Scavi al Porto, l'ora degli espropri, coinvolte anche Cmc e Sapir
Porto, scatta l’ora degli espropri. Mercoledì 16 è stato presentato in commissione consiliare il «progettone» da parte dell’Autorità portuale, in un clima piuttosto animato.
La definizione delle aree di stoccaggio dei fanghi infatti porterà ad una serie di espropri che toccheranno sia aziende (in tutto 14), sia persone fisiche (in tutto 29).
L’area complessiva espropriata sarà di 2 milioni 242 mila mq, l’inizio delle procedure è prevista entro l’estate per i primi contatti (in molti casi già avvenuti), a seguire ci sarà invece la pubblicazione.
Sono invece ben 3 milioni 300 mila mc i materiali esistenti da rimuovere dalle colmate, mentre ammontano a 2 milioni 600 mila mc i materiali da dragare e conferire a terra, sarà invece 1 milione 700 mila mc il materiale da riposizionare dopo il dragaggio; infine saranno 2 milioni di mc i materiali da dragare e conferire a mare.
Si tratta comunque di un grande progetto di risanamento ambientale, che comprende in primis lo svuotamento delle casse di colmata, che sono rifiuti (da fare in ogni caso). «Utilizzeremo tutti gli strumenti necessari per portare a termine il progetto, su questo non ho dubbi, parliamo del futuro del porto di Ravenna - aveva sottolineato nell’ultima intervista a Setteserequi di fine giugno 2014 il presidente dell’Autorità portuale Galliano Di Marco -. Rischi di fallimento? Oggettivamente non ne vedo, anche il ministro Lupi, nella sua visita a Ravenna ad inizio maggio, mi ha confermato che il nostro progetto è l’unico piano di Hub portuale inserito nella legge obiettivo. Sono 200 milioni pubblici che si possono appaltare, più altri 200 milioni di progetti privati, come ad esempio il Terminal container, che potranno partire».
Infine il capitolo del Cipe, dove non bisognerà far decadere lo stanziamento dei 60 milioni per l’approfondimento dei fondali. «I tempi? Entro metà 2015 per fare il bando, i tempi adesso ci sono ancora tutti, ma non possiamo perdere tempo. L’ordinanza della Capitaneria è un ulteriore campanello d’allarme ‘sulla salute’ del nostro porto. O si interviene o si rischia sul serio di morire» chiude Di Marco. (m.p.)