Cedir di Castel Bolognese, 65 lavoratori in mobilità da fine maggio e cerca nuovi soci

Faenza | 27 Marzo 2015 Economia
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La situazione alla Cedir di Castel Bolognese è giunta ad un punto di svolta negativo dopo aver utilizzato tutti gli ammortizzatori sociali possibili praticamente senza interruzioni: un anno di cassa integrazione ordinaria, 4 anni di contratti di solidarietà e 5 mesi di cassa in deroga. L’azienda ha infatti dichiarato la volontà di procedere a 65 mobilità su 128 dipendenti in organico e continua a cercare nuovi partner o un acquirente. Mercoledì 23 marzo è stato firmato coi sindacati l’accordo per chiedere altri due mesi di cassa integrazione in deroga per aprile e maggio esaurendo così tutte le possibilità. Sempre nella stessa giornata in un incontro con le parti sociali, il sindaco Daniele Meluzzi si è impegnato a fare tutto il possibile per agevolare una soluzione positiva a questa crisi che dura da ormai troppi anni. «La situazione è sicuramente di enorme difficoltà e ci rendiamo conto che allo stato attuale non c’è il lavoro per 128 persone, ma non ci convincono i numeri dei licenziamenti - commenta Samuela Meci della Filctem Cgil -. Ai primi di agosto ricomincia il conteggio degli ammortizzatori sociali del quinquennio, ma purtroppo non arriviamo in tempo».
Il fatturato dell’impresa si è notevolmente ridotto rispetto al passato, con un giro d’affari che viaggia intorno ai 14 milioni di euro. I lavoratori, che prima dell’inizio della crisi erano 265, sono più che dimezzati tra turnover bloccato, fuoriuscite e mobilità volontarie. «La dirigenza finora ha fatto il possibile per non licenziare nessuno, però paghiamo scelte imprenditoriali non lungimiranti - continua Meci -. In questo settore sono rimaste in piedi le imprese che hanno fatto investimenti importanti e scelte, anche pesanti, molto prima. Sulla Cedir pesano anche distributori importanti che sono falliti e l’enorme crisi del comparto nonostante la percentuale importante di esportazioni».
Un’altra preoccupazione non secondaria «è l’assenza di un piano industriale - conclude la sindacalista - senza il quale anche per le persone che rimarrano il futuro è incerto». (c.f.)
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