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Processo amianto all'ex Anic, le testimonianze: "Eravamo 51, ora siamo in 32"

Ravenna | 12 Dicembre 2014 Cronaca
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Per ventotto anni Sauro Staffa, che tutti conoscono con il nome di Carlo, ha lavorato all'Anic. A volte, nei momenti di pausa, per una manciata di minuti dopo aver pranzato, arrotolava la coperta di amianto, quelle grandi date in dotazione agli operai,  e la usava per sedercisi sopra, come si fa con i pouf. «Ho lavorato all'interno dello stabilimento dall'aprile del '59 al '90 – racconta –. Sono entrato  in qualità di manutentore, poi ho operato al centro ricerche e sviluppo e sono stato anche collaudatore. Sapevo come mi sarei dovuto comportare solo per il trattamento di determinate sostanze, come il cloro e l'ammoniaca.  Se avessi saputo che l'amianto era pericoloso avrei preso provvedimenti, così come ho fatto con i gas tossici». Impegnato ad eseguire lavori di coibentazione e scoibentazione, per lunghi anni Carlo ha utilizzato flessibile e fiamma ossidrica producendo montagne di fumo. «Alla fine del lavoro sembravo un mugnaio - ricorda -: allora, prima di fermarmi in mensa, andavo alla linea di area compressa per scrollarmi di dosso la polvere». Una polvere che, col tempo, aveva scavato i polmoni suoi e dei colleghi. Da 51 che erano, oggi sono rimasti 32. «Mai nessuno mi disse che l'amianto fosse un killer  così pericoloso - denuncia l'ex operaio -. Per diversi anni non me ne accorsi, poi un giorno, era il 2003, mentre stavo steso a letto mia moglie mi disse che stavo 'fischiando'. Successivamente andai dal pneumologo e l'Inail mi diede nove punti di invalidità. Ho placche calcificate all'interno dei polmoni: se stanno lì me ne andrò il giorno in cui me ne dovrò andare, diversamente...». Mentre racconta, Carlo però non perde il sorriso e descrive le sue passioni: la bicicletta e la fisarmonica. «Ho partecipato alla Nove colli e mi sono comprato una fisarmonica. A volte, però, mi prende la tosse, mi trovo a disagio e vado in affanno. Come quella volta che ero in attesa di esibirmi ad un saggio, insieme ai bambini. Avevo paura di non riuscire a suonare e di iniziare a tossire: è un brutto sentire, soprattutto per le persone che ti stanno vicino». (Federica Ferruzzi)
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