Bassa Romagna, i medici vanno in pensione: «La situazione è critica»

Bassa Romagna | 27 Settembre 2020 Cronaca
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Dei 66 medici attivi nella Bassa Romagna, 53 potrebbero andare in pensione entro due anni. Ne resterebbero solo 13 in servizio. E i nuovi arrivi non compenseranno le partenze. Il tempo è poco e bisogna agire per evitare il default del sistema.

I medici di base, ricordiamolo, sono liberi professionisti che collaborano con l'Ausl in base di una convenzione ferma al 2005. Verranno pubblicati in ottobre sulla gazzetta ufficiale i due bandi regionali per il corso di formazione specifica in medicina generale 2020-2023. Si parla di 173 i posti complessivi. Ma servono, appunto, tre anni per arrivare alla fine della specializzazione.

Il tempo è poco e non basta limare i numeri. Bisogna rivedere tutto. Così, per trovare soluzioni innovative, nei prossimi giorni verrà ufficializzato il Tavolo tra Ausl ed enti locali per affrontare la situazione e cercare una soluzione per l'emergenza in Bassa Romagna. (s.sta.)

Mauro Marabini, direttore delle Cure primarie provincia Ravenna

«Serviranno due o tre anni per ritrovare un equilibrio»

La situazione è nota e i nodi stanno venendo al pettine. «Quella dei medici è una delle categorie con una età più avanzata al lavoro – spiega Mauro Marabini, direttore delle Cure primarie della provincia di Ravenna -. Questa situazione è frutto del boom dei laureati in medicina negli anni '70 e '80. E oggi vanno in pensione tutti assieme».

La legge prevede un limite massimo di 70 anni: raggiunta questa età il pensionamento è obbligatorio. La regola, invece, prevede la possibilità di chiudere la carriera al compimento del 68 anno di età, ma è possibile raggiungere lo stesso risultato con 62 anni di età e 35 di servizio. «Ora la gobba demografica ha raggiunto il suo apice, ma quest'anno va aggiunto l'impatto drammatico del Coronavirus- rileva Marabini -: i medici di famiglia, da sempre abituati al contatto diretto con gli assistiti, hanno incontrato molte difficoltà nel loro lavoro. A questo va associato il fatto che che si tratta di persone di una certa età: e il virus, lo sappiamo, ha toccato duramente soprattutto i più anziani: nel personale sanitario, purtroppo, sono state registrate molte perdite».

I medici intenzionati ad andare in pensione lo comunicano all'Ausl solo pochi giorni prima: un modo di fare che crea un certo scompiglio tra i pazienti. «Se dessero un ampio preavviso – continua Marabini -, finirebbero per perdere molti assistiti e, di conseguenza, perderebbero una parte consistente del proprio stipendio».

La situazione della Bassa Romagna è oramai piuttosto critica. «Nel distretto di Lugo avevamo, all'inizio dell'anno, 66 medici di base – sottolinea Marabini -. E se tutti coloro che hanno maturato i requisiti per andare in pensione ne avessero fatto richiesta, oggi avremmo in servizio 23 o 24 medici. Una situazione inconcepibile. Per questo stiamo mettendo in campo soluzioni mai adottate in passato. Nell'immediato, dovremo adottare provvedimenti straordinari e allo stesso tempo occorrerà sostenere lo sviluppo di infermieri e farmacisti».

All'Asl, tra bandi e formalità, occorre circa un anno per arrivare ad individuare il sostituto. E non tutti i medici sono disposti a prendere servizio ovunque: le frazioni sono, solitamente, le meno gettonate. «Per tornare a un certo equilibrio occorreranno almeno due o tre anni – commenta il dirigente -. Arriveranno medici giovanissimi, con meno di 30 anni di età, nati con internet e più propensi a collaborare tra loro. La medicina di base cambierà completamente perché cambieranno le persone che abbiamo di fronte». (s.manz. s.sta.)

LUCA PIOVACCARI, sindaco referente sanità Unione

«Non bastano le sostituzioni, meglio rivedere tutti i servizi»

«Se puntassimo solo a sostituire i medici che se ne vanno con altri medici, avremmo probabilmente perso in partenza – sottolinea Luca Piovaccari, sindaco referente per l'Unione -. Gli strumenti a nostra disposizione (comuni e Unione) sono pochi. Ma il problema esiste e va affrontato. I pazienti meritano un servizio più vicino ed efficiente. I medici di base, invece, devono essere sgravati di alcuni compiti».

Recenti studi hanno dimostrato che i medici di base prescrivono nel 40% di casi delle ricette ripetitive. Spesso si tratta di pazienti cronici che, salvo imprevisti, vanno trattati con gli stessi farmaci di sempre. «L'emergenza Covid ha portato ad un cambio di passo: nei casi in cui non sia necessaria una visita, ma sia sufficiente la semplice richiesta telefonica da parte del paziente, le ricette vengono spedite direttamente in farmacia». Più tempo a disposizione del medico, uno spostamento in meno per l'utente. «Da queste innovazioni non si torna più indietro – dice Piovaccari -. Pensiamo alle possibilità della telemedicina: per il controllo di alcuni parametri base, i pazienti dotati di semplici apparecchiature potranno inviare i dati al medico senza muoversi da casa. Pensiamo alle potenzialità del fascicolo elettronico e della cartella sanitaria elettronica: ora la digitalizzazione può portare a disparità, ma rappresenta un'opportunità».

Si parla spesso di Case della salute proprio in questi giorni in cui sono partiti i lavori di Lugo sud, nel quartiere Stuoie. A differenza di altre realtà più sviluppate, in città ogni medico ha il suo ambulatorio. «Il nostro compito è quello di mettere a disposizione dei medici delle strutture all'altezza: se alcuni dottori rifiutano l'incarico in frazioni più defilate, sono sicuramente più attirati a lavorare in Case della salute che funzionano. Qui l'assistito troverà un infermiere e lo sportello cup». Argomenti, questi, che incrociano anche il tema dei trasporti e dei collegamenti verso i servizi.

«E penso alle 'farmacie dei servizi': in queste strutture, distribuite capillarmente sul territorio, possono essere erogati alcune prestazioni più semplici: dal controllo di alcuni parametri al Farmacup alla distribuzione delle mascherine. Dove vi siano locali adatti, si potrebbe pianificare di ospitare qualche visita specialistica. Sono tutte combinazioni da costruire – chiude Piovaccari -: la visita dello specialista non può essere sostituita, ma altre prestazioni possono essere meglio distribuite». (s.sta.)

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