A Lugo la storia adottiva di Monica e Andrea: "Mai avuto un dubbio"

Bassa Romagna | 04 Dicembre 2019 Cronaca
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Barbara Gnisci
«Sin da quando ero piccola, ho sempre detto che avrei fatto un bambino e che ne avrei adottato un altro. La vita mi ha portato, invece, ad adottarne due». Subito dopo il matrimonio, Monica Gagliardi, di Lugo, scopre di avere un problema alle tube e, insieme a suo marito, decide di intraprendere una doppia strada: provare sia l’adozione che l’inseminazione artificiale. «A quei tempi – racconta Monica - la domanda per l’adozione era valida sia per l’Italia che per l’estero. Potevi muoverti per conto tuo e noi decidemmo di affidarci a un’associazione che trattava con il Sud America. Ricordo che lo stesso giorno in cui mi diedero l’appuntamento per fare l’inseminazione, ci chiamarono per dirci che in Colombia c’era una bambina ad attenderci. Mio marito e io non esitammo un attimo a partire».  È il marzo del 2000 quando Monica e Andrea si mettono in viaggio verso Bogotà: «Dopo due ore, ci avvisarono che saremmo tornati indietro a causa di un guasto all’aereo. Atterrati a Parigi presi uno steward per il cravattino e gli dissi che noi dovevamo assolutamente andare in Colombia. Ci arrivammo tre ore più tardi del previsto con un altro volo». Dopo un periodo di pernottamento in un albergo, un pomeriggio vedono nella hall una donna con una bimba piccola: «Mi diedero in braccio una bambina di 15 mesi che vidi arrivare con un musino lungo che conservò per qualche giorno. Quando provai a metterla giù, lei scoppiò a piangere. Da quel momento, per tutti i 25 giorni in cui rimanemmo lì, mi stette sempre in braccio. Non mi lasciava nemmeno quando dovevo andare in bagno». I giorni procedono e la bambina, chiamata Laura, comincia a prendere confidenza.: «Ricordo che la mattina dopo scendemmo a fare colazione e a lei demmo il biberon con il latte artificiale che ci avevano consigliato ma lo tirò via, attaccandosi alle nostre fette biscottate. A pranzo accadde la stessa cosa: invece di mangiare la sua pappina, afferrò la mia braciola con una mano e la prese a morsi».
Anche il rientro a Lugo scorre sereno: «Appena entrati in casa, Laura sembrava la padrona, come se avesse sempre vissuto lì. Quando vide mia madre le saltò al collo. Conquistò tutti in un secondo». Laura cresce tranquilla e con un carattere deciso: «Qualche difficoltà l’abbiamo incontrata alle scuole medie, perché Laura non aveva molta voglia di studiare. Inoltre, soprattutto i primi anni, ebbe un rapporto particolare con il cibo: se aveva un biscotto in mano, ne doveva prendere anche un altro. Ha sempre avuto un atteggiamento quasi famelico con le cose. Anche con gli affetti. Come se non ce ne fosse mai abbastanza. Forse per la paura di rimanere sola».
E sola Laura non rimane. Quando ha quattro anni, infatti, arriva Giacomo, di appena tre mesi: «Eravamo in vacanza in Sardegna e ci chiamò il Tribunale dei Minori di Bologna per un colloquio. Avevamo deciso, infatti, di diventare nuovamente genitori. Ci chiesero se eravamo disposti ad adottare un bambino di colore e nato prematuro. Anche questa volta Andrea e io non avemmo dubbi. Penso che quando ti chiamano così, quel figlio è il tuo».  In casa arriva Giacomo, che è nato alla 26esima settimana di gravidanza da una mamma ghanese e pesa nemmeno due chili: «I primi tempi sono stati difficili. Lui andava nutrito ogni tre ore ma la metà del tempo tra una poppata e l’altra, lo passava a vomitare. I primi 5/6 mesi ha catalizzato tutta la nostra attenzione, con consequenziale gelosia della sorella. Un giorno Laura raccontò a Giacomo che lui non era uscito dalla mia pancia e che doveva capirlo da sé visto la differenza di colore della pelle. Allora lui venne a farmi vedere il palmo della mano dicendomi: “È bianco!”. Poi, per diverso tempo, quando incontrava una signora di colore per strada, mi chiedeva se quella fosse la sua mamma. I bambini crescono insieme amandosi e litigando come qualsiasi coppia di fratelli”.
Ora Giacomo ha 17 anni e frequenta la quarta ragioneria. Laura ne ha 21 e ha trovato la sua strada lavorando come estetista: «Negli anni lei ci ha chiesto varie volte delle sue origini ed era convinta che un giorno sarebbe andata a cercarle. Ma appena compiuto 18 anni, non ne ha più parlato. Giacomo, invece, non ha mai chiesto nulla. Siamo una famiglia felice, di tanti colori. Io sono mora, mio marito è biondo. Giacomo è il più scuro di tutti. Quando entra in un negozio, alcune commesse lo guardano male, poi arrivo io e si rilassano. Nonostante questo, conserva sempre il suo sorriso».
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