Lucrezia Lante della Rovere è al fianco di Haber in «Il padre» a Bagnacavallo
Elena Nencini
Tornano a recitare insieme Lucrezia Lante della Rovere e Alessandro Haber martedì 31 ottobre (ore 21) al Teatro Goldoni di Bagnacavallo ne Il padre, del drammaturgo svizzero di Florian Zeller, un testo che affronta con soavità, humour e ironia i problemi che nascono con un uomo ammalato del morbo di Alzheimer. La sua progressiva degenerazione getta nella costernazione i familiari, ma Zeller riesce a descrivere una situazione che, seppur tragica per la crescente mancanza di comunicazione causata dalla perdita di memoria, viene affrontata con leggerezza e con amara e pungente ironia.
a interpretare la figlia Lucrezia Lante della Rovere che passa dal teatro al cinema, alla televisione, una carriera cominciata da giovanissima quando Mario Monicelli la chiamò per Speriamo che sia femmina. E’ lei stessa a raccontarci un «gradito ritorno».
Haber è stato suo padre nel film di Pupi Avati del 1989 «Storie di ragazze e di ragazze». Come è cambiato il vostro rapporto?
«È stato il mio secondo film dopo quello con Monicelli. Avevo babbo Haber in un bellissimo film e adesso ci troviamo di nuovo in famiglia, in una nuova commedia molto commovente, molto intelligente, sensibile. All’epoca però Alessandro era impegnato con uno spettacolo a teatro e dopo le riprese spariva immediatamente».
Adesso invece?
«La compagnia con cui stiamo lavorando è composta da attori bravissimi ed il nostro regista è riuscito a trasformare la scrittura di Zeller in una sorta di quadri e di proiezioni. E’ riuscito ad entrare nella testa del malato e a raccontare lo sfasamento psicologico che prova dentro. La gente si ritrova ad assistere ad una specie di giallo, il tempo non è quello reale, ma quello che succede nella testa del malato. Essendo una malattia che si presta ad equivoci Haber dà il meglio di sé, diventa istrionico, estroverso. Chi gli sta attorno, Anna, sua figlia, racconta invece il dolore, la fatica di non essere capace di affrontare la malattia, la disperazione che di prova. Il mio personaggio dice “pensa un uomo autoritario che mi faceva così paura e adesso è ridotto così”».
Come è il personaggio di Anna?
«È il personaggio in cui si identifica il pubblico perché tutti abbiamo avuto una persona con una malattia. Rappresenta la fatica, l’impotenza, il dolore. Oltretutto il dolore per un padre è ancora più forte, perché non hai esperienza di questo: affronti la malattia e la morte di un padre per la prima e unica volta nella vita. La vita è tragica in questo, ma poi la parte più comica di questo spettacolo è proprio nelle mani del malato».
Come sarebbe nei panni di Anna nella vita di tuti i giorni?
«La cosa bella di questo personaggio è che è pieno di contraddizioni, come ci capita a tutti quanti noi quando affrontiamo la malattia di una persona a cui vogliamo bene. La mamma (Marina Ripa di Meana nda) combatte da dieci anni con la sua malattia, il tumore, ma ha un modo di reagire diverso, lei è molto forte, iperattiva. non sta ferma un attimo. Tu, nonostante il dolore, invece devi lavorare, andare avanti. Il punto è che di fronte agli imprevisti, alle malattie, ai lutti nessuno sa come reagiremmo».
Tra poche settimane andrà in onda la fiction «La strada di casa» con Alessio Boni, ed uscirà a breve anche un film di Carlo Verdone. Cosa le manca ?
«Sono molto contenta. Il nostro lavoro è cosi, ci sono momenti in cui si fa molto poco, e momenti in cui tutto va a gonfie vele. Mi sto godendo la mia tournée, anche perchè lo scorso anno nessuno credeva in questo spettacolo perché parlava di dolore. Adesso raccogliamo i frutti di quanto abbiamo investito».
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