Mic, il bilancio di Rivola: "Undici anni al Museo, conti in ordine e nuovo rapporto con la città"

Faenza | 07 Novembre 2015 Cronaca
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«Nessuna polemica, è stata una soluzione condivisa, non ci hanno fatto dimettere… Io ho prestato un servizio gratuito alla città, con risultati sotto gli occhi di tutti». Pier Antonio Rivola lascerà dopo 11 anni la guida della Fondazione Mic ad inizio 2016, dopo l’approvazione del bilancio 2015. Schietto come al solito, ripercorre in questa intervista il lungo periodo trascorso al Museo. Presidente Rivola, nessuna polemica? Le mancava solo un anno alla fine del secondo mandato… Ride…«Alla mia età nessuna polemica, sentiamo tutti la necessità di internazionalizzare il nostro Museo. Nella volontà di Ballardini c’era già questo indirizzo. Io ho prestato un servizio, quindi oggi abbiamo la fortuna di avere una persona (Emiliani, ndr) che vanta contatti internazionali veri, speriamo che questo sia sufficiente per portare introiti reali dall’estero. Con molta onestà ammetto che questo io non sono stato in grado di farlo, quindi sono contento che si sia trovata una soluzione del genere». In questi anni i conti sempre come primo pensiero… «In questi 11 anni, da fine 2005 ad oggi, il museo è cambiato molto, senza spendere una lira di risorse pubbliche. Dal parco all’illuminazione, alla videosorveglianza, tutto è stato pagato da privati, comprese le opere artistiche esterne. Il bilancio quando l’ho preso era meno 95mila euro e il magazzino messo male, il deficit reale era di 145mila euro. Ho trovato all’epoca (2006), con Claudio Casadio sindaco molta attenzione, mise 1 milione 800mila euro per il Mic. Quando arrivai c’erano 18 dipendenti comunali, 2 dipendenti della Fondazione, più 12 collaboratori esterni. Oggi alla Fondazione sono in 8, i comunali sono 10 e mezzo, 2 dipendenti li mette la Scuola ‘Tommaso Minardi’. L’ultimo bilancio che chiuderò avrà ancora un piccolo disavanzo. In questi dieci anni sono venuti a mancare anche i 260mila euro della Provincia e i 40mila regionali. Dal 2002 al 2005 le spese correnti segnavano +92%, mentre dal 2006 ad oggi -43%. Gli investimenti erano 807mila euro, oggi sono 1milione e 700mila euro, quindi un aumento significativo del patrimonio del Museo (e quindi del Comune, ndr)». Rimpianti ne ha? «L’unico vero cruccio che ho è quello di non aver potuto spendere risorse per invitare i direttori dei più grandi musei del mondo a Faenza per un grande evento. Questo avrebbe potuto portare qualche risorsa estera in più. Invece questi soldi qui li abbiamo investiti nel trasferimento della biblioteca interna, che vanta ben 66mila volumi. La struttura deve essere ristrutturata, per un costo di circa 200mila euro, così sarà agibile senza problemi per tutti». Ringraziamenti invece? «A tutto il personale del Museo, a partire dalla direzione, che in questi anni ci ha messo competenza, passione e generosità, con impegni spesso svolti anche fuori dall’orario di lavoro». Il rapporto con la città è cambiato? Il Mic era visto come uno spreco di risorse pubbliche, oggi è ancora così? «Il rapporto è cambiato radicalmente, facciamo di tutto e di più. E’ stato giusto perseguire questo percorso. Nel 2006 e negli anni successivi c’era una diffidenza verso questo Museo. Abbiamo cercato di aprirlo al tessuto sociale, con tanti eventi. Le critiche, piovute anche dai giornali, sono servite». Sfilate, matrimoni, feste. L’impressione è che si sia un po’ esagerato o no? «Non direi, il Museo può essere vissuto in diverse accezioni, anche come location per eventi non strettamente legati alla ceramica». La soddisfazione che le rimarrà? «Il riconoscimento dell’Unesco è stato importante. Le firme ce le siamo raccolte. Era dal 2006 che ci puntavo, poi finalmente nel 2011 il passaggio giusto. Poi lasciare i conti in ordine, chi verrà per almeno tre anni non dovrebbe avere problemi, anzi…». (Manuel Poletti)
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