non possa essere  uno strumento da utilizzare a lungo termine».          Riusciremo a trarre qualche insegnamento da questi mesi difficili?
«Non mi trovo d’accordo con chi afferma che il mondo, al termine della pandemia, sarà lo stesso di prima. Penso che le persone abbiano imparato a dare valore alle cose fondamentali, dopo averci dovuto rinunciare per lunghi periodi di tempo negli ultimi mesi: oltre alla scuola, dagli affetti alle piccole cose. Ora l’umanità è di fronte a un bivio. O sceglier di tornare ad essere quella di prima: allora avranno ragione gli scettici. Oppure puntare sulle cose che abbiamo riscoperto essere le più importanti». 
Cosa si augura per il 2021?
«Non sono certamente l’unico che, in questo 2020, non è riuscito a realizzare alcuni progetti. Il periodo è stato, per tutti, complicato. Il mio augurio è che si possa tornare al più presto ad una pseudo-normalità che permetta a tutti una maggiore libertà di azione e metta tutti in condizione di realizzare i propri sogni, che sono quello che ci tiene vivi, ci porta a migliorare e ci fa svegliare la mattina con qualcosa in più rispetto al giorno prima». (s.sta.)
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