Paolo Roversi presenta sabato 21 «Solo il tempo di morire» alle Cantine di Palazzo Rava

Ravenna | 20 Novembre 2015 Cultura
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Elena Nencini
Storie di mala, ma anche storie di Italia, perché a fare da sfondo alla rivalità  di tre famosi banditi per il controllo di Milano ci sono la strage di piazza Fontana, l'omicidio Calabresi, la morte dell'editore Feltrinelli, la strage dell'Italicus: il romanzo di Paolo Roversi Solo il tempo di morire (finalista al Premio Bancarella 2015) narra gli anni in cui Milano da nera di stragi di terrorismo e buia per l’austerity stava per trasformarsi in quella da bere e delle prime tv commerciali. Roversi presenterà il suo romanzo a CONtempoRAnea, la rassegna di incontri con gli scrittori, organizzata dal settimanale SettesereQui, alle cantine di Palazzo Rava: sabato 21 novembre, ore 21.
Scrittore di gialli, ma non solo, sceneggiatore di fiction come Distretto di polizia, Roversi ha scritto nel 2011 Milano Criminale (Rizzoli), in cui raccontava la ligèra degli anni '60, ma ha scritto anche 4 libri noir che hanno per protagonista il giornalista hacker Enrico Radeschi, oltre alla prima biografia italiana su Charles Bukowski.
Come mai ha mascherato con un altro nome i protagonisti del suo romanzo?
«Faccia D’Angelo, il bandito dagli occhi di ghiaccio e il Catanese si muovono in una Milano fatta di gioco d’azzardo, di droga, di bordelli di lusso, di rapine e rapimenti. Mi sono ispirato a Francis Turatello, Renato Vallanzasca ed Angelo Epaminonda. Ne è venuta fuori una storia ispirata a fatti reali dove ho cambiato i nomi dei protagonisti per poter essere libero di far agire e parlare tutti i personaggi come preferivo, perché ogni dettaglio dell’incastro narrativo funzionasse alla perfezione».
Che tipo di scrittore è?
«Sono metodico ma vado anche a ispirazione. All'inizio buttavo giù subito tutto, nella foga: nel primo libro che aveva Radeschi come protagonista ho scritto tutto di getto e poi mi sono ritrovato che c'erano due o tre cose che non tornavano e ho dovuto rimetterci le mani. Adesso parto con una scaletta molto articolata. A quel punto so dove voglio andare a parare e  vado avanti senza fermarmi. Sbagliando si impara».
Cosa ha sul comodino?
«Sono un vero nerd, sono pieno di cose elettroniche: kindle, tablet, sveglia e radio digitale, ma naturalmente anche libri. Mi occupo ancora di informatica come lavoro, anche se part time: è un alter ego che mi assomigliava, ci siamo evoluti entrambi. Il libro mi piace ma il kindle è leggero, comodo, anche quando vai in vacanza. L'importante è che si legga».
 
 
passione coltivata per anni, ho avuto fortuna di incontrare fernanda Pivano, è stato uno dei miei libri, piacevole chiacchierata. Taccuino di una sbronza, un ragazzo che si crede Bukowski.
Tra le sue passioni letterarie lei passa da Bukowski a Scerbanenco ad Agatha Christie. Come mai?
«Da ogni scrittore devi prender il meglio. Dalla Christie o da Scerbanenco prendo le ambientazioni, come riescono a costruire il mistero, mentre da Bukowski mi ispiro allo stile. Secondo la Pivano Bukowski era meglio di Hemingway, il problema era ciò di cui scriveva. Il suo stile è fatto di frasi veloci, descrizioni immediate, poche virgole».
Cosa ha segnato la fine di una certa epoca criminale a Milano ?
«Gli anni '80 sono stati segnati dalla chiusura delle bische: i milanesi preferivano stare a casa a guardare la tv commerciale. Sono diventate di moda le discoteche e poi è arrivata la Milano da bere . Tra anni '70 e 80 a Milano c'è un abisso. Si passa da un criminale come Lutring (noto come 'il solista del mitra' nda) negli anni '60, una malavita all'acqua di rose, alla banda Cavallaro. Dopo piazza Fontana, nel 1969, tutti diventano più cattivi».
Ha conosciuto qualcuno dei criminali descritti nei suoi libri?
«Lutring lo conoscevo bene, così come i due reduci della banda di via Osoppo (la rapina del 1958 con un bottino di 600 milioni di lire nda): Ugo Ciappina e Alberto Gesmundo. Anzi potrei dir che proprio grazie a loro ho cominciato a scrivere i miei libri sulla Milano criminale: C'era una rassegna a Milano Mala..ricordi in cui si raccontavano storie della ligera e lì li ho conosciuti. Come tutto il pubblico restai affascinato dai loro racconti e decisi di buttarmi in un lavoro lungo 6 anni, fatto di ricerche, articoli di giornale e tanta documentazione».
A quando il prossimo libro?
«Nel 2016 compie dieci anni il personaggio di Radeschi, che mi ha portato fortuna. Quindi torno a lui e d uscirà il prossimo anno».
 
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